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Yoga Roma Parioli Pony Express Raccomandate Roma

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Yoga Roma Parioli Pony Express Raccomandate Roma

IL
RINALDO
DI TORQUATO TASSO

CANTO PRIMO



1.
Canto i felici affanni e i primi ardori
che giovanetto ancor soffrì Rinaldo
e come 'l trasse in perigliosi errori
desir di gloria ed amoroso caldo
allor chevinti dal gran Carloi Mori
mostraro il cor più che le forze saldo;
e TroianoAgolante e 'l fiero Almonte
restar pugnando uccisi in Aspramonte.

2.
Musache 'n rozzo stil meco sovente
umil cantasti le mie fiamme accese
sì chestando le selve al suono intente
Eco a ridir l'amato nome apprese
or ch'ad opra maggior movo la mente
ed audace m'accingo ad alte imprese
ver' me cotanto il tuo favor s'accresca
ch'al raddoppiato peso egual riesca.

3.
Forse un giorno ardirai de' chiari fregi
del gran Luigi Estense ornar mie carte
ondemercé del suo valorsi pregi
e viva il nostro nome in ogni parte;
non perch'io stimi ch'a' suoi fatti egregi
possa dar luce umano ingegno od arte:
ch'egli è tal ch'altrui dona e gloria e vita
e vola al ciel senza terrena aita.

4.
E voisacro signorch'adorno avete
d'ostro la chioma e di virtude il core
e sì lucidi raggi omai spargete
che se n'oscura ogni più chiaro onore;
quando ai gravi pensier la via chiudete
prestate al mio cantar grato favore
ch'ivi vedrete al mense non espresso
adombrato in altrui forse voi stesso.

5.
Ma quandoil crin di tre corone cinto
v'avrem l'empia eresia domar già visto
e spingerpria da santo amor sospinto
contra l'Egitto i principi di Cristo
onde il fiero Ottomano oppresso e vinto
vi ceda a forza il suo mal fatto acquisto
cangiar la lira in tromba e 'n maggior carme
dir tentarò le vostre imprese e l'arme.

6.
Già Carlo Magno in più battaglie avea
dómo e represso l'impeto affricano
e per opra d'Orlando omai giacea
estinto Almonte e 'l suo fratel Troiano;
pur in sì rio destin si difendea
ne' forti luoghi ancor lo stuol pagano:
che molti in riva al marmolti fra terra
pria n'occupò nel cominciar la guerra.

7.
Ma Carloil pian ridotto in suo potere
e l'uno e l'altro mare a quel vicino
stringea più sempre con l'armate schiere
da varie parti il campo saracino
ch'avendo gran cagion del suo temere
paventava il furor d'empio destino;
pur con audace e generoso core
era a' nemici suoi d'alto terrore.

8.
E ciascun giorno sempre alcun di loro
fuor da le mura e da' ripari usciva
per provar s'al francese il valor moro
pari al men ne' duelli riusciva;
maquando il sol celava i bei crin d'oro
e sotto l'ali il ciel notte copriva
tutti assalìano insieme il nostro campo
per tentar con lor gloria alcuno scampo.

9.
Ma sempre il primo onoreil primo vanto
in generale e in singolar battaglia
rapporta Orlando il giovanettoe in tanto
gli antichi eroi d'alte prodezze aguaglia.
Guerriero alcun non è feroce tanto
né piastra fatta per incanto o maglia
ch'al suo valor resista; e Marte istesso
avria forse la palma a lui concesso.

10.
O quante volte e quante ei fece solo
a mille cavalier volger le piante
e quante ancor rendette il terren suolo
del mauro sangue caldo e rosseggiante;
quante volte colmò d'estremo duolo
i miseri seguaci d'Agolante
ch'alzar gli vider sanguinosi monti
de' duci lor più gloriosi e conti!

11.
Tosto la vaga fama il suo valore
e l'opre sue va divolgando intorno:
picciola è primae poi divien maggiore
ch'acquista forze ognor di giorno in giorno.
Ovunque arrivasparge alto romore
e finge quel d'ogni virtute adorno;
col vero il falso meschia e in varie forme
si mostra altruiné mai riposa o dorme.

12.
Fra gli altri molti del figliuol d'Amone
ella giunge a l'orecchiee i fatti egregi
del valoroso suo cugin gli espone
a parte a partee gli acquistati fregi.
Sùbito a quell'illustre alto garzone
c'ha ne la gloria posto i sommi pregi
invidia accende generosa il petto
che ne gli altieri spirti ha sol ricetto.

13.
E tal invidia ha in lui maggior potere
perché gli par che 'l fior de' suoi verdi anni
quando l'uom deve tra l'armate schiere
soffrir di Marte i gloriosi affanni
ei consumi in fugace e van piacere
involto in molli e delicati panni:
quasi vil donna che 'l cor d'ozio ha vago
e sol adopri la conocchia e l'ago.

14.
Da queste cure combattuto geme
e sospir tragge dal profondo core;
d'esser guardato vergognoso teme
ch'induce l'altrui vista in lui rossore;
crede ch'ognun l'additie scioglia insieme
in tai voci la lingua a suo disnore:
come de' suoi maggior le lucid'opre
con le tenebre sue questi ricopre!

15.
Tra sé tai cose rivolgeva ancora
quando il tetto real lasciossi a tergo
e da Parigi uscioché quivi allora
insieme con la madre avea l'albergo;
e camminando in breve spazio d'ora
giunse d'un prato in sul fiorito tergo
che si giacea tra molte piante ascoso
ond'era poi formato un bosco ombroso.

16.
Quiviperché gli pare acconcio il luoco
a lamentarsie non teme esser visto
si ferma e siedee 'n suon languido e fioco
così comincia a dir doglioso e tristo:
Deh! perché, lasso! un vivo ardente foco
di dolor, di vergogna e d'ira misto,
non m'arde e volge in polve, onde novella
di me mai più non s'oda, o buona o fella?

17.
Poi ch'oprar non poss'io che di me s'oda
con mia gloria ed onor novella alcuna,
o cosa ond'io pregio n'acquisti e loda,
e mia fama rischiari oscura e bruna;
poscia che non son tal, che lieto goda
di mia virtute o pur di mia fortuna,
ma il più vil cavaliero, al ciel più in ira,
che veggia il sol tra quanto scalda e gira;

18.
deh perché almeno oscura stirpe umile
a me non diede o padre ignoto il Fato,
o femina non son tenera e vile,
ché non andrei d'infamia tal macchiato?
Perciò ch'in sangue illustre e signorile,
in uom d'alti parenti al mondo nato,
la viltà si raddoppia, e più si scorge,
che 'n coloro il cui grado alto non sorge.

19.
Ah, quanto a me de' miei maggior gradito
poco è il valor e la virtù suprema;
quanto d'Orlando a me di sangue unito
l'ardir mi noce e la possanza estrema!
Egli or di fino acciar cinto e vestito,
l'alte inimiche forze abbatte e scema,
e con l'invitta sua fulminea spada
fa ch'Africa superba umil se 'n vada.

20.
Io quasi a l'ozio, a la lascivia, agli agi
nato, in vani soggiorni il tempo spendo;
e ne le molli piume e ne' palagi
sicuri tutto intero il sonno prendo;
e per soffrire i marzial disagi
tempo miglior, età più ferma attendo
ai materni conforti ed a que' preghi
cui viril petto indegno è che si pieghi.

21.
Mentre così si lagnaode un feroce
innito di cavallo al cielo alzarsi.
Chiuse le labbra allorfrenò la voce
Rinaldoe non fu tardo a rivoltarsi;
e vide al tronco d'una antica noce
per la briglia un destrier legato starsi
superbo in vistache mordendo il freno
s'aggirascuote il crinpesta il terreno.

22.
Nel medesmo troncone un'armatura
vide di gemme e d'or chiara e lucente
che par di tempra adamantina e dura
ed opra di man dotta e diligente.
Cervo che fonte di dolc'acqua e pura
trovi allor ch'è di maggior sete ardente
od uomo che rimiri a l'improviso
il caro volto che gli ha il cor conquiso;

23.
non si rallegra come il cavaliero
che così larga strada aprir vedea
per mandar ad effetto il suo pensiero
che tutto intento ad oprar l'arme avea.
Corre dove sbuffando il bel destriero
con la bocca spumosa il fren mordea
e lo discioglie e per la briglia il prende
e ne l'arcionsenz'oprar staffaascende.

24.
Ma l'arme che faceanquasi trofeo
sacro al gran Martel'alboro pomposo
distaccò primae adorno se 'n rendeo
di tal ventura stupido e gioioso.
Conosce ben che chi quelle arme feo
fu di servirlo sol vago e bramoso
ch'erano ai membri suoi commode ed atte
qual se per lui Vulcan l'avesse fatte.

25.
Oltra che de lo scudo il campo aurato
da sbarrata pantera adorno scorge
che con guardo crudelcon rabbuffato
peloterror ai rimiranti porge;
ha la bocca e l'unghion tinto e macchiato
di sanguee su duo piedi in aria sorge.
Già tal insegna acquistò l'avoe poi
la portar molti de' nepoti suoi.

26.
Poi che saltando sul destriero ascese
e tutto fu di lucide arme adorno
l'usbergol'aureo scudo e l'altro arnese
si vagheggiava con lieto occhio intorno;
indi con ratta man la lancia prese
la lancia ond'ebber molti oltraggio e scorno;
ma la spada lasciòché gli sovenne
d'un giuramento ch'ei già fé solenne.

27.
Avea di Carlo al signoril cospetto
vantandofatto un giuramento altero
quando da lui coi frati insieme eletto
al degno grado fu di cavaliero
di spada non oprarquantunque astretto
ne fosse da periglio orrendo e fiero
s'in guerra pria non lo toglieva a forza
a guerrier di gran fama e di gran forza.

28.
Ed orcome colui ch'audace aspira
a degne impresead opre altere e nove
ciò por vuole ad effettoe 'l destrier gira
e 'l batte e sprona ed a gran passi il muove;
e così il generoso sdegno e l'ira
e 'l desio di trovar venture dove
possa la lancia oprarlo spinge e affretta
ch'in breve tempo uscì de la selvetta.

29.
Come al marzo errar suol giumenta mossa
dagli amorosi stimoli ferventi
onde non è che ritenerla possa
frenrupiscogli o rapidi torrenti;
così il garzoncui l'alma ognor percossa
è da sproni d'onor caldi e pungenti
erra di qua di làraddoppia i passi
per fiumiboschi e per alpestri sassi.

30.
Tal ch'allor che 'l villandisciolti i buoi
dal giogoa riposar lieto s'accinge
e ritogliendo il sol la luce a noi
via più rimoto ciel colora e pinge
giunge in Ardennaove de' fati suoi
l'immutabil voler l'indrizza e spinge.
Quivi nuovo desir l'alma gli accense
che quel primier in lui però non spense.

31.
Errò tutta la notte interae quando
ne riportò l'Aurora il giorno in seno
uom riscontrò d'aspetto venerando
di crespe rughe il volto ingombro e pieno
che sovra un bastoncel giva appoggiando
le membra che parean venir già meno
e a questi segni ed al crin raro e bianco
mostrava esser dagli anni oppresso e stanco.

32.
Questiverso Rinaldo alzando 'l viso
così gli disse in parlar grave e scorto:
Dove vai, cavalier, ch'egli m'è aviso
vederti tutto omai lacero e morto?
Ché già più d'un guerriero è stato ucciso,
ch'errando per lo bosco iva a diporto,
e troppo altero del suo gran valore,
ha voluto provar tanto furore.

33.
Sappi che novamente in questa selva
è comparso un cavallo aspro e feroce,
di cui non è la più gagliarda belva
o dove aghiaccia o dove il sol più cuoce.
Da lui qual lepre fugge e si rinselva
il leone, il cinghial e l'orso atroce;
dovunque passa, l'alte piante atterra,
e intorno tremar fa l'aria e la terra.

34.
Dunque fuggi, meschino, o in cavo e fosco
luogo t'ascondi: ché d'udir già parmi
rimbombar al suo corso intorno il bosco,
né contra lui varran tue forze e armi.
Ch'io, quanto a me, s'a segni il ver conosco,
cagion non ho di quinci allontanarmi
per servar questa spoglia inferma e vecchia
cui Natura disfar già s'apparecchia.

35.
Al parlar di quel vecchio il buon Rinaldo
non si smarrìné di timor diè segno
ma d'ardente desir divenne caldo
di farsi qui d'eterna fama degno;
e con parlar rispose audace e saldo
acceso dentro d'onorato sdegno
che co' detti a vil fuga altri l'esorte
quasi ei paventi una famosa morte.

36.
Fugga chi fuggir vuol: ché cavaliero
non dee più che la lancia oprar lo sprone,
e quanto è più il periglio orrendo e fiero,
più francamente il forte a lui s'oppone;
ed io già fermo fo stabil pensiero
di far del mio valor qui paragone;
e se ben fussi ov'è più ardente il polo,
qui ratto ne verrei per questo solo.

37.
Allor l'antico vecchioa lui rivolto
in voci tai l'accorta lingua sciolse:
Con gran diletto, o cavaliero, ascolto
il grande ardir ch'in te natura accolse;
né vidi uom mai più dal timor disciolto
da poi che 'l mio parlar non ti distolse
da l'alta impresa, né tue brame estinse,
ma loro infiammò più, te più sospinse.


38.
E credo che conforme abbia a l'ardire
infuso in te 'l valor l'alma natura,
e che per le tue man deggia finire
tosto sì perigliosa alta ventura:
segui pur dunque il tuo gentil desire,
e di gloria e d'onor l'accesa cura,
ch'a degne imprese il tuo destin ti chiama,
e vivrai dopo morte ancor per fama.

39.
E perché possi, quando a cruda guerra
ti troverai con quel destrier possente,
la furia sua che l'altrui forze atterra,
vincere e superar più facilmente,
vedi di trarlo mal suo grado in terra,
ché mansueto ei diverrà repente,
ed a te sì fedel che non fu tanto
fedel al magno Ettorre il fiero Xanto.

40.
Di lui quel ti dirò ch'a molti è ignoto,
che ti parrà quasi impossibil cosa.
Amadigi di Francia a tutti noto,
che la bella Oriana ebbe in sua sposa,
solcando il mar, fu dal piovoso Noto
spinto a l'isola detta or Perigliosa,
ch'allor con nome tal non fu chiamata,
ma tra l'altre perdute annoverata.

41.
Quivi il destrier vins'ei già carco d'anni,
ed in Francia, suo regno, il menò seco;
ma poi ch'a volo glorioso i vanni,
di sé lasciando il mondo orbato e cieco,
mosse felice in ver gli empirei scanni,
incantato il destrier entro uno speco
fu qui vicin dal saggio Alchifo il mago,
di far qualch'opra memorabil vago.

42.
Sotto tai leggi allor quel buon destriero
fu dal mago gentil quivi incantato,
che non potesse mai da cavaliero
per ingegno o per forza esser domato,
se dal sangue colui reale altero
d'Amadigi non fusse al mondo nato,
e s'in valor ancor no 'l superasse,
o pari almeno in arme a lui n'andasse.

43.
Dopo che 'l mago la bell'opra fece,
non s'è 'l cavallo se non or veduto,
ma da ch'apparve, diece volte e diece
ha 'l suo torto camin Cinzia compiuto:
onde da segno tal comprender lece
che 'l termine prefisso è già venuto
ch'esser disfatto dee lo strano incanto
e domato il destrier feroce tanto.

44.
Né ti maravigliar se 'l destrier vive
dopo sì lungo girar d'anni ancora,
ch'il fil troncar d'alcun le Parche dive
non ponno, s'incantato egli dimora;
né fra l'imposte al viver suo gli ascrive
il fato di quel tempo una sol'ora:
grande è il poter de' maghi oltra misura,
e quasi eguale a quello è di Natura.

45.
Nel fin di questa selva un antro giace:
indi il cavallo mai non si discosta;
ma misero colui che troppo audace
a quella parte ov'egli sta s'accosta.
Tu, perché partir vuo', rimanti in pace;
e s'a l'impresa ancor l'alma hai disposta,
in oblio non porrai, ché s'ei la terra
col fianco premerà, vinta hai la guerra.

46.
Non avea detto ancor queste parole
che ne la selva si cacciò più folta
veloce sì che più veloce il sole
dechinando il suo carroal mar non volta.
Restò Rinaldo allor sì come suole
debile infermo rimaner tal volta
cui ne' sonni interrotti appaion cose
impossibilistrane e mostruose.

47.
Questich'era apparito al giovinetto
in forma d'uom ch'a vecchia etate è giunto
era il buon Malagigia lui di stretto
nodo di sangue e d'alto amor congiunto:
mago de la sua etade il più perfetto
che 'l buon voler mai dal saper disgiunto
non ebbeanzi ad ogn'or suoi giorni spese
altrui giovando in onorate imprese.

48.
Egli avea ritenuto il suo germano
Rinaldo alquanto in Francia e quasi a forza
sin ch'un influsso rio gisse lontano
e crescesse con gli anni in lui la forza:
orpassato il furor troppo inumano
del cielcui spesso uom saggio e piega e sforza
gli permise il partirsie fegli appesi
tornar al tronco i necessari arnesi.

49.
Rinaldo intanto per la selva caccia
il suo destrier per vie longhe e distorte
e de l'altro corsier segue la traccia
senza saper qual strada a quello il porte;
e per ogni romor che l'aura faccia
par che rallegri l'animo e conforte
credendo allor trovarlo; e così invano
errò sin che 'l sol gio ne l'Oceano.

50.
Allor su l'erba a piè d'un fonte scese
ch'era de' quattro l'un che fe' Merlino
e con frutti selvaggi ed acqua prese
ristor de la fatica e del camino.
Ma quando Febo in Oriente accese
di nuovo il vago raggio matutino
ritorno fece a la primiera inchiesta
e 'l viaggio seguì per la foresta.

51.
Per quella andò gran spazioavendo intenti
gli occhi e 'l pensiero a l'alta impresa solo;
ed eccoallor che co' suoi raggi ardenti
insino a l'imo fende Appollo il suolo
strepito pargli d'animai correnti
sentir nel boscoonde ne corre a volo
là onde il suono a le sue orecchie viene
e raddoppia nel cor desire e speme.

52.
Ed in questa apparir da lungi vede
leggiadra cerva e più che latte bianca
che ratta move a tutto corso il piede
ed annelando vien sudata e stanca;
e sì il timor il cor le punge e fiede
e la lena e 'l vigor in lei rinfranca
ch'ov'è 'l garzone arrivae inanzi passa
e gran parte del bosco a tergo lassa.

53.
Vien dietro a lei sovra un cavallo assisa
che veloce se 'n va come saetta
di nuovo abito adorna in strana guisa
una disposta e vaga giovinetta
dal cui dardo ferita e poscia uccisa
fu la fugace e timida cervetta:
dal dardo ch'elladi lanciar maestra
tutto le fisse entro la spalla destra.

54.
Mira il leggiadro altero portamento
Rinaldoe 'nsieme il ricco abito eletto;
e vede il crin parte ondeggiar al vento
parte in aurati nodi avolto e stretto;
e la vestacui fregia oro ed argento
sotto la qual traspar l'eburneo petto
alzata alquantodiscoprir a l'occhio
la gamba e 'l piede fin presso al ginocchio:

55.
la gamba e 'l piedeil cui candor contende
purpurea in fior contesta a l'altrui vista;
il dolce lume poi che gli occhi accende
e la guancia di gigli e rose mista
e la fronte d'avorio onde discende
grazia che può far lieta ogn'alma trista
e le perle e i rubinfiamme d'Amore
rimira ingombro ancor d'alto stupore.

56.
Non quando vista ne le gelid'acque
da l'incauto Atteon fustiDiana
tant'egli ne stupìné tanto piacque
a lui la tua beltà rara e soprana
quant'or nel petto al buon Rinaldo nacque
fiamma amorosa e maraviglia strana
vedendo in selva solitaria ed adra
sì vago aspetto e forma sì leggiadra.

57.
La vaga e cara imago in cui risplende
de la beltà del ciel raggio amoroso
dolcemente per gli occhi al cor gli scende
con grata forza ed impeto nascoso.
Quivi il suo albergo lusingando prende;
al fin con modo alteroimperioso
rapisce a forza il fren del core e 'l regge
ad ogn'altro pensier ponendo legge.

58.
Ma come quel che pronto era ed audace
e Fortuna nel crin prender sapea
e tanto piùquant'era più vivace
quel dolce ardor che l'alma gli accendea
disse: "V'apporti il ciel salute e pace
semprequal che vi siateo donna o dea;
e come vi fe' già leggiadra e bella
così beata or voi faccia ogni stella.

59.
E s'a la graziaa la beltà del viso
pari felicità dal ciel v'è data
ardisco dir che non è in paradiso
alma di voi più lieta e più beata:
ché tai son quelle in voich'egli m'è aviso
ch'angiola siate di là sù mandata:
onde per me felice io mi terrei
di spendervoi servendoi giorni miei.

60.
Ma da poi che mostrarvi il ciel cortese
ha per sì raro dono a me voluto
facciamisi or per voi chiaro e palese
quel che sin qui nascosto ei m'ha tenuto;
ch'avendo l'altre qualitati intese
come quelle apparenti ho già veduto
rimarrà sol che con onor divini
voi mia dea riveriscaa voi m'inchini".

61.
Al parlar di Rinaldo la donzella
d'un onesto rossor le guancie sparse
e qual veggiam del sol l'alma sorella
quando vento minacciain volto apparse:
il che più la rendette adorna e bella
e di fiamma più calda il giovin arse.
Indi mosse ver lui parole tali
che gli fur tutte al cor fiammelle e strali.

62.
Non son qual mi formate, o cavaliero,
né va 'l mio merto al parlar vostro eguale;
ma di Carlo soggiaccio al magno impero,
come ancor voi da Dio fatta mortale;
ben è 'l fratello mio prode guerriero,
e di sangue chiarissimo e reale:
ei che Guascogna, ond'è signor, governa,
or segue Carlo a fiera guerra esterna.

63.
Ed io ch'al giogo maritale unita
non sono, e seguir Cinzia ancor mi lice,
in un castel vicin tranquilla vita
ne meno, e meco ne sta mia genitrice
e compagnia, qual bramar so, gradita;
resta or che 'l nome dica: egli è Clarice.
Ma chi sète, guerriero, e di qual merto,
voi che 'l vostro servir m'avete offerto?

64.
Allor Rinaldo a lei così rispose:
Traggo l'origin io da Costantino,
che l'imperial sede in Grecia pose,
lasciando altrui d'Italia il bel domino:
Amone è 'l padre mio, le cui famose
prove al grado l'alzar di paladino;
Chiaramonte il cognome; io son Rinaldo,
solo di servir voi bramoso e caldo.

65.
Chi de' vostri avi invitti e del gran padre
non ha sentito l'onorato grido,
s'è testimon de l'opre lor leggiadre
ogni remota piaggia e ogni lido?
E chi d'Orlando, a le cristiane squadre
prima difesa contra il Mauro infido?
Ma di voi null'ancor la fama aporta.
Così a lui disse la donzella accorta.

66.
E con que' detti gli traffisse il core
e 'l colmò di dolore e di vergogna:
onde in se stessod'ira e di furore
accesomorte e più null'altro agogna.
Tratte dal petto al fin tai voci fuore
rispose a quella tacita rampogna:
Affermo anch'io che molto Orlando vaglia,
e che raro è colui che se gli aguaglia;

67.
ma 'l suo valor però non tanto parmi,
ch'io col vostro favor punto temessi
seco venir al paragon de l'armi,
senza che biasmo a riportar n'avessi.
E s'occasion tal vorrà mai darmi
il ciel, voi ne vedrete i segni espressi.
Fra tanto ei scorse e la donzella altera
di donne e di guerrier leggiadra schiera.

68.
Eran costor la nobil compagnia
di Clariceche lei givan cercando
di strano intoppo e di fortuna ria
tutti dubbisi e mesti paventando:
ché lasciati gli avea ella tra via
dietro la cerva il suo destrier spronando
sì chevedendola ora a l'improviso
segni mostrar d'alta letizia al viso.

69.
Ellaveduto i suoitosto rivolse
sorridendoa Rinaldo il vago aspetto
e gli disse: "Barons'il ciel raccolse
tanto ardir e valor nel vostro petto
ch'ad Orlandoin cui porre il tutto volse
che se richiede a cavalier perfetto
ne gite par nel gran mistier di Marte
mostrate qui vostra possanza in parte.

70.
Ché se d'Orlando voi non men valete
questo de' miei guerrier ardito stuolo
giostrando superar ancor potete
ben che contra lor tutti andiate or solo.
Io dirò poi che tal ne l'arme sete
che mostrate d'Amone esser figliuolo;
e che voi con la spada e con la lancia
alzate al par di lui l'onor di Francia".

71.
A sì grate parole ingombra l'alma
nova dolcezza al buon figliuol d'Amone
che spera aver di quei guerrier la palma
e far del suo valor qui paragone.
Pur a lei disse: "Assai difficil salma
quella è che 'l parlar vostro ora m'impone;
ma quest'alma beltà tai forze aviva
in meche spero addur l'impresa a riva".

72.
Così dettoil destrier veloce gira
e tosto gionto a quei guerrieri a fronte
pria le fattezze altere intento mira
poi così parla con audace fronte:
Valorosi signor, non sdegno od ira,
non da voi ricevute ingiurie ed onte,
ma più bella cagion ora mi sforza
provar quanto saglia in voi la forza.

73.
Accingetevi dunque a la battaglia,
che si vedrà chi di servir più degno
sia l'alta dama, e più ne l'armi vaglia,
tosto con chiaro ed apparente segno.
Il forte Alcasto allorcui di Tessaglia
(morto 'l padre) obedir doveva il regno
qual uom d'amore acceso e qual superbo
così rispose con parlare acerbo:

74.
Ben come hai detto, folle, or or vedrai
quanto sia questa lancia e soda e dura,
e qual error commette ancor saprai
quel che le forze sue non ben misura.
Avea di Grecia in Francia a trager guai
costui condutto empia sua ventura
ch'in Clarice non pria fisò lo sguardo
ch'al cor sentio d'amor l'acuto dardo.

75.
E sendo tra il re Carlo e 'l genitore
molti anni pria grave odio e sdegno nato
non si volse scoprirch'ebbe timore
di non essere offeso e oltraggiato;
ma spintolasso! dal tiranno Amore
esser fingendo di più basso stato
s'era a' servigii posto ei di Clarice
ch'in ciò la sorte alquanto ebbe adiutrice.

76.
E perché Amor da gelosia diviso
rado o non mai del tutto esser si vede
con fiera voce e con turbato viso
la superba risposta allor ei diede.
Ma Rinaldoche sente a l'improviso
che con detti orgogliosi altri lo fiede
volge 'l cavallo e pon la lancia in resta;
né men tardo di lui quegli l'arresta.

77.
L'uno e l'altro la lancia a un tempo impugna
e l'un si move e l'altro anco in un punto;
ma l'un mira che 'l colpo a l'elmo giugna
là dove è con la fronte il crin congiunto;
l'altroche via men dotto è di tal pugna
cerca che 'l petto sia dal ferro punto.
Nessun l'asta nerbosa indarno corse
ma con quella al nemico affanno porse.

78.
A mezo 'l petto il fier garzon fu colto
dal forte Alcasto col nodoso legno
ch'ogn'uom più saldo avria sozzopra volto
ed ei non fece di cader pur segno.
Fu 'l nemico da lui più offeso molto
ché la terra calcò senza ritegno
ferito in testa d'aspra e mortal piaga
sì che 'l terren di sangue intorno allaga.

79.
Rinaldo in sella si rassettae poscia
verso gli altri guerrier ratto si scaglia.
Un ferisce nel capoun ne la coscia
e pon fin con duo colpi alla battaglia;
indi agli altri col tronco estrema angoscia
porgee con l'urto ancor gli apre e sbaraglia;
ma in pochi colpi rotti in su la strada
convien ch'in mille pezzi il tronco vada.

80
Nel cader del troncon speme e baldanza
negli aversarii suoi poggiando sorse;
non già l'ardir si rompe o la speranza
nel fier garzonche rotto esser lo scorse:
ché questa e quello in lui tanto s'avanza
quanto 'l suo stato più si trova in forse.
Così ben spesso core invitto e forte
prende vigor da la contraria sorte.

81.
Clarice in questa con immote ciglia
mira 'l valor del nobil giovinetto:
dal valor nasce in lei la maraviglia
e da la maraviglia indi il diletto;
poscia il diletto che in mirarlo piglia
le accende il cor di dolce ardente affetto;
e mentre ammira e loda 'l cavaliero
pian piano a nuovo amore apre 'l sentiero.

82.
Erano corsi più feroci adosso
al gran guerriero i suoi nemici intanto
ed altri l'elmo del cimier gli ha scosso
altri lo scudo in varie parti infranto
altr'il visoaltr'il braccioaltri percosso
gli have l'armato corpo in ogni canto.
Rinaldo or spinge inanzior si ritira
e coraggioso a la vittoria aspira.

83.
E 'l cavallo volgendo a la man dritta
il più feroce a mezzo 'l collo afferra
e scrollandolo poi ben lungi il gitta
da sédisteso e tramortito in terra.
Unche la lancia a lui ne l'elmo ha fitta
e crede omai finita aver la guerra
con l'urto del corsier manda sozzopra;
poi con un altro il grave pugno adopra.

84.
Di sì terribil pugno un ne percosse
cherotto l'elmogli stordì la testa
e d'ogni senso e di vigor lo scosse.
Né per questo il furor degli altri arresta
ché Lincoun di colorver' lui si mosse
ratto sì che la fiamma è via men presta;
e venne seco a perigliosa lotta
credendo aver la man più forte e dotta.

85.
Ma da l'arcion Rinaldo il leva a forza
e rotandol per l'aria entorno il gira
indi con strano modo e molta forza
tra l'inimici suoi scagliando il tira
onde a ritrarsi al fin gli induce e sforza
ed a schivare il suo disdegno e l'ira.
Clarice allor d'alto stupor ripiena
n'andò con fronte a lui lieta e serena.

86.
E disse: "Alto guerrieroa pruova aperta
già tutte viste abbiam la virtù vostra
e qui nulla è di noi che non sia certa
ch'oggi vinta riman la gente nostra
e che la palma sol da voi si merta.
Cessi omai dunque sì terribil giostra;
e poi che cessa la cagioneinsieme
cessi il furorch'ogn'uom vi cede e teme".

87.
Come allor che 'l Tiren torbo e sonante
leva al ciel l'ondee i legni al fondo caccia
se Nettuno in sul carro trionfante
scorge ir con lieta e venerabil faccia
la furia affrenae 'n placido sembiante
par che senz'onda nel suo letto giaccia:
così al caro apparira l'amorose
noteogni sdegno il cavalier depose.

88.
Ma perché Appollo in ver' gli esperii liti
già dechinava l'auree rote ardenti
sopra più barre por fatto i feriti
ed inanti portar quei da serventi
donne e guerrieri in vaga schiera uniti
partir di là con passi tardi e lenti;
e con la sua bellissima Clarice
gia ragionando il cavalier felice.

89.
Che tra via pur tal volta a lei movea
d'amor parole e tacite preghiere;
ma sempre o non intenderle fingea
o gli dav'ella aspre risposte altere
con le quai l'alma al giovin traffigea
e sciemava in gran parte il suo piacere:
chében che eguale ardore al cor sentisse
non volea ch'in lei quello altri scoprisse.

90.
Lassa! non sa che l'amorosa face
se vien celatapiù ferve e s'avanza
sì come fuoco suol chiuso in fornace
ch'arde più molto ed ha maggior possanza.
Pur il guerrierche ciò ch'ascoso giace
sotto sdegnosa e rigida sembianza
scorger non puote e crede al finto volto
si trova in mille acerbe pene involto.

91.
Dehquante donne son ch'aspro rigore
mostran nel volto ed indurato sdegno
c'hanno poi molle e delicato il core
degli strali d'amor continuo segno!
Incauto è quelche ciò ch'appar di fuore
tien del chiuso voler per certo pegno
ch'un'arte è questa per far scempi e prede
d'uom che drieto a chi fuga affrett'il piede.

92.
Quel che più rende il cavalier doglioso
è perché non gli sembra esser amato
per lo suo poco mertoa lei d'ascoso
fuoco il cor non vedendo arso e infiammato;
ma speme ha pur di farsi ancor famoso
sì che da lei ne deggia esser pregiato.
Così ad un nobil core amor sovente
è qual lo sprone ad un destrier corrente.

93.
Giunto in tanto al castelcongedo prese
l'acceso cavalier da la donzella
ch'a restar seco l'invitò cortese
raddolcendo lo sguardo e la favella.
Ei che prima ha disposto illustri imprese
condur al fin per farsi grato a quella
ai dolci umani inviti il cor non piega
e ciò che brama a se medesmo niega.

CANTO SECONDO


1.
Parte Rinaldoe nel partir si sente
dal petto acceso ancor partirsi il core;
null'è ch'allegri la dogliosa mente
nulla che l'alma oppressa alzi e ristore.
vorrebbe esser rimasoe già si pente
d'aver lasciato il suo gradito amore
la bella donna di cui fatto è servo
di liber ch'era più ch'in selva cervo.


2.
Sei volte e sette a dietro il corsier volve
e per tornar verso il suo ben s'invia;
poscia tutto al contrario si risolve
ed oltre segue la primiera via.
Instabil è vie più ch'al vento polve;
e ben par che d'amor seguace ei sia:
fa diversi pensiere in un non ferma
pur breve spazio l'egra mente inferma.

3.
Al fin con l'aspre cure e co' sospiri
accompagna il parlar tremante e basso
e dice: "Oveo disio d'onormi tiri
per forzaahi folle! a periglioso passo?
Come vuoi tu ch'ad alte imprese aspiri
s'io son privo del cors'adietro il lasso?
Più che la forza in guerra il cor bisogna:
senz'esso andrò dunque a mercar vergogna?

4.
Deh perchélasso! a quel parlar cortese
a quelle dolci ed amorose note
non rimas'io con leidi cui s'accese
l'almae senza cui pace aver non puote?
Chise non tucrudelciò mi contese?
Tu le preghiere sue fêsti gir vuote
e me l'invito a ricusar sforzasti
misero! e lunge dal mio ben tirasti".

5.
Qui tacee china a terra i lumi e 'l volto;
poi così ancora il suo parlar ripiglia:
Ahi! quanto è quel desir fallace e stolto,
che tornar a Clarice or mi consiglia;
e 'n quanti errori è 'l mio discorso involto,
lasso! poi ch'al peggio ognor s'appiglia!
Anzi donna sì chiara e sì gentile
apparir non deve uomo oscuro e vile.

6.
Né fec'io giamai cosa onde sia degno
del suo cospetto, e ciò negar non vale,
e già n'ho visto più d'un chiaro segno
ch'ella prudente ancor mi stima tale,
ch'a le parole mie, colma di sdegno,
risposta diede al mio vil merto eguale;
e se poi m'invitò, ve la sospinse
sua cortesia che la viltà mia vinse.

7.
Né stato il mio restar le saria caro,
né bramar degg'io quel ch'a lei non piace;
quando sarò ne l'arme illustre e chiaro
non mi si disdirà l'essere audace;
e 'l volto, ove a sprezzar tutt'altro imparo,
che m'arde il cor d'inestinguibil face,
a ciò mi porgerà forza ed ardire,
e darà piume e vanni al mio desire.

8.
E ben che priv'or sia del core il petto,
l'alma imago in sua vece entro rinchiude,
che potrà più che 'l core in ogni effetto
rendermi ardito, e in me destar vertude.
Clarice intanto d'amoroso affetto
non meno aviene ancor ch'agghiaci e sude
e non meno di lui si duole e lagna
ma 'l bel viso di più piangendo bagna.

9.
Bagna il viso di piantoallarga il freno
ai sospiriai lamentie così dice:
Qual or sì novo e sì mortal veleno
t'attosca il petto, o misera Clarice?
Qual dolce mal d'alta amarezza pieno,
dilettando ti fa mesta e 'nfelice?
Donde 'l desire in te, donde l'ardore?
donde la speme ancor nasce e 'l dolore?

10.
Già ben m'accorgo apertamente (ahi lassa!)
or che l'accorger più nulla mi giova,
ch'Amor, che l'alme più superbe abbassa,
or in me fa così spietata prova;
e ch'egli è quel che sì feroce passa
dentr'al mio cor, come in sua stanza nuova,
e ch'egli è quel che in lui desire e speme
ed ardor ed affanno aviva insieme.

11.
Ma s'egli è quel ch'in un lieta e dolente
mi fa, quando giamai meco contese?
quando, meschina, ancor così repente
o per forza o per arte egli mi prese?
Come a schermirmi allor non fui possente,
ed a fuggir l'ascoste insidie tese?
Come, no 'l sapendo io, vinta restai?
Come a lui volontaria io mi donai?

12.
Siegue intanto Rinaldo il suo viaggio
né pur l'alma o le membra alquanto posa
e giunge u' dal notturno umido raggio
face altrui schermo quercia alta e frondosa.
Ivi scorge nel suolche 'l vago maggio
copria di veste allor verde ed erbosa
assisi duo guerrierche 'l corpo stanco
rendean col cibo vigoroso e franco.

13.
L'invitan questi con parlar cortese
ed ei l'invito lor ricusa alquanto;
manon giovando il ricusardiscese
al fin di sella e lor si mise a canto.
Poi che ciascuno il nutrimento prese
il ragionar ch'avean lasciato intanto
ripigliaro di nuovoe quel tal era
qual conveniasi a sì onorata schiera.

14.
A caso venne al bon Rinaldo detto
ch'a la ventura gia di quel destriero.
Uno di lorche cavalier perfetto
tenuto ed appellato era Isoliero
allor rispose con turbato aspetto:
Deh! cangia omai, baron, cangia pensiero:
ché tal ventura solo a me conviensi,
e folle sei se di tentarla pensi.

15.
Rise Rinaldoe disse:"A l'apparire
del sol serò con quel cavallo a fronte
né lasciarlo altrui vo'né di soffrire
uso son io sì gravi ingiurie ed onte".
Isolier lo spagnuol non può sentire
ch'altri gli parli in sì orgogliosa fronte:
ondetratta la spada: - O qui morrai
disse o l'impresa a me tu lascerai."

16.
Il lor compagno era un gentil barone
de' più pregiati ne l'inglese regno
forte ed ardito ad ogni paragone
e di molti famosi assai più degno.
Egli avea col destrier fatta tenzone
e van gli era tornato ogni disegno
ben che non gisse a la ventura ei solo
ma di guerrier menasse ardito stuolo.

17.
Questi che del corsier la forza ha visto
la forza c'ha 'l suo stuol morto e conquiso
sì che soleva dir che fece acquisto
di vitaallor non sendo anch'egli ucciso
volto al paganche d'elmo è già provisto
e minaccia al garzon con fiero viso
gli disse: "Alto guerrierascoltaaspetta:
non correre a ferir con tanta fretta.

18.
Non ti sdegnar in così strana impresa
compagno averperché non poco fia
se tu con belva tal prendi contesa
avendo un sol guerriero in compagnia".
Il pagan che di sdegno ha l'alma accesa
e che finir tal lite omai disia
qui gli tronca 'l parlare 'l brando stringe
e verso il fier garzon ratto si spinge.

19.
Tutta la sua possanza in un raccoglie
e poi dechina giù l'orribil spada.
Nel forte scudo l'aversario coglie
e gliel manda in duo parti in su la strada.
Passa oltre il colpoed a l'elmetto toglie
il bel cimieroe fa ch'a terra cada.
Non rompe quelma ne la spalla scende
e l'acciar che la copre alquanto fende.

20.
Posto per segno a' campi ivi giaceva
sasso d'immenso pondo antiquo e grosso.
Con man robusta allor Rinaldo il leva
là 'v'altri non l'avria di luoco mosso;
stretto l'afferae poi s'alza e solleva
ed al nimico suo l'avventa adosso
col corpo il braccio accompagnandoe insieme
qui congiungendo le sue forze estreme.

21.
Non gian presso a Pozzuol con tal furore
gravi pietre per l'aere intorno errando
pietre cui natural impeto fuore
da l'imo centro al ciel spingea tonando
quando dentro 'l terrenchiuso il calore
quel ruppestrada d'essalar trovando
con qual dal paladin tirata è questa
che stridendo al pagan fiede la testa.

22.
Stridendo il grave sasso al fier pagano
percote il capoe frange pria lo scudo
ch'opposto avea perché del tutto in vano
se 'n gisse il colpoo men gli fusse crudo.
Si riversa Isolier tremando al piano
privo di senso e di vigore ignudo;
ed a lui gli occhi oscura notte involve
ed ogni membro ancor se gli dissolve.

23.
Non morì giàma come morto in terra
un'ora giacquee man non mosse o piede.
Rinaldoche finita aver la guerra
con aspra morte del pagan si crede
a lo sdegnoal furor il petto serra
ed affetto gentil l'alma gli fiede
sì ch'altamente ei se n'affligge e lagna:
ché pietade a valor sempre è compagna.

24.
Rivenuto Isolierben che assai grave
si sentaché 'l fier colpo ancor gli noce
pur stringe in man la spada e nulla pave
e ver' Rinaldo il piè drizza veloce.
Ma il buon inglese con parlar soave
tempra lo sdegno che sì il cor gli coce
e le non lievi differenze accorda;
ma pria l'alto periglio a lor ricorda.

25.
E gli dice: "Signorio vi consiglio
di non gire a provar questa ventura
per ciò che sotto 'l ciel maggior periglio
non èné cosa ad asseguir più dura.
Non val contra 'l destrier forza o consiglio
arma non è dal suo furor secura;
ma se pur fisse in ciò le voglie avete
ambo uniti a l'impresa insieme andrete.

26.
E colui col destrier venga a battaglia
verso 'l quale egli prima i passi muova.
L'altro stiasi a veder quanto che vaglia
il suo compagno in così orribil pruova.
Vi prego bensignorche non vi caglia
(se pur la morte di tentar vi giova)
d'usar con belva tal vani rispetti
ma che pugniate insieme uniti e stretti".

27.
Rimasero a que' patti ambo contenti
e più che 'l buon Rinaldo anco Isoliero.
Ma come il sol co' suoi bei raggi ardenti
ruppe de l'atra notte il velo nero
a levarse i guerrier pigri né lenti
non furoed a montar sovra 'l destriero.
Il britanno guerrier ch'a loro è scorta
gli guida a l'antro per la via più corta

28.
a l'antro onde il corsier mai non solea
scostarsicome ei lor narra per strada.
Questiche senza scudo ir ne vedea
Rinaldoe senza lancia e senza spada
gli disse: "Credi tu la belva rea
domare inermeo di morir t'aggrada?"
E quelli a lui: "Nel cor consiston l'armi
onde il forte non è chi mai disarmi".

29.
Al disiato luoco intanto giunge
la bella compagnia: quivi l'Inglese
da lor toglie commiatoe 'l destrier punge;
ma de gli altri ciascun su l'erba scese
e lascia il corridore indi non lunge
ch'a piè vogliono far l'aspre contese
per ferir meglio e meglio ancor ritrarsi
e più veloci intorno raggirarsi.

30.
Ecco appare il cavalloe calci tira
e fa saltando in ciel ben mille ruote.
Da le narici il fuoco accolto spira
move l'orecchie e l'ampie membra scuote:
a sassia sterpia piante ei non rimira
ma fracassando il tutto urta e percote;
col nitrito i nemici a fiera guerra
sfidae co' piè fa rimbombar la terra.

31.
Baio e castagno (onde Baiardo è detto)
d'argentea stella in fronte ei va fregiato;
balzani ha i piè di dietroe l'ampio petto
di grasse polpe largamente ornato;
ha picciol ventreha picciol capo e stretto
si posa il folto crin su 'l destro lato;
sono le spalle in lui larghe e carnose
dritte le gambeasciutte e poderose.

32.
Tal già Cillaro fupria che 'l domasse
con forza e arte l'amicleo Polluce
e taiprima che lor Marte frenasse
quei furoond'ei l'alto suo carro adduce;
ma ben che talben che al furor sembrasse
furia da l'imo centro uscita in luce
raddoppia al paladin pur l'ardimento
e desta in Isolier poco spavento.

33.
Prima verso Isolier s'invia Baiardo
e quei l'attende con la lancia in resta;
l'asta fracassa l'animal gagliardo
e 'l corso suo non però punto aresta.
Non fu l'Ibero a ritirarsi tardo
ed a dar luoco a così gran tempesta
sì che quel non l'urtòma tornò ratto
contra di lui ch'avea già il brando tratto.

34.
Tratta la spada aveaperché non era
per domar il cavallo ei qui venuto
(sendo da chi ne avea notizia intera
per impossibil questo allor tenuto)
ma per ferir la poderosa fera
e dargli morte ancor col ferro acuto.
Sol Rinaldo s'avea vario consiglio
preso dagli altrie con maggior periglio.

35.
Ratto contra l'Ispan Baiardo torna
feroce alzando or l'uno or l'altro piede.
Dove la fronte è da la stella adorna
con la spada il baron veloce 'l fiede;
ma fiede indarnoed ei di ciò si scorna
ch'aver percosso debilmente crede
né sa che del corsier la pelle è tale
che presso lei l'acciaro è molle e frale.

36.
Sibilando in giù cala il suo tagliente
ferro di nuovoe 'l fier con maggior possa
sì che l'aspro corsier se ne risente
e china il capo sotto la percossa.
Ma poi di rabbia e di furore ardente
gli dà con l'urto così fiera scossa
che 'l pagan caddee seco cadde insieme
quella d'aver vittoria altera speme.

37.
Rinaldoche cader vede Isoliero
e che sua vita al fin n'andria ben tosto
perché giacea disteso in sul sentiero
privo di forzeil primo ardir deposto
ratto il passo drizzò verso il destriero
e come giunto fu tanto d'accosto
che 'l potesse feriril pugno strinse
indi la mano impetuosa spinse.

38.
Con tal forza il campione il destrier tocca
chequel che prima o poi mai non gli avvenne
di vermiglio color tinse la bocca
il sanguech'in gran copia a terra venne.
Fuor l'arco stral sì presto mai non scocca
né sì presto falcon batte le penne
come presto il corsier ver' lui si volse
e co' denti afferrargli il braccio volse.

39.
Si ritira il guerrieroe poi raddoppia
il pugnoe lo colpisce in su la fronte.
Volto Baiardo i calci spinge a coppia
ch'avrian gettato a terra ogn'alto monte:
sta su l'avisoe forze ed arte accoppia
insieme il cavalier di Chiaramonte.
Dove volge il destrier la testa o 'l piede
eiragirando il passoil luoco cede.

40.
Sempre al fianco gli stadove il cavallo
non lui con morsi o con gran calci offenda
ché vuol che la destrezzae no 'l metallo
dal suo furor terribile il difenda.
Pur mettendo una volta il piede in fallo
colpito fu d'aspra percossa orrenda:
un calcio recevè nel destro fianco
e quasi sotto il colpo ei venne manco.

41.
Non cadde giàma si ritenne a pena
e se 'l fier calcio era men scarso alquanto
con tal vigor fu tratto e con tal lena
che gli avria l'armi insieme e l'ossa infranto.
Non qui Baiardo il suo furore affrena;
ma 'l cavalierriprese forze intanto
la seconda schivò crudel percossa
ch'avea ver' lui già fulminando mossa.

42.
Non perciò i piedi a ferir vanno in vano
ma grossa quercia e tant'entro sotterra
ascosaquanto sorge alta dal piano
è da lor coltarotta e posta a terra.
Rinaldo quei con l'una e l'altra mano
pria che gli tiri a séstringe ed afferra.
Cerca Baiardo uscir di questo impaccio
ma troppo è forte del nemico il braccio.

43.
Move indarno le gambeindarno ancora
per morderlo ver' lui la bocca volta
si crolla indarno e s'alza e sbuffae fuora
sparge anitrendo l'ira dentro accolta.
Durò tal zuffa lungo spazio d'ora:
con gran vigore al fincon forza molta
ma con arte maggiora terra il pone
il gran figliuol del valoroso Amone.

44.
Sì come il mar che dianzi alto fremendo
orribil si mostrava e minaccioso
lo suo sdegno e 'l furor poi deponendo
or tranquillo ed umil giace in riposo:
così il destrier che prima era tremendo
ed in vista crudele e spaventoso
tócco il suol poisi sta placido e cheto;
ma serba de l'alter nel mansueto.

45.
Gli palpa il collo e gli maneggia il petto
il cavalieroe gli ordina le chiome;
nitrisce queglie mostra aver diletto
perché 'l lusinga il suo signore e come.
Rinaldo che se 'l vede esser soggetto
e c'ha le furie sue già tutte dóme
la sella e 'l resto a l'altro corsier toglie
e questo adorna de l'aurate spoglie.

46.
Era l'Ispan risorto allor che fea
col destrier pugna il giovinetto ardito
e vedendo ch'omai domo l'avea
stava per lo stupor cheto e smarrito:
ché 'n membra giovenili ei non credea
che fosse tal valore insieme unito.
Rinaldo lo salutae chiede poi
s'alcun rio male ancora forse l'annoi.

47.
Ed inteso che nonprendono il calle
ove torse il destrier la lor ventura
che fuor di quella selva in una valle
gli scorse al fine assai profonda e scura.
Scontrano ivi un guerrier che verdi e gialle
le sopravesti avea su l'armatura
e dimostra a l'aspetto alto e superbo
esser di gran vigore e di gran nerbo.

48.
Dipinto questi porta in aureo scudo
con l'ali al fianco il faretrato arciero
le belle membra pargolette ignudo
bendato gli occhie di sembiante altero
sotto i cui piedi giace avinto il crudo
Marte. Rinaldo allor da lo scudiero
del suo compagno una gross'asta tolse
e così ver' colui la lingua sciolse:

49.
Molto a me, più ch'a te, conviensi questo
scudo, o barone; e se no 'l credi, io sono
accinto e pronto a fartel manifesto:
vien dunque a giostra, o pur quel dammi in dono;
a me più si convien, ché provo infesto
più ch'altro Amor, né spero indi perdono;
e più son ch'altri di sue fiamme caldo,
e più in seguirlo ancor costante e saldo.

50.
Ciò vedrassi a la pruova,allor l'estrano
rispose "e se tu vinciegli tuo fia;
ma spero tosto riversarti al piano
s'ora minor non è la forza mia".
Detto cosìtolse la lancia in mano
e prese al corso un gran spazio di via;
ed in quel tempo ancor volse Baiardo
l'altro baronnulla di lui più tardo.

51.
Fu dal guerriero estran nel petto colto
il buon Rinaldo e quasi a terra spinto
ch'era quel forte e valoroso molto
e rade volte avezzo ad esser vinto.
Con la lancia egli a lui percosse il volto
con forza tal che ben l'avrebbe estinto
se di tempra men fina era l'elmetto;
pur di sella lo trasse al suo dispetto.

52.
Subito in piedi lo stranier risorse
d'infinito stupor ingombro e pieno:
ché rade volte caso tal gli occorse
e gli occorse orquando il credette meno.
E 'l forte scudo a l'aversario porse
dicendo: "Orcavalieruscito a pieno
son da l'obligo mio; tu con la spada
se pur la vòiguadagnar déi la strada".

53 Isolier che mostrarsi al paragone
degno compagno di Rinaldo ha spene
disse a lui volto: "A me questa tenzone
ed il francarvi il passo or s'appertiene:
in imprese maggior voi mio campione
sarete". E così detto a terra viene
e s'incomincia il periglioso assalto
ed a girare il ferro or basso or alto.

54.
Ambo sanno ferirsanno pararsi;
ambo han possenti membraardito core;
ambo spingere inanziambo ritrarsi
san quando è d'uopoe dar luogo al furore;
tal ch'or con pieni colpiora con scarsi
senza vantaggio alcun pugnar due ore.
Qui si comincia a rivoltar la sorte
ed appar Isolier più destro e forte.

55.
L'audace Ispanch'avere il meglio scorge
di questa pugnal'animo rinfranca
e tanto in lui la forza accresce e sorge
quanto dechina nel nemico e manca;
tal che sì gravi colpi a l'altro porge
e sì lo premelo raggira e stanca
ch'egli la strada loro a forza cesse
come che regger più non si potesse.






CANTO TERZO


1.
Poi che partir l'Ispano e 'l buon Rinaldo
onde già vinto avean l'estran guerriero
l'estrancui 'l genitor nomò Ransaldo
e poi cognominar gli effetti il Fiero
per molte partior al lucente e caldo
ciel giro errandoor a l'algente e nero
né giamai ritrovar ventura alcuna
nel chiaro giorno o ne la notte bruna.

2.
Scontrano al fin un dì (la manca sponda
calcando ch'a la Senna il corso affrena)
un cavalierche l'arme sue circonda
con sopravesta d'or trapunta e piena
cui ne lo scudo la maritim'onda
mostra il mezzo più bel de la Sirena:
grande è 'l guerriero e di robuste membra
e tutto nerbo ed osso in vista sembra.

3.
Questiscorto Rinaldo: "Ah! pur t'ho giunto
grida malvagio cavalier villano".
Fu ciò dire e ferir tutto in un punto:
grave il ferir con l'una e l'altra mano.
Raddoppia il colpoe ne la tempia a punto
il garzon cogliee già nol coglie invano:
ché luich'allor di ciò non si guardava
da l'arcionquasi tramortito cava.

4.
Rinaldoch'al colpir doppio e possente
s'era a Baiardo su la groppa steso
risorto su dopoicome si sente
in cotal modo ingiustamente offeso
raggirando il destrier sprona repente
tutto di rabbia e di furore acceso;
sprona il destriero al suo nemico addosso
come verso il cinghial suole il molosso.

5.
Ma quel con un fendente al capo mira
e poi la spada in giù fischiando abbassa;
l'altro il suo buon corsier da parte tira
sì che senza toccarlo il colpo passa;
indi ver' lui velocemente il gira
e sotto gli si caccia e l'urta e squassa;
poifuor tratto il pugnaleil destro fianco
percotendo gli piaga e 'l braccio manco.


6.
Lo stran col pomo de la spada il tocca
ne le tempienel viso e ne la testa
con forza tal ch'a terra ogni altra rocca
avria gittatae lui conquassa e pesta;
e gli trae fuor per l'elmo e da la bocca
sangue e dal naso. Intanto non s'arresta
Rinaldoma col ferro il destro ciglio
di piaga doppia a quel rende vermiglio.

7.
Mentre fan pugna i due guerrieri atroce
atroce pugna ancor fanno i destrieri
e questo a quelloe quello a questo noce
con urticalci e morsi orrendi e feri;
ma Baiardo a la finil più feroce
tra gli animainon solo intra' corsieri
manda con l'urto sol l'altro sossopra
e sotto va 'l signorresta egli sopra.

8.
Sopra resta il destriersotto 'l signore
con la diritta gamba e 'l dritto braccio;
opra egli per levarsi arte e vigore
né puote uscir però da quello impaccio.
Intanto il sangueda le vene fuore
fuggendoreso omai l'avria di giaccio;
ma Rinaldo gentil non men che forte
non soffrì che 'n tal modo ei gisse a morte.

9.
Smonta il barone e lo disgravae ancora
con mano il leva ond'egli steso giace;
poi si ritira indietroe gli dice: "Ora
finiam la guerrase così ti piace".
Quegli che 'n stato tal si trova allora
che bramar dee più ch'il pugnar la pace
con atto umile il capo a lui chinando
gli porse per lo pomo il forte brando.

10.
E gli dice: "Guerriermi chiamo vinto
non men che di valordi cortesia:
ché già sarei miseramente estinto
se non m'aitava tua bontà natia;
e credo che l'altr'ier tu fussi spinto
d'altra cagionee non da villania
a farmi quanto allor tu mi facesti
quando i nostri cavalli ambo uccidesti".

11.
A tai voci le ciglia il giovinetto
per meraviglia inarcae dice poi:
Non fu 'l mio onor mai sì da me negletto,
che 'l ferro oprassi contra i destrier tuoi,
perché d'ogni guerriero è 'ndegno effetto
piagar cavalli de' nemici suoi;
né mai t'offesi ancor (s'io non vaneggio)
né mai visto altra volta aver ti creggio.

12.
Questo sentendo lo stranier barone
per maraviglia anch'egli immoto resta;
e intentamente il buon figliol d'Amone
prende a mirar dal piè sino a la testa.
Tutto con gli occhi il cercae la cagione
de l'error chiara scorge e manifesta:
scorge lo scudoov'è dipinto Amore
esser stato cagion di questo errore.

13.
Onde dice: "Signoreun cavaliero
tanto villan quanto tu sei cortese
ch'anco ei ne va di quell'insegna altero
ch'adorna tefu quel che già m'offese;
ed iocui l'ira e 'l giusto sdegno e fero
il distinguer da l'un l'altro contese
da lo scudo ingannato al primo sguardo
a ferirti non fui pigro né tardo".

14.
Voleva oltre seguiree 'l tutto dirgli
di quel villan guerriero a parte a parte;
ma Rinaldo che vede il sangue uscirgli
in molta copia da più d'una parte
volpria che segua il resto a discoprirgli
ch'Isolierche sapea la medica arte
la qual già tra guerrieri in pregio fue
la cura prenda de le piaghe sue.

15.
Poi che d'ogni sua piaga ei fu curato
così ragiona il cavaliero estrano:
Io me 'n venia là donde assediato
si tien da Carlo il popolo africano,
ne l'orride Alpi a pena avea passato,
che donzella trovai d'aspetto umano,
da cui pregato fui ch'io la menassi
al suo castel, ch'in riva a Senna stassi.

16.
Io gliel promisi, e di più ancor m'offersi
d'assicurarli in ogni parte il calle:
così insieme n'andiam, luoghi diversi
lasciandoci ad ognor dopo le spalle,
ove per lei fatiche aspre soffersi.
Giungiamo al fine un giorno in una valle:
quivi scontriamo un cavalier feroce,
il qual mi disse con superba voce:

17.
Dammi tostoguerrierquesta donzella
né punto replicare a quel ch'io chieggio:
perché poscia non sol perderai quella
ma t'avverràse son qual fuivia peggio.
Dama sì vagasì leggiadra e bella
a te non si convienper quel ch'io veggio.
Quanto essa è bellaed io gagliardo sono;
tu per lei sembri inutile e non buono."

18.
All'altero parlar di quel superbo
diedi io risposta qual si convenia
dicendo: "Con la lancia or mi riserbo
a provar quale in te la forza sia:
ben crederò che la possanza e 'l nerbo
risponder deggia a la tua cortesia."
Che più parole? Al fine si viene a giostra
e ognun di noi la sua virtù qui mostra.

19.
Il primo incontroancorché fero e greve
nullo trasse di noi fuor del cavallo;
ben nel petto colui piaga riceve
che 'l rosso aggiunge al color verde e giallo.
Eglich'a ciò conosce che non leve
il vincer foraaccorto del suo fallo
ver' me tornando con l'intera lancia
passò scortese al mio destrier la pancia.

20.
Poi sotto la donzella il palafreno
uccide ancora in un medesmo punto
e veloce se 'n vasì che 'l baleno
e 'l vento a pena ancor l'avrebbe giunto.
A piedi io resto di stupor ripieno
e d'ira insieme e di dolor compunto;
e come accompagnata ebbi colei
in cercar lui rivolsi i passi miei.

21.
Cinque volte ha la notte il suo stellato
manto disteso per lo cielo intorno
ed altretante Febo a noi recato
ha nel candido seno il lieto giorno
da ch'io cotale inchiesta ho cominciato
per vendicarmi de l'avuto scorno;
né ritrovar di lui vestigi od orme
ho mai potutoo pur chi me n'informe".

22.
Ciò sentendo Rinaldoallor s'avisa
che questi il cavalier vada cercando
che di verde e di giallo ha la divisa
cui lo scudo d'amor tolse ei giostrando:
onde per lui gradirnarra in qual guisa
ebbe lo scudoed in che luogo e quando.
Del campo chiede poi novella alcuna
e come affliga i Saracin Fortuna:

23.
E come eiche guerrier d'alto valore
gli sembra in vista ed a le fatte prove
dal campo si dipartaove 'l suo onore
molto più chiaro far potria ch'altrove.
E quegli a lui: "Di questo dubbio fuore
trarrottie la cagion ch'a ciò mi move
pienamente dirò; ma pria ti piaccia
ch'a la prima dimanda io soddisfaccia.

24.
Tien Carlo la campagna in suo domino
e le strade del mar liquidee 'l lito;
ne' forti luochi il campo saracino
si sta dentro rinchiuso e mal munito
né soccorso si trova alcun vicino
che far lo possa in tal periglio ardito;
e scorgeomai giunto a l'estrema sorte
in faccia orrenda la futura morte.

25.
Di Garba intanto il rech'è Sobrin detto
e d'Arzila il signoreil crudo Atlante
de' Mori scudo son: quegli perfetto
cavalierquesti orribile gigante;
fra' paladin d'Orlando il giovanetto
null'è che più in valor si pregi e vante
sì ch'al suo nome il campo avverso trema;
né meno Atlante e 'l buon Sobrin n'han tema.

26.
Or se tu di sapere hai pur desio
dal campo qual cagion lunge mi mova
ove assai più ch'in Francia il valor mio
potrei mostrar con apparente prova
convien che d'alto ora cominci; e ch'io
cosa d'un re ti narri estrana e nova
d'un re che m'ha mandato al magno Carlo
e questi è 'l mio signordi ch'io ti parlo.

27.
Francardoche nell'Asia il regno altero
tien dell'Armenia ed altri a quel vicini
di cui non vede il sol miglior guerriero
tra quanto chiudon d'Asia i gran confini
(fuor che Mambrinoil suo cugincui diero
sovr'umano valor numi divini)
garzone essendode l'amor s'accese
d'una nobil princessa alta e cortese.

28.
S'accese de l'amor di Clarinea
del gran re degli Assiri unica figlia;
costei ch'alta prudenza e senno avea
oltre ch'era poi bella a maraviglia
e di Francardo il merto a pien scorgea
gli mostrava ad ogn'or tranquille ciglia
e co' casti favori a poco a poco
in lui maggior rendea d'amore il foco.

29.
Il giovinche si vede esser sì caro
a la sua donnaal suo sommo diletto
e ch'essa l'ama di sua vita a paro
come si scorge agli occhi ed a l'aspetto
tanto mostrarle più brama alcun raro
e de l'alto amor suo condegno effetto
e pensa pur con qual più chiaro segno
le dia del suo voler sicuro pegno.

30.
Al finper lei gradireun dì le giura
d'andar per l'Asia con proposta tale
che giamai donna non formò Natura
a lei di grazia e di bellezza eguale;
né 'l corpo pria sgravar de l'armatura
che in ogni terraogni città reale
ed in ogni altro luogo ov'egli vada
abbia ciò mantenuto a lancia e spada.

31.
Con tal proposta il mio signor Francardo
si mise a gir per l'Asia intorno errando
e vinse DuliconTisbo ed Algardo
feri gigantie 'l re di Tiro Olbrando
e qual altro più forte era e gagliardo
e sapea meglio oprar la lancia e 'l brando.
Vinse anco in Babilonia anzi il Soldano
un mezzo pardo e mezzo corpo umano.

32.
Già vincitor altier se 'n ritornava
d'ostili spoglie adorno e glorioso
quand'egli a caso udì che si trovava
un tempio in India allor meraviglioso.
Tempio della Beltà quel si nomava
perché di bei ritratti era pomposo:
quivi eran pinte le più vaghe e belle
che furo o sono o fian donne e donzelle.

33.
Vi sono cinque o sei le più pregiate
d'ogni secol dipintee propio quali
le formarà Natura o l'ha formate:
perciò che non son quelle opre mortali
ma già magoil miglior de la su' etate
che fea gli effetti al gran sapere eguali
v'adoprò gli rei spirtie mostruose
orrende fere in guardia poi vi pose.

34.
E nissun può veder quel ch'entro serra
il ricco tempio in sé di vago e bello
se con due belve pria non viene a guerra
e non le vince in singolar duello.
Ma non produsse mostro unqua la terra
e sia pur dispietatoatroce e fello
che movere a terror Francardo possa;
ed a l'ardire in lui pari è la possa.

35.
Questidi tempio tal la fama udendo
girne a vederlo si dispose al tutto
né temeva il ferino impeto orrendo
ch'altrui spesso recò di morte lutto;
ma tra sé nel pensier gia disponendo
d'eguare al basso suol quel tempio tutto
s'ivi non erae nel più degno loco
lei che è cagion del suo vivace foco.

36.
Al tempio giuntoi guardiani uccise
e l'entrata per forza egli s'aprio;
indi a mirar il bel lavor si mise
il già fatto pensier posto in oblio:
ché quella vista allor da lui divise
il primiero amoroso suo desio.
Tanta quivi s'unia grazia e bellezza
che poco Clarinea più cura e prezza.

37.
Ancor ch'in Clarinea Natura accolti
aggia bei doni e doti illustri e rare
tanti ivi son sì ben formati volti
che vaga piùné bella essa gli pare.
Quel di colei non v'è tra' varii e molti
che si veggiono il tempio intorno ornare
e più d'un altro ancor leggiadro e vago
non stimò degno di tal luogo il mago.

38.
Sotto i vaghi ritratti in lettre d'oro
la patriail nome e 'l sangue è dichiarato
e quando dee de le bellezze loro
la terra adorna far cortese fato;
ma fra quante seransono o pur foro
donne giamai di vago aspetto e grato
una che sotto avea Clarice scritto
ha 'l cor del mio signore arso e trafitto.

39.
O fosse suo destinoo perciò ch'ella
vive ed è di su' età nel primo fiore
sì che puote sperar di possedella
(ché da la speme in noi nasce l'amore)
o che vincesse l'altre in esser bella
per lei solo arse d'amoroso ardore.
L'altre ben pregia sì molto ed ammira
ma per lei solamente arde e sospira.

40.
Torre ei l'imagin volse che sospesa
era presso l'altar gemmato e sacro
ove in chiaro cristal lampade accesa
fêa lume di Ciprigna al simulacro;
ma fu sua cura in ciò fallace resa
dal mirabil saper del morto Anacro
che così nome avea quel negromante
Zoroastro novelnovello Atlante.

41.
Sì che vedendo vana ogni fatica
pur riuscirsie vano ogni disegno
indi ritrar fé la sua cara amica
in cartain telain bronzoin marmo e 'n legno:
gli artefici fur tai ch'oggi a fatica
altri si troveria di lor più degno
ed opra fé ciascun che viva sembra
a l'ariaagli attial garbo de le membra.

42.
Con quei cari ritratti egli a se stesso
fece più giorni dilettosa froda.
Al fine il crudo Amor non gli ha concesso
che di sì dolci inganni omai più goda;
ma gli ha fero desio nel petto impresso
nel petto che più sempre arde ed annoda
desio di non fruire il falso e l'ombra
ma 'l vivo e 'l vero che gl'inganni sgombra.

43.
Sì che omai non potendo il suo desire
sofferir piùch'ognor cresce e s'avanza
ha mandato al gran Carlo ad offerire
domar degli Africani ei la possanza
e fargli tosto dall'Europa uscire
elor tor di tornarvi ogni baldanza
s'egli per moglie li darà la bella
Claricech'è del re guascon sorella.

44.
Egli sa ben che sia Clarice suora
d'Ivonch'a la Guascogna il freno impone
e che di quello il magno Carlo ancora
come di re vassallo suodispone:
parte di ciò lesse nel tempio allora
che di novello amor restò prigione
e parte ancor d'un suo baron n'intese
cui ben è noto ogni signor francese.

45.
Se Carlo gliela dà (come si crede
e come in campo chiaro grido suona)
ei le concederà che la sua fede
ritegnise le par verace e buona
e nascendo di loro alcuno erede
a la real d'Armenia alta corona
vol che di Cristo ancora sia quel seguace
com'è ciascun ch'al franco re soggiace.

46.
Io tai condizioni ho già proposto
in nome di Francardo al magno Carlo
né gli ho tenuto il rimanente ascosto:
che s'ei ricusarà di sodisfarlo
ha l'invitto mio sir tra sé disposto
di congiungersi a' Morie di spogliarlo
di quanto tiene; e poi Clarice torsi
mal grado di ciascun che voglia opporsi.

47.
Ma benigna risposta il re m'ha dato
piena di cortesiapiena di spene;
al fin nulla ha concluso e s'è scusato
ché 'l risolvermi a lui non si conviene.
Onde ad Ivone io ne son poscia andato
a cui dispor di ciò più s'appertiene:
rispost'ha quel chepria ch'affermi o nieghi
vol saper se Clarice il cor vi pieghi.

48.
Vol pria che si risolvaesso mi dice
saper qual la sorella aggia pensiero
e qual la lor antiqua genitrice
c'ha sovra lei via più d'ogn'altro impero.
Mi mossi io stesso a ritrovar Clarice
per far quanto conviensi a messagiero;
e quei che 'l re mi diede in compagnia
nel passar l'alpi mi smarrir tra via.

49.
Or questao cavalierè la cagione
che mi trasse dal campo in queste parti
e diedi alto principio al mio sermone
perciò ch'in tutto a pien bramo appagarti;
e perch'ancor venendo occasione
(se vali in ciò) possi con quella oprarti
sì che non sdegni in Asia esser reina
né tiri Francia a l'ultima ruina".

50.
Mentre parlava il cavalier pagano
d'ira Rinaldo ardeva e di dispetto
e du' o tre volte a farli un fero e strano
gioco fu quasi da lo sdegno astretto.
Poi che si tacquedisse: "Ahi! quanto insano
e cieco il tuo signore ha l'intelletto
se pur si crede con sua spada e lancia
porre spavento ai cavalier di Francia.

51.
Venga oltre pur con le sue genti indotte
vili e poco atte al bel mistier di Marte
che fian le corna a sua superbia rotte
e l'alto orgoglio suo dómo in gran parte;
ma se dormir non brama eterna notte
ed ha di sana mente alcuna parte
tra noi moglie giamai più non ricerchi
né la sua morte con minacce or merchi".

52.
Così dettoda quel commiato prende
col cavaliero ispan in compagnia
il qual di gir con lui tanto contende
ch'ei gli concede quel che men desia:
tacito vanne e l'aria intorno accende
di cheto foco che del petto uscia
di cheto foco ne' sospiri accolto
che muti uscian dal cor tra pene involto.

53.
Volve e rivolve quanto dianzi gli have
de la Sirena il cavalier narrato;
e gli apre in questa Amor con dura chiave
a pensier varii il core arso e piagato;
desira e sperae 'n un dubbioso pave
da varii affetti afflitto e conturbato
ed ora quello a questoor questo a quello
cedee fan nel suo petto aspro duello.

54.
Non quando avien che ne l'aereo regno
aspro furore i venti a pugna tiri
e 'n dubbio stato a l'inimico sdegno
or l'uno cedaor l'altro e si ritiri
gira intorno sì spesso il mobil segno
che d'alto mostra a noi qual aura spiri;
come a diversi affetti egli sovente
raggira e piega l'agitata mente.

55.
Con occhi chini e ciglia immote e basse
gran pezzo andò 'l garzon poco giocondo
sin che trovò per via cosa che 'l trasse
e lo destò da quel pensier profondo
e fé che gli occhi a rimirar alzasse
spettacol vagoa pochi altri secondo:
due feroci guerrier d'arme guarniti
che dotta mano in bronzo avea scolpiti.

56.
Sta l'uno contra l'altro a dirimpetto
in vista alteraaudace e minacciosa;
tengon con l'una man lo scudo stretto
e l'altra in resta pon lancia nerbosa;
di ferro ella non èma del perfetto
mastro è pur opracome ogni altra cosa;
lor per mezzo attraversa un breve motto
l'un "Tristan" dicee l'altro "Lancillotto".

57.
Spiran vive dal lucido metallo
le faccie ove il valor scolpito siede;
annitrir sotto loro ogni cavallo
direstie che co' piè la terra fiede.
Indidiscosto poi breve intervallo
ampio e vago pilastro alzar si vede
ove ne' bianchi e ben politi marmi
son scritti in note d'oro alquanti carmi.

58.
Mira Rinaldo la bella oprae 'n tanto
novo ed alto stupore il cor gli assale:
l'opra ch'a l'altre toglie il pregio e 'l vanto
cui Fidia alcuna mai non fece eguale
o il mio Danesech'a lui sovra or tanto
s'ergequanto egli sovra gli altri sale;
indi risguarda il marmo in terra fitto
e vede che così dicea lo scritto:

59.
Qui già il gran Lancillotto e 'l gran Tristano
fêr parangon de le lor forze estreme;
quest'aere, questo fiume e questo piano
de' lor gran colpi ancor rimbomba e geme.
Questi guerrier che da maestra mano
impressi in bronzo qui veggonsi insieme,
sono i ritratti lor: tali essi furo
quando fêro il duello orrendo e duro.

60.
Queste le lancie fur, ch'a scontro acerbo
reggendo, sì restar salde ed intere,
perciò che tutte son d'osso e di nerbo
d'alcune strane incognosciute fere.
Io per due cavalier qui le riserbo,
ch'abbin più di costor forza e potere.
Chi non fia tale, altrui lassi la prova,
ché nulla in van l'aventurarsi giova.

61.
Il paladinche già più volte avea
di tal ventura l'alta fama udito
disse a l'ispanche nulla ne sapea
e stava tutto stupido e smarito
che 'l gran mago Merlinche sol potea
tai cose farcoloro avea scolpito
e fatte ancor le strane lanciee poi
datele in dono a' due famosi eroi.

62.
Ma che le pose quimorti i guerrieri
u' da lui posti anco i ritratti foro
fin ch'altri duo via più ne l'arme feri
venghino a trarle da le man costoro.
Ciò sentendo l'Ispanche tra gli altieri
portava il vantodisse: "Or forse soro
ti parerò più che parer non soglio;
pur sì strana ventura io tentar voglio".

63.
Così detto la man bramosa stende
e di Tristan la grossa lancia afferra;
ma 'l suo desir la statua a lui contende
e col calcio di quella il caccia a terra.
Oh quante cose orribili e stupende
fece in Francia Merlino e in Inghilterra
ch'ecceddeno del vero ogni credenza
e di sogni e di fole hanno apparenza!

64.
Ponvi Rinaldo anch'ei tosto la mano
con somma forza e con dubbiosa mente:
china 'l capo la statua di Tristano
e 'l pugno aprendol'asta a lui consente:
l'astada molti già tirata in vano
ora concede al cavalier possente.
Egli s'inchinaché 'l suo gran valore
fu di quel di Rinaldo assai minore.

65.
Simplice infante non sì lieto coglie
dal suo natio rampollo il frutto caro
né lieto sìné con sì ingorde voglie
prende ricco tesor povero avaro
come ei con pronte brame allegro toglie
la grave antenna ch'altri in van bramaro;
ma perché il più fermarsi a lor non giova
se 'n vanno a ritrovar ventura nova.

CANTO QUARTO


1.
Mentre di Senna la superba sponda
premendo van Rinaldo ed Isoliero
veggion là donde al mar la rapida onda
porta dal natio fonte il fiume altero
barca venir con lieta aura seconda
solcando il molle e liquido sentiero
di fior e frondi e d'aurei panni ornata
e la vela d'argento al ciel spiegata.

2.
Quivi vaghe donzelle ai dolci accenti
con mastra e dotta man rendon concorde
il chiaro suon de' musici stromenti
toccando a tempo le sonore corde.
Molce l'alta armonia gli irati venti
e 'l lor corso raffrena a l'acque sorde
e tragge fuor da le stagnanti linfe
guizzanti pesci e lascivette ninfe.

3.
Vien dirimpetto al bel legno reale
per l'onde noma per l'erbose rive
con strana pompa un carro trionfale
portando un coro di terrestri dive.
Ha l'asse auratoe varia orientale
gemma indi sparge fiamme ardenti e vive;
ha le rote anco auratee 'n varii modi
distinte poi d'argentee lame e chiodi.

4.
La somma parte del bel carro intorno
purpura copre a vaghi fior contesta
cui fregia e parte un bel ricamo adorno
di perle sparse a guisa di tempesta.
Bianco elefanteche farebbe scorno
de l'Apennino a la nevosa testa
de' seggi è la materiae poi va l'opra
a l'eletta materia assai di sopra.

5.
Diece gran cervi c'han candido il netto
peloe dipinte le ramose corna
cu' il collo cerchio d'or lucido e schietto
e freno d'auro ancor la bocca adorna
scorti da donne avezze al degno effetto
tirano il carro dov'Amor soggiorna;
e vanno intorno a quel cento guerrieri
di bei cavalli e di ricche arme alteri.

6.
Sorge in mezzo del carro un'alta sede
fra molte altre più basse e meno ornate:
ivi dama real posar si vede
piena di riverenza e maestate
che nel pensoso e grave aspetto eccede
le più vezzose in grazia ed in beltate;
le fan poscia sedendo un cerchio altero
donzelle vaghe oltre ogni uman pensiero.

7.
Tal nel seren d'estiva notte suole
per le strade del cielo aperte e belle
sul carro gir la suora alma del sole
intorno cinta di lucenti stelle;
tal Tetide menar dolci carole
con le sue ninfe leggiadrette e snelle
tirata da' delfin per l'ampio mare
quando son l'onde più tranquille e chiare.

8.
L'alta beltà che ne' leggiadri aspetti
tra lor diversi era con grazia unita
piagato avria quai son più duri petti
di soave d'amore aspra ferita
e mosso a dolci ed amorosi affetti
gli orridi monti del gelato Scita:
che meraviglia è pois'ad or ad ora
ogni spirto gentil se n'innamora?

9.
Tudel vicino fiume umido dio
sentisti ancora l'amoroso foco
che da gli occhi lucenti ardendo uscio
e 'l tuo freddo liquore a quel fu poco:
ché 'l grand'ardor sotto l'ondoso rio
s'andò sempre avanzando a poco a poco
come infocato acciar che più s'accende
se l'acqua a stille in lui gocciando scende.

10.
Ma del fervente ed amoroso caldo
provò la forza e 'l subito furore
via più che ciascun altro il buon Rinaldo
già prima servo del tiranno Amore.
Sta tutto immotoe sol non puogli saldo
restar nel petto il palpitante core
che de la donna sua volar nel seno
vorrebbe o pur nel volto almo e sereno.

11.
Sedeva con l'illustre alta mogliera
del re de' FranchiGalerana detta
in quella degna ed onorata schiera
la donzella da lui tanto diletta
ch'a diporto se 'n gia per la riviera
ch'i risguardanti a sé leggiadra alletta:
ond'egliquella a l'improviso scorta
nova fiamma sentio ne l'alma sorta.

12.
E mentre il caro e fiammeggiante viso
di dolce ardor ch'al ciel gli animi tira
con le ciglia e con gli occhi immoto e fiso
e co' pronti desir guardando ammira
e da diversi affetti entro conquiso
or quinci or quindi il pensier vago gira
quel gli sovvien che di Clarice udito
pur dianzi avea dal cavalier ferito.

13.
Qui si ferma eglie 'l non leggier sospetto
da l'amata beltate in lui s'avanza
e ricercando in ogni parte il petto
quasi tutto se 'l fa sua preda e stanza;
né men dal duolo è oppresso ogni diletto
in luiche dal timor sia la speranza;
e come dentro si conturba fuora
sospiraduolsi e si lamenta ancora;

14.
e dice: "Lasso! dunque altrui pur fia
questa bellezzain cui mio cuore alberga?
Rimarrà senza lei la vita mia
qual privata di fronde arida verga?
Ahicrude stelleahisorte iniqua e ria
quando serà che fuor del duolo emerga
s'altri d'ogni mio bend'ogni mia gioia
godrassioh quando almen serà ch'io moia?

15.
Morir conviemmiché la morte è vita
a chi vivendo muor negli aspri affanni
e se la doglia in ciò non dammi aita
la doglia nata da gravosi danni
quello farà questa mia mano ardita
ch'avrian girando ancor poi fatto gli anni;
morir conviemmie con la vita insieme
sveller di miei martiri il fertil seme".

16.
Poi si ripentee dice: "Io dunque deggio
morir s'altro rimedio ha 'l mio tormento?
Comecome meschino erro e vaneggio
come ho de la ragione il lume spento?
Che mi può de la morte avvenir peggio
s'ella non sol non mi farà contento
ma tutta mi torrà quella speranza
che di fruire il mio bel sol m'avanza?

17.
Se non m'ha la Fortuna imperio o regno
o gemme ed or con larga man donato
onde ad alcun parrò di quella indegno
sendo sì diseguale il nostro stato
tolto non m'ha che con valore e ingegno
venir non possa al fin tanto bramato:
dunque colui ch'è del mio mal radice
morama pria divenga mia Clarice.

18.
Comeucciso il paganpresa costei
avròchi serà mai che mi divieti
che seco i santi e liciti imenei
non celebri co' modi or consueti?
e nel suo casto seno i desir miei
felice non appaghi e non acqueti?"
Tal pensier fattoad Isolier l'accenna
ed indi arresta l'acquistata antenna.

19.
Giunto ove i cavalier fanno corona
al ricco carro in bella schiera uniti
con altero sembiante a lor ragiona
e gli sfida a giostrar con detti arditi.
Il maganzese Orennato in Baiona
allor sentendo i perigliosi inviti
ad Alda diceond'ha piagato il petto:
Di darvi costui preso or vi prometto.

20 Già movono a gran corso ambo il cavallo
da questa l'unl'altro da quella parte;
nissun pose di lor la lancia in fallo
ma differenti fur di forza e d'arte:
ché la lancia d'Oren per lo metallo
sfuggendopunto non l'afferra o parte
e lasciandolo intierdi novo ancora
intera torna a ferir l'aria e l'ora.

21.
Ma quella poi che 'l giovinetto impugna
lo scudo apre per mezzo al maganzese
lo scudo che già prima in ogni pugna
da ciascun colpo ostil colui difese.
Né men la tiench'al vivo ella non giugna
il ben temprato adamantino arnese
onde con novae via più cruda piaga
de la prima amorosail cor gli impiaga.

22.
Destò l'atroce colpo alto spavento
in tuttie 'n te rabbioso sdegno
o superbo Aridanvedendo spento
il tuo figliuoloil tuo più caro pegno:
onde a chi ferì luiratto qual vento
corresti incontro col ferrato legno
ma stordito e tremante al pian cadesti
e danno a dannoad onta onta aggiungesti.

23.
Rinaldo l'asta ancor salda ed intera
di novo arresta e nell'arcion si stringe;
ma verso lui da la contraria schiera
l'orgoglioso Galven presto si spinge
il qual così gli parla in voce altera
mentre vittoria in van s'augura e finge:
Al primo colpo avrà di questa giostra
or certo fine la battaglia nostra.

24.
Così quel dissee poi seguì l'effetto
quanto conforme al dirtanto al pensiero
contrario: chépercosso in mezzo 'l petto
perdé la guerra al colpeggiar primiero.
Allor Rinaldo in sé raccolto e stretto
spinse contra degli altri il suo destriero
e ne la torma si cacciò più folta
l'aspro tronco fatal girando in volta.

25.
Nel furor primo tre n'abbattee sei
n'impiagae quattro d'ogni senso priva.
Misero chi veloce i colpi rei
lor sottraggendo il corponon ischiva;
ché mai non fece il vostro fabroo dei
per la gente troiana o per l'argiva
scudo sì forteelmo sì finche saldo
stesse al lungo colpir del gran Rinaldo.

26.
Isolierche la pugna accesa scorge
e Marte errar con faccia orrida e mesta
ne l'usato ardir suo tosto risorge
e i bellici furor nel petto desta;
indi la mano a un grosso cerro porge
e con sommo vigor lo pone in resta;
s'addatta in sella e 'l corridore sprona
e le redine al collo gli abbandona.

27.
Fra gli altri adocchia il vercellese Arnanco
ch'allor di due gran colpi avea percossa
a Rinaldo la fronte e 'l braccio manco
e 'l fiede tuttavia con maggior possa.
Avea questi il vestir candido e bianco
ma v'aggiunse Isolier la sbarra rossa
ché 'l sangue uscendo con purpurea riga
dal petto fuor le lucide arme irriga.

28.
Quinci oltra passae mentre il fero Ernando
inalza il braccio contra 'l novo Marte
gli ficca ne l'ascella il crudo brando
e tra' nerbi la via dritta si parte.
Quel col braccio sospeso in aria stando
né lo movendo a questa o a quella parte
ché da la spada ciò gli era conteso
voto sembrava in sacro tempio appeso.

29.
Ben che i duo valorosi alti compagni
faccian queste e molt'altre eccelse prove
tal che già 'l sangue in tiepidi rigagni
da' corpi ostili al suol discende e piove;
pur spesso avvien ch'ognun di lor si lagni
sotto la spada che 'l nemico move;
e se la carne ben non han piagata
han peste l'ossae quella nera e 'nfiata.

30.
Come allor che ne l'arsa ed arenosa
Libia stuol di pastori e di molossi
viene a battaglia orrenda e sanguinosa
con due leon da fame a predar mossi
si duol la greggia timida e dubbiosa
tra pastoral ripari e brevi fossi
né sa fuggir né starché la paura
di fuggir o di star non l'assicura;

31.
così dipinte di color di morte
tristisospese e sbigottite stanno
le belle donnee ne le faccie smorte
gli interni affetti loro espressi elle hanno;
ecome varia del pugnar la sorte
varia la tema in lorvaria l'affanno;
e come varia il duolvaria il timore
dipinge il volto ancor vario colore.

32.
Mentre dura la pugna in tale stato
né a questi più ch'a quei fortuna arride
un cavalier là sotto l'Orsa nato
dove i nevosi campi il Ren divide
una asta afferra e di gittar su 'l prato
con quella il paladin par che si fide.
Né tal pensiero ancor chiuso egli tiene
ma con tai detti ad incontrar lo viene:

33.
Or qui vedrai di tue vittorie il fine,
e di tua vita insieme, ora, infelice,
ti sovrastan quell'ultime ruine,
a cui sottrarti mai più non ti lice.
Mentre ignaro di ciò che 'l ciel destine
così diceva ancorla lancia ultrice
Rinaldo per la bocca entro gli mise
e la lingua e 'l parlar per mezzo incise.

34.
Quegli al grave colpir sovra 'l sentiero
accennò di caderee lo facea
se no 'l ritenea Fausto in sul destriero
ch'infausta pugna con l'Ispano avea;
ma questi ebbe al ben far merito fiero
perché 'l pietoso braccioonde reggea
l'amico suogli fu d'un colpo tronco;
ed ei ne visse poi stroppiato e monco.

35.
Non perciò impune il cavaliero ispano
se 'n gio d'avergli tronco il braccio manco
ché quelcome uom che di valor sovrano
era e di cor più sempre ardito e franco
feroce gli piagò la destra mano
ed ancor poima leggiermenteil fianco;
indi a Rinaldo fe' non lievi offese
che su la sella del corsier lo stese.


36.
Ma mentre il gran figliol del chiaro Amone
per la percossa ria disteso giace
mezzo stordito sul ferrato arcione
e tutta adosso gli è la turba audace
alzando il ferro un cavalier guascone
cerca ferirloe 'l suo fratel Corace
per istrana sciagura in cambio coglie
ministrolasso! de le proprie doglie.

37.
Ché quel meschino a la percossa atroce
ch'a chi drizzata funon fu molesta
cadde languendo con tremante voce
insanguinato il crinrotto la testa.
Rinaldo intanto più che mai feroce
su risalito fulmina e tempesta.
Ben tuFernandoil saima più tuNiso
l'un ferito aspramentee l'altro ucciso.

38.
Come rapido suol pieno torrente
che ruinoso da l'Apennin cada
tanto più gonfio girne e violente
quanto impedita più gli vien la strada
così questo più fero e più possente
tra gli nimici suoi par che se 'n vada;
quanto ei contrasti in lor trova più fermi
ed intoppi maggiormaggiori schermi.

39.
Ma già del suo colpir grave ed orrendo
è l'avverso drappello esterrefatto
e con la speme di vittoria avendo
perduto il corfugge veloce e ratto;
ed a Rinaldo il gran furor tremendo
fugge da l'alma in un medesmo tratto
c'ha 'l furor dal pugnar sol nutrimento
in nobile alma; equel finitoè spento.

40.
Egliche già costoro a tutto corso
sparsi vede fuggir per la campagna
così la temaond'hanno il petto morso
gli sollicita sempre e gli accompagna
del veloce destrier ritiene il morso
ed u' la schiera feminil si lagna
palida i voltii cuor mesta e tremante
si volse in lieto e placido sembiante.

41.
Giunto a la bella e nobil compagnia
le fa cortese e riverente inchino
né men che prima forte apparso ei sia
cortese or si dimostra il paladino:
perch'adorna 'l valor da cortesia
come da fregio d'or perla o rubino.
A Galerana poifisso converse
le lucia voci tai le labra aperse:

42.
Alta reina, a lo cui scettro altero
lieto soggiace il gallo almo paese,
quanto mi duol, che dov'è 'l mio pensiero
e le mie voglie ad onorarti intese,
ora mi sforzi Amor con duro impero
ch'io villan mi ti mostri e discortese,
de l'alte dame ch'or se 'n vanno teco,
una menando in altra parte meco!

43.
Ma quel che sotto sopra ha spesso volto
l'alme più saggie e le più ferme menti,
il mio volere e 'l disvoler m'ha tolto,
né convien già ch'a lui d'oppormi tenti:
questo iscusi appo te l'error mio stolto,
ch'è lieve error tra l'amorose genti,
ch'io poscia ognor per discolparmi in parte
serò pronto a servirti in ogni parte.

44.
Così disse egli; e poi dal carro tolse
Clariceche sorgiunta a l'improviso
restò stupida e immotae le s'accolse
il sangue al corlasciando smorto il viso.
Ben la reina a questo oppor si volse
ma vano al fin riuscille ogni su' aviso:
ch'a lasciar la donzella ei non piegosse
benché pregato e minacciato fosse.

45.
Anzi sovra un destrier tosto la pose
ch'avea l'andare accomodato e piano
e di quinci partir poi si dispose
e girne in luogo incognito e lontano.
Umida i gigli e le vermiglie rose
del voltoe gli occhi bei volgendo al piano
gli occhi onde in perle accolto il pianto uscia
la giovinetta il cavalier seguia.

46.
Il guerrierche nel viso aperti segni
scorge del duol ch'entro la dama accora
e che di lei paventa i feri sdegni
tra sé si duole e si lamenta ancora;
e perché di venir seco non sdegni
e sgombri quel martir del petto fuora
con dolci modi a lei cortese parla
e sol con umiltà tenta placarla.

47.
E gli dice: "Signoraonde vi viene
sì spietato martirsì grave affanno?
Perché le luci angeliche e serene
ricopre de la doglia oscuro panno?
Forse fia l'util vostro e 'l vostro bene
quel ch'or vi sembra insopportabil danno.
Deh! per Diorasciugate il caldo pianto
e 'l soverchio dolor temprate alquanto.

48.
Ché già non vi meno io per oltraggiarvi
(ahi! più tosto il terren s'apra e m'ingoi
che picciola cagion deggia mai darvi
ch'i begli occhi vi turbi e 'l cor v'annoi):
anzi potete ben sicura starvi
che 'l mio voler dependerà da voi;
e che cosa io giamai voler potrei
che non piacesse al sol degli occhi miei?"

49.
Indi soggiunse ch'egli lei rapito
non avea già qual folle e qual leggiero
né guidato da van cieco appetito
ma da prudenza e da giudicio intero.
E quanto avea da quel pagano udito
conto le fe'molto accrescendo il vero;
ultimamente poi le disse il nome
e scoperse il bel volto e l'auree chiome.

50.
Come allor che tra nubi i rai lucenti
mostran di Leda i figliamiche stelle
si quetan l'onde irate e violenti
e le dianzi crucciose attre procelle
così al vago apparir degli occhi ardenti
ond'usciro d'amor vive facelle
il mar del duolo e i venti del timore
si tranquillar nel tempestoso core.

51.
La giovinetta il su' amador rimira
soavemente e con pudico affetto
ed egli in lei gli occhi bramosi gira
or nel bel voltoor ne l'eburneo petto;
e fatto audace e baldanzoso aspira
di pervenire a l'ultimo diletto;
né meraviglia è s'eiper gli anni caldo
nel suo casto pensier non riman saldo.

52.
Ma mentre ei pensa come dare e dove
fine al desio che tanto ha già sofferto
tutto che 'l calle per ciò far si trove
da lei preciso ed intricato ed erto
veggono un che ver loro i passi move
egli insieme e 'l cavallo a brun coperto
di vista orrendach'un macchiato drago
tien ne lo scudo entro un sanguigno lago.

53.
Costui da lunge alteramente il volto
verso Rinaldo alzando alto favella:
Dove ne vai? dove ne porti, o stolto,
sì nobil preda, sì bramata e bella?
Deh! rendi tosto a me, rendi il mal tolto,
e lascia in mio poter la damigella:
lasciala, dico, omai, se non t'aggrada
provar quanto il mio brando e punga e rada.

54.
Isolierche venia dopo l'amante
buon spazio a dietroa quel parlar superbo
pose la lancia in resta e fessi avante
ma cadde a terra al primo incontro acerbo.
Allor lo strano in via più fier sembiante
disse al figliol d'Amon: "Per te riserbo
altro colpo maggiors'oltra ne vieni
e d'affrontarti meco audacia tieni".

55.
A tai parole il paladindestando
fero sdegno nel corBaiardo mosse;
ma quelnel mezzo il correre inciampando
cadde nel pianoe tardi indi rizzosse.
Ciò non temeva il giovinettoe quando
cadde il cavallosotto lui trovosse;
e ben che metta e forza ed arte in opra
non può levarlo o torselo di sopra.

56.
Cogli spron tenta e con la briglia in vano
perché 'n piedi si drizzi il suo Baiardo
né l'alza o move a questa o a quella mano
con ogni sforzo il paladin gagliardo:
di ch'eglifatto per la rabbia insano
omai lo batte senz'alcun risguardo;
ma quelliquasi grave inutil peso
se 'n giace oltre il suo stil per terra steso.

57.
Mentre Rinaldo ancor vaneggia ed erra
lo stranier con la lancia il terren fiede
ed ecco che quel s'apre e si disserra
sì che fino al suo fondo in giù si vede.
Con spaventoso suon s'apre la terra
ch'al forte incanto la natura cede
e fuor (novo miracolo tremendo!)
n'esce tostosbalzandoun carro orrendo.

58.
Tirano il carro quattro alti destrieri
tinti la bocca di sanguigna spuma
più de la notte istessa oscuri e neri
cui da le nari il foco accolto fuma
cui similmente i torvi occhi severi
di furor fiamma orribilmente alluma
che col rauco annitrircol fero suono
de' piediimitan la saetta e 'l tuono.

59.
Pose su questa orribile quadriga
l'incognito guerrier la donzelletta
pallida e tramortitae poscia auriga
egli medesmo fu de la carretta.
Isoliervago ancor di nova briga
rimonta in sella e gli va dietro in fretta
ma sì veloci van l'accese rote
che con gli occhi seguirlo a pena il puote.

60.
Rinaldo s'ange e di furor s'infiamma
dar non potendo a la sua donna aita
che se ne va qual timidetta damma
ch'aggia il lupo crudel pur mo' rapita.
Misero! in lui non è rimasa dramma
de la gioia ch'avea sommainfinita;
ma fatto omai tutto dolore e rabbia
freme co' denti e morde ambe le labbia.



CANTO QUINTO


1.
Già sparito era 'l carroe nube densa
sparso per l'aria avea d'oscura polve
che più sempre s'ingrossa e si condensa
sì ch'il puro seren del cielo involve
quando alzato il corsier con furia immensa
calci accopiando in giro si rivolve
ed è presto a lo spronpresto a la mano
ché non gli noce più l'incanto strano.

2.
Rinaldo alquanto il cor dal duolo oppresso
sollevapoi che 'n piè risorto il vede
e per lo segno c'han le rote impresso
altamente nel suol lo sprona e fiede;
quel cangia i passi sì veloce e spesso
che non serba il terreno orma del piede
e ne l'aria sospeso augel rassembra
che con l'ali sostenga alto le membra.

3.
Ma fermezza maggior la nube prende
a poco a poco e maggior spazio abbraccia
tal che vista mortal più non s'estende
benché di lince fosseoltra duo braccia.
Intanto pioggia ruinosa scende
e si turba del ciel la vaga faccia.
Il paladin non sa dove si vada
né però punto neghittoso bada.

4.
Ma con giudizio di Baiardo il corso
regge ed indrizza e sempre inanzi passa
lo sprone oprando e rallentando il morso
sì che 'l cavallo respirar non lassa.
Al fineallor che a' suoi corsieri il dorso
Febo disgrava e sotto 'l mar s'abbassa
s'aprì la nube e 'n aria si disperse
ed ei né 'l carro né l'Ispano scerse.

5.
Nulla egli vide se non piante ed ombre
e la Senna ch'altera il suol diparte.
Or chi fia mai che con la penna adombre
e co l'inchiostro pur dissegni in parte
qual varia passion l'animo ingombre
al cavaliero in sì remota parte?
Ciò ben eccede ogni poter mortale:
tu sol seiFeboal gran soggetto eguale.

6.
Fu per uscir di séfu per passarsi
col proprio ferro il tormentato core
fu per morir di duolfu per gittarsi
sì che s'immerganel profondo umore.
Sospiri accesi a stuol per l'aria sparsi
gemiti tratti dal più interno fuore
stridi e querele in lamentevol suono
di quel ch'ei sente i minor segni or sono.

7.
Ma la speranzache non prima manca
in tutto altrui che manchi ancor la vita
benché debole siabenché sia stanca
e quasi oppressa omainon che smarrita
pur quanto può s'inalza e si rinfranca
e gli è contro al dolor schermo ed aita;
e tai cose nel core a lui ragiona
ch'a fatto in preda al duol non s'abbandona.

8.
Ma determina in fin di gir cercando
Clarice bella ovunque Apollo illustri
e quando il verno imbianca i campi e quando
Flora gli orna di rose e di ligustri;
né perché a lui più volte il sol girando
rapporti in sen gli anni fugaci e i lustri
lasciar l'impresase non trova prima
leiche de' suoi pensier si siede in cima.

9.
Ché poi non temese trovar la puote
di non la riaver mal grado altrui
benché quanti guerrier son tra Boote
ed Austro fusser giunti ai danni sui;
ché già gli son l'alte sue forze note
e da l'amor l'ardir s'avanza in lui.
Con tal pensier la via prende a traverso
negli amorosi suoi pensier sommerso.

10.
Così ne va ne le sue cure involto
e se tallor riscontra alcun per via
no 'l mira e non gli parlae quasi tolto
la favella e 'l veder par che gli sia;
ma fisso e intento ne l'amato volto
tutt'altro e insieme sé medesmo oblia;
e se pur scorge alcuna lui novella
richiede sol de la sua donna bella.

11.
Mentre da le sue cure accompagnato
camina purvenir d'appresso sente
voce che sembra d'uom mesto e turbato
che gli fiede l'orrechie in suon dolente.
L'animoso guerrier verso quel lato
sprona l'agil cavallo immantinente
forse anco scorto da speranza vana
che dagli amanti mai non s'allontana;

12.
ed un vago e bellissimo garzone
vide che sotto un pin steso giacea
ed era di sua età ne la stagione
sacra e dicata a la ciprigna dea
quando a sua voglia Amor di noi dispone;
né del fiorir del pelo in lui parea
pur segno alcunma netto e bianco il mento
avea qual terso avorio o puro argento.

13.
Involto in pastoral candida pelle
sparsa di nere macchie egli si stava;
e le chiome qual or lucide e belle
mirto ed alloro in un gli circondava;
i ben formati pièle gambe snelle
sino al ghinocchio ricoprendo ornava
di cuoio azzurroe quel con aurei nodi
era da poi legato in mille modi.

14.
Tal forse Endimione a Cinzia parve
qualor dal primo giro ella discese
di sogni cinta e di notturne larve
e seco l'ore dolcemente spese;
tal fuor de l'ocean sovente apparve
d'un candido splendor le gote accese
la stella cara a l'amorosa diva
che 'l giorno estinto innanzi tempo aviva.

15.
In così dolci modi e sì pietosi
si lamentava il pastorello adorno
ch'avria commossi ancor gli orsi rabbiosi
ove affetto gentil non fa soggiorno.
Avea le guancie e gli occhi rugiadosi
gli occhi ch'apriano quasi un novo giorno;
e co' caldi sospir l'aria accendea
che dal profondo del suo cor traea.

16.
Lasso!dicea "perché venistiAmore
Amor d'ogni mio bene invidioso
con le tue fiamme a tormentarmi il core
e turbar la mia pace e 'l mio riposo?
Deh! qual gloria te aspetti e qual onore
nèaspettio qual trionfo alto e pomposo
d'aver un pastorel preso ed avinto
ch'a l'incontro primier si diè per vinto?

17.
Io non credea che gli tuo' strali infesti
fussero a pastoral rustico petto
non sendo quei di Giove unqua molesti
a l'ignobil capannaal basso tetto;
ma poi che faroimè! tu pur volesti
così vil pruova in così vil soggetto
non dovevi il mio core in luoco porre
u' senza speme ognor se stesso aborre.

18.
Tuperfido signortu disleale
che sotto ombra di ben copri il mal vero
oggetto desti impare e diseguale
onde a pieno m'affligaal mio pensiero.
Deh! mie stelle crudelior quando tale
scempio fu visto e così strano e fero?
Ché dove in altri amor da speme nasce
dal non sperar in me s'aviva e pasce!

19.
Segue il rozo monton la pecorella
scorto da spemeper gli erbosi campi;
segue il colombo a la diurna stella
la cara amica ed a i notturni lampi;
combatte il toro a la stagion novella
da speme trattoe par che d'ira avampi:
sempr'è speranzaov'è d'amor il foco
quella in me noma sì ben questo ha loco."

20.
Mentre in soavi note ei si dolea
stava Rinaldo a le querele intento
e la pietà che del fanciullo avea
maggior in lui rendeva il suo tormento
ch'a pensar ai suoi casi il conducea
al suo perduto beneal gaudio spento;
poi che si tacquea lui cortese disse
le luci avendo nel bel volto fisse:

21.
Vago garzon, che 'n sì bel modo fuora
mostri l'alto dolor che in te s'asconde,
e ti lagni d'Amor, ti lagni ancora
de l'empie stelle a te poco seconde,
e nel tuo lamentar parte talora
tocchi de le mie piaghe alte e profonde,
deh! se il ciel ed Amor ti sia cortese,
la cagion del tuo duol fammi palese.

22.
Io sono un cavalier cui similmente
è il destino ed Amor crudo e spietato,
ché vivo ogn'ora in mezzo 'l fuoco ardente,
poco a me stesso e meno ad altri grato:
narra dunque il tuo duol securamente
ad uom che da egual pena è tormentato,
perché recar ciascun dessi a guadagno
ne le sventure sue trovar compagno.

23.
A quei detti cortesi il giovinetto
verso Rinaldo alzando il viso bello
per cui rigando il puro avorio schietto
scendea nel grembo un tepido ruscello
gli disse: "Cavaliers'hai pur diletto
d'udir quanto Amor siami iniquo e fello
e quanto la Fortuna empia ed acerba
dal corsier scendie posati in su l'erba:

24.
ch'io te 'l diròpoi chequal dicisei
servo d'Amoreed ei di te fa scempio;
ma vedrai bene al fine che i casi miei
son senza paragone e senza essempio
e che quel duolo onde gir carco déi
è null'a par del mio gravoso ed empio:
ben caro avrò che tu mi narri poscia
qual passion t'affliga e quale angoscia.

25.
Là dove già l'alta Numanzia sorse
ch'osò ben spesso al gran popol romano
co l'intrepido ferro audace opporse
e fe' del latin sangue umido 'l piano
dove or per abitar usan raccorse
solo i pastor del territorio ispano
nacqui ioma sotto stella iniqua e ria
del più ricco uom ch'in quelle parti sia.

26.
Siede ivi un tempioa maraviglia adorno
ch'a Venere sacrar nostri maggiori
dove sempre di maggio il primo giorno
vengono cavaliervengon pastori
donne e donzelle dal vicin contorno
a porgere a la dea solenni onori;
né questo antiquo stil ponto è dismesso
perch'or s'adori il gran Macone in esso:

27.
anzi premii son posti a qual più dotta
gagliarda mano il pal di ferro tira
a chi il nemico al gioco della lotta
con maggior forza ed arte alza e raggira
a chi con l'arco di più certa botta
ferisce il segno ov'altri indarno mira
a chi con ratto piè gli altri precorre
a chi la lancia più leggiadro corre.

28.
Le donne poi che son di basso stato
menano insieme vaghe danze a gara;
l'altre ch'in maggior grado ha 'l ciel locato
e che di stirpe son nobile e chiara
si baciano a vicenda; e chi più grato
il bacio porgein ciò più dolce e cara
a giudizio commun rapporta il pregio
ch'orna la sua beltà di nuovo fregio.

29.
Soleano giàquando concesso ei n'era
da' secoli miglior più libertate
i giovanetti ch'a la primavera
erano giunti di lor verde etate
anch'essi intrar confusamente in schiera
con le vaghe donzelle inamorate
e insieme gareggiar nel dolce gioco;
ma ciò l'uso corresse a poco a poco.

30.
Avenneed or passato è il secondo anno
(ché i dì non solma l'ore in mente anch'aggio)
ch'al tempio venne per mio eterno danno
la vaga Olinda il dì primo di maggio:
la vaga Olindamio gravoso affanno
c'ha bellissimo il voltoil cor selvaggio;
Olinda ch'è del nostro re figliuola
di cui chiaro romor per tutto vola.

31.
Lasso! non prima in lei gli occhi affisai
che per l'ossa un tremor freddo mi scorse:
pallido ed aghiacciato io diventai
allorae fui de la mia vita in forse;
quasi in un tratto ancor poi m'infiammai
e contra il giel l'ardore il cor soccorse
spargendo il volto d'un color di fuoco;
né dentro o fuor potea trovar mai luoco.

32.
Non conobbi io l'infirmità mortale
a segniohimè! ma nel bel volto intento
misero! dava a l'amoroso male
esca soave e dolce nutrimento.
Ben me n'avidi al fin; ma che mi vale
s'ogni rimedio era già tardo e lento
ed ogni sforzo vanché 'l crudo Amore
s'era in tutto di me fatto signore?

33.
Conosceva il mio errorvedeva aperto
quanto a lo stato mio si sconvenisse
in donna di tal sangue e di tal merto
l'insane voglie aver locate e fisse.
Volea per calle faticoso ed erto
fuggir pria ch'altro mal di ciò seguisse;
ma mi sforzava il micidial tiranno
gir volontario a procacciarmi danno.

34.
Non così fonte di chiar'acqua pura
a stanco cervo ed assettato aggrada
né tanto al gregge il prato e la pastura
piacech'è sparsa ancor da la rugiada
né tanto il rezzo e la fresca ombra oscura
a pellegrin ch'errando il luglio vada
quanto sua dolce vista a me piacea
bench'ella fosse di mia morte rea.

35.
L'ora de' giuochi era venuta intanto
ed al palo tirar si cominciava
e già fra gli altri omai la palma e 'l vanto
un gagliardo pastor ne riportava.
Siegue la lotta; io che mostrarmi alquanto
al mio gradito amor pur desiava
corro al certamee tal fu la mia sorte
che giudicato fui d'ognun più forte.

36.
Si giostrò posciae i giuochi anco si fero
de le donzelle; ed io che vidi allora
molte che baci a la mia donna diero
e che gli ricever più cari ancora
arsi di dolce invidiae col pensiero
mi formai grate frodi ad ora ad ora
perché mi parve (inganno aventuroso!)
d'esser fra loro al bel gioco amoroso.

37.
Ultimamente al corso poi si venne
di cui teneva Olinda il pregio in mano:
io m'accinsi al certamee non ritenne
il corpo stanco l'appetito insano.
M'aggiunse ai piedi Amor veloci penne
e mi rendé l'andar facile e piano
tal che gli altri precorsie giunsi dove
sedean l'alte bellezze altere e nove.

38.
Come fui sì vicino al mio bel sole
un gelato tremor tosto m'assalse
tal ch'io mi dibatteasì come suole
tenero giunco in riva a l'acque salse:
quasi lasciò le membra vuote e sole
l'almache gli occhi bei soffrir non valse.
Al fin mi porse Amor cotanto ardire
che 'n parte sodisfeci al mio desire.

39.
E con subita astuzia di cadere
fingendonel bel sen quasi mi stesi.
Or chi potria mai dir quanto piacere
e qual dolcezza in quel istante io presi?
Ma non deggio di ciò punto godere
da poi che fu cagion che più m'accesi:
ché se caldo era prianon fu in me dramma
da indi in quase non di fuoco e fiamma.

40.
Poi tolsi il pregioe lieve in torlo strinsi
la man che quel teneabianca e gentile
e in questa di rossor le guancie tinsi
ed a terra chinai lo sguardo umile.
Or veder pòi quant'oltre io mi sospinsi
io di nissun valore uom basso e vile
verso dama sì degna e sì sovrana
e s'Amor mi rendea la mente insana.

41 Ma già dal ciel Apollo era sparito
onde ancor seco il mio bel sol spario
ed io restai di tenebre vestito
preda del duol che soffro ognor più rio.
Oh puroimè! di queste membra uscito
se 'n fusse allor l'infermo spirto mio
ch'a maggior pene ed a più fera sorte
tolto m'avria quell'opportuna morte.

42.
Quella inquieta notte in quanti e quanti
angosciosi martirlasso! passai
quanti trassi dagli occhi amari pianti
quanti dal petto arsi sospir mandai
non credendo i celesti almi sembianti
e gli occhi belli riveder più mai.
Ma vietò questo per maggior mio male
l'atrocissimo mio destin fatale.

43.
Perciò ch'Olindaa chi il paese piacque
per lo ciel che temprato era e sereno
per l'amene selvette e limpid'acque
e' bei colli che 'l fan vago ed ameno
perché di caccie (a cui da ch'ella nacque
ebbe il cor volto) è copioso e pieno
in un castel che signoreggia intorno
tutto il paeseelesse far soggiorno.

44.
E quinci ella uscia poi sovente fuori
coi primi raicon l'aura matutina
allor che le verdi erbe e i vaghi fiori
sparsi ed umidi son d'argentea brina
cinta da cavalierda cacciatori
e da schiera di dame pellegrina;
ed or seguiva i lepri e i cervi snelli
or tendea reti ai semplicetti augelli.

45.
Io c'ho tutti i miei dì cacciando spesi
con quei che sono in ciò dotti e maestri
e ch'era annoverato in quei paesi
tra i più veloci e tra i più cauti e destri
oltre che sapea i luochi ove son presi
più facilmente gli animai silvestri
ne la sua compagnia tosto raccolto
fui con grate parole e lieto volto.

46.
Sempre era secoe gli pendea dal lato
e per felice allor mi riputava
ch'avea il suo cane a lassao l'arco aurato
o la carca faretra io le portava;
felicissimo poi se m'era dato
toccar le veste ond'ella cinta andava.
Così ne vissiinsin ch'il solar raggio
portò di nuovo il dì primo di maggio.

47.
Ma 'l crudo Amorch'altrui piacer perfetto
non fa sentire insin ch'al fin s'arriva
e traendo di questo in quel diletto
l'uomsempre in lui più il desiderio avviva
mi sospinse a mortale infausto effetto
onde ogni mio tormento in me deriva
e 'l lume di ragion sì mi coperse
ch'egli dal bene il mal punto non scerse.

48.
Deliberaifeminil vesta presa
tra le donzelle anch'io meschiarmiquando
vengono insieme a placida contesa
l'una soavi baci a l'altra dando
per poter poscia (oh temeraria impresa
cagion ch'or sia d'ogni mio bene in bando!)
congiunger con la mia la rosea bocca
onde Amor mille strali aventa e scocca.

49.
E mi pensava ben poter ciò fare
sicuramenteperché 'l pelo ancora
che suol più ferma età seco apportare
non mi spuntava da le guancie fuora.
Vesti trovai d'oro fregiate e care
e molti altri ornamenti in poco d'ora
e solo il tutto ad un compagno dissi
con cui d'estremo amor congionto vissi.

50.
Così al tempio ne venni ove si fea
l'amoroso duelloe già col volto
in un candido vel (quanto potea
senza sospetto dar) chiuso ed involto;
de le donne lo stuol che concorrea
insieme al dolce giocoera sì folto
che non fu chi 'l mio nome a me chiedesse
o in conoscermi pur cura prendesse.

51.
Onde tra lor sicuro io mi meschiai
donna creduto da le donne anch'io;
molte abbracciai di lormolte baciai
con poca gioia e con minor disio
sin ch'ad Olinda al fin pur arrivai
stabile oggetto d'ogni pensier mio
cui com'edera tronco il collo cinsi;
indi le labbra disiose spinsi.

52.
Con voglia così ingordaaffettuosa
con sì fervidi baci e con sì spessi
spinto da forza interna ed amorosa
ne le sue labbra le mie labbra impressi
ch'allor quasi stupita e sospettosa
ella fissò ne' miei gli occhi suoi stessi:
onde io cangiai pur nel medesmo istante
in color mille il timido sembiante.

53.
Il che forse il sospetto a doppio rese
maggiore in leidi quel che prima egli era
tal che più fiso a rimirarmi prese
ed al fin mi conobbeahi sorte fera!
ondele luci di furore accese
disse con voce in un bassa ed altera:
Come a tal tradimento unqua pensasti?
Come, falso villan, tant'oltra osasti?

54.
Sgombra orsù via di qua, togliti ratto
dal nostro regno, e più non t'accostarli;
e s'a l'audace e scelerato fatto
quelle pene non do che dovrei darli,
e sì placidamente ora ti tratto,
fo per non dar materia onde altri parli:
ben la tua morte a me saria gradita,
non meno, anzi via più de la mia vita..

55.
Ma perchélasso! ti racconto a pieno
quel che duro già fu tanto a patire
e ch'or è duro a ricordar non meno
sì che 'l cor sento in mille parti aprire?
Uccider mi vols'ioma pose freno
a la man disperata ed al desire
dopo molta fatica e mille preghi
quel mio compagnoa cui null'è ch'io neghi.

56.
Ed a venir in Francia ei mi dispose
ov'è (se pur il ver la fama dice)
un antro a cui fra l'opre alte e famose
null'altro al mondo oggi agguagliarsi lice:
ch'ivi a' suoi servi le future cose
da un aureo simulacro Amor predice
e con certe risposte util consigli
dà ne l'aversitati e ne' perigli.

57.
Ed oggi a puntoallor che s'apre il giorno
tra via mi disse uom vecchio e peregrino
che quinci presso sotto un colle adorno
giacea lo specoe m'insegnò il camino.
Or dimmi tuguerrierqual danno o scorno
ti faccia Amor o 'l tuo crudel destino
ch'ambo da poi n'andremo al loco sacro
per richieder consiglio al simulacro".

58.
Rinaldo i casi suoi più brevemente
narroglie 'nsieme poi la via pigliaro
né molto girch'altero ed eminente
il colle e poi lo speco ancor miraro.
Occupava l'entrata un foco ardente;
alta colonna di forbito acciaro
gli stava a dirimpeto in terra fitta
e v'era tal sentenza in carmi scritta:

59.
A' leali d'Amor concesso è 'l passo,
agli altri no, per mezzo il vivo foco.
Era 'l colle d'un netto e vivo sasso
vago e lucente del color di croco
opra d'incanto; e dimostrava al basso
tutte scolpite in apparente loco
le vittorie d'Amorgli alti trofei
ch'egli acquistò contra celesti dei.

60.
Florindo (ch'il pastor tal nome avea)
ch'era ne l'amor suo fido e leale
subito entrò dove più il foco ardea
con grand'ardire a la gran fede eguale;
ed andar per un aere a lui parea
sottilissimo e puro e forse quale
è l'elemento men condenso e greve
ch'agli altri sorvolò spedito e lieve.

61.
Il cavalier che rimirava intento
de' favolosi dei gli antichi amori
entrar vedendo senza alcun spavento
Florindo tra le fiamme e tra gli ardori
a seguirlo non fu pigro né lento;
ma 'l feroce destrier lasciando fuori
a Vulcan si credette; indiper quello
entrò sicuro nel sacrato ostello.

62.
Da tre leggiadri e vaghi sacerdoti
ch'a la cura del loco erano eletti
del faretrato arcier fidi e devoti
ambi furo raccolti i giovinetti
ed a l'altar menatiu' preghi e voti
dovean porger al dio con puri affetti
come da queich'ivi gli avean condutti
erano a pieno ammaestrati e instrutti.

63.
Ma il paladinoin cui verace fede
per rara grazia ognor cresce ed abonda
ciò si sdegna di farperché non crede
che divin nume in sé quel or nasconda
ma spirto aereo o de l'inferna sede
che narrando il futuro altrui risponda:
onde in disparte alquanto ei si ritira
e 'l vaneggiar di quei tacendo mira.

64.
E ben avria l'idolsdegnato alquanto
ogni risposta al cavalier negato
ma da Merlino allorche fé l'incanto
a risponder mai sempre ei fu sforzato
e per simil cagiontanto né quanto
del ver tacer altrui gli era vietato:
ché 'l saggio mago il tutto già previsto
e similmente al tutto avea provisto.

65.
Un candido torelche sotto 'l peso
del grave aratro non gemeva ancora
ed avea nuovamente il petto acceso
di quel soave ardor che n'inamora
sendo a giacer sovra l'altar disteso
sacrificaro al dio ch'ivi s'adora;
ed a te posciao sua vezzosa madre
due colombe bianchissime e leggiadre.

66.
Finito il sacrifizioecco si scuote
lo specoe par che 'l suol dal fondo treme;
e con strano romor di voci ignote
tutto d'intorno omai rimbomba e geme:
cosìs'Austro lo fiede e lo percuote
il mare irato orribilmente freme.
Crolla la statua il capo e batte l'ali
sonangli a tergo l'arco e gli aurei strali.

67.
Quinci il dio così poi la lingua scioglie:
Segui, Rinaldo, il tuo desir primiero
di venir chiaro in arme; e fia tua moglie
Clarice allora, e pago il tuo pensiero:
fu Malagigi, a ciò che più ti invoglie
a l'onorato marzial mestiero,
quel che sul carro te la tolse, e poi
salva ed illesa l'ha renduta a' suoi.

68.
E tu, Florindo, segui l'arme ancora,
ché esse ti conduranno al fin bramato,
perché (se ben no 'l sai né 'l cognosci ora)
sei di sangue reale al mondo nato.
Ad oracolo tal rimase allora
dubioso ognun di lorma consolato;
e scacciò de' martir la schiera folta
che intorn' intorno al cor se gli era accolta.































CANTO SESTO


1.
Parton da l'antro i duo garzoni insieme
e prendon verso Italia il lor camino
là v'ègià presso a le ruine estreme
da Carlo astrettoil campo saracino:
ch'ivi di fare eccelse imprese han speme
dinanzi al gran figliuol del buon Pipino;
e vuol Florindo da la regia mano
tôr di cavaleria l'ordin sovrano.

2.
Attraversando van tutto 'l paese
che Giulio ornò di molti fregi pria
e superan ancor l'Alpi scoscese
per cui s'aprì la malagevol via
con novo modo il gran cartaginese
Romaportando a te guerr'aspra e ria;
Vider d'Italia poi l'almo terreno
ancor di riverenza e d'onor pieno.

3.
Salve, d'illustri palme e di trofei
provincia adorna, e d'opre alte e leggiadre,
salve, d'invitti eroi, di semidei,
d'arme e d'ingegni ancor feconda madre,
che estendesti agli Esperii, ai Nabatei
l'altere insegne e le vittrici squadre,
e d'ogni forza ostil sprezzando il pondo,
e giusta e forte desti legge al mondo.

4.
Così Rinaldo va parlandoe 'ntorno
intanto gira il guardo desioso
ed ognor più vede il paese adorno
di ricche villee vago e dilettoso;
ma non trova ventura in quel contorno
ov'ei col fatigar prenda riposo
ed ove mostrar possa il suo valore
e la virtù del generoso core.

5.
Gran parte trapassar d'Italiae mai
non potero incontrar ventura alcuna
benché del lor camin fessero assai
al freddo lume de l'argentea luna;
giunsero al fin co' matutini rai
là dove 'l Franco e 'l Saracin s'aduna
e vider tremolar l'insegne altere
al vento e fiammeggiar l'armate schiere.

6.
S'alzava il sol dal mar con l'ore a paro
né di nubi copria le gote ardenti
eferendo per dritto il vario acciaro
mille formava in ciel lampi lucenti
e con un corruscar tremulo e chiaro
fêa non ingrata offesa agli occhi intenti:
tal ch'il campo sembrava Etnaqualora
l'aer con spessi fuochi orna e colora.

7.
Carlo in tre parti il campo avea diviso
ed ei tenea con una un picciol monte;
Namo s'era con l'altra al piano assiso;
gli stava con la terza Amone a fronte.
L'essercito infidel dómo e conquiso
è cinto intorno e chiuso in Aspramonte;
ben molti ancor vi son de' Saracini
che stan ne' forti luoghi ivi vicini.

8.
Poi che 'l campo da lunge ebber mirato
e sodisfatto al lor desire in parte
Florindobene instrutto ed informato
di quel che deggia farda l'altro parte
e dritto se 'n va dove attendato
s'era il gran Carlo in elevata parte;
ma Rinaldo che gir seco non volle
si fermò giù nel piano a piè del colle.

9.
Passa Florindo tra l'altere squadre
adorne di valordi ferro cinte
ed a varie faticheopre leggiadre
tutte le vede in util modo accinte.
Quinci l'anime vilioscure ed adre
cui l'ozio piaceson scacciate e spinte;
quivi Vener non ha né Bacco loco
né dado infame od altro inutil gioco.

10.
Quivi si vede sol chi dal forte arco
aventi strai con certaaspra percossa
chi di scudo coperto e d'arme carco
poggi in loco erto con destrezza e possa
chi porti il destro suo terreno incarco
con lieve salto oltra ben larga fossa
chi mova a marzial feroce assalto
gli aspri piombati cesti or basso or alto;

11.
chi con robusta man la spada giri
in fiammeggianti rote o l'asta vibri;
e chi lottando a la vittoria aspiri
e diverse arme paragoni e libri;
chi con gran forza il pal di ferro tiri
chi d'arte militar rivolga i libri
chi muova tutto armato il piede al corso
chi volga o lente ad un corsiero il morso.

12.
Deh! come in tutto or è l'antica norma
e quel buon uso e quei bei modi spenti!
Com'or nel guerreggiar diversa forma
si serbaoimè! tra le cristiane genti!
Or chi celebri Bacco o inutil dorma
chi tutti aggia i pensieri al gioco intenti
chi ne' piacer venerei impieghi e spenda
le forze è solde' campi in ogni tenda.

13.
Che meraviglia è poi se 'l rio serpente
sotto cui Grecia omai languendo more
orgoglioso minaccia a l'Occidente
e par che 'l prema giàche già il divore?
Ma dove or fuor di strada inutilmente
mi torcon giusto sdegnoaspro dolore?
Doveamor e pietàmi trasportate?
Deh! torniamo a calcar le vie lasciate.

14.
Florindouno scudier tolto in sua scorta
si fa condurre al padiglion di Carlo.
Giunto a le guardie de la regia porta
prega ch'entro al signor voglian menarlo.
Come il re videcon maniera accorta
chini i ginocchi al suolprese a mirarlo;
indi fatte le guancie alquanto rosse
riverente ed umil tai voci mosse:

15.
Sir, qui vengh'io da la tua fama tratto,
che quasi un novo sol risplende e vaga,
per esser di tua man cavalier fatto:
benigno adunque il mio desire appaga.
Carlo del suo parlar ben sodisfatto
e de la nobil sua sembianza vaga
cavalier felloancorché non sapesse
dirgli a pieno onde origine ei traesse.

16.
Prega Florindo che la man d'Orlando
l'invitta mandi Dio ministra in terra
sia quella che gli cinga al fianco il brando:
lieto e felice augurio in ogni guerra.
Il paladin di ciò gli è gratousando
detti cortesi: ond'egli umil s'atterra
ed al gran Carlo ed a lui grazie rende;
indi di nuovo il dir così riprende:

17.
Un cavalier che qui vicin m'aspetta,
ed io, ch'ambi d'Amor seguaci siamo,
per la sua face e per la sua saetta
d'esser campioni suoi giurato abbiamo,
onde or, de l'armi dando altrui l'eletta,
al tuo cospetto mantener vogliamo
ch'ascender non può l'uomo a vero onore,
se non gli è duce e non gli è scorta Amore.

18.
Dunque s'alcun de' tuoi guerrier si truova
che nemico d'Amor si mostri e sia,
e ciò voglia negar, venga a la pruova,
ch'a lui con l'arme in man risposto fia.
Parve proposta tal leggiadra e nuova
e v'è chi contradirvi omai disia.
Carlo vuol poi che sia l'alta proposta
per un suo messo a' Saracini esposta.

19.
Tosto di ciò si sparse famae molti
che ne' lacci d'Amor non furon mai
o che se 'n quelli pur vissero involti
ed aspri e duri gli provaro assai
ed essendone già liberi e sciolti
fissi in mente tenean gli antiqui guai
disposer d'adoprar l'asta e la spada
perché d'Amor la gloria a terra cada.

20.
Carlo già presso al piano era disceso
intorno cinto da' suoi duci alteri
per risguardar come l'incarco preso
mantenerian gli incogniti guerrieri;
Rinaldo a cui toccava il primo peso
attendeva a la giostra i cavalieri;
primo è a venir Gualtier da Monlione
e primo anco a lasciar scarco l'arcione.

21.
Sorse vario parlar fra i circostanti
vedendo il fiero colpo inaspettato;
ma cessò tostoperché fessi avanti
Augiolin ch'era a vincer spesso usato;
segnano i colpi a l'elmo ambo i giostranti:
ecco si dannoecco cader sul prato
l'aventurier ch'a quel colpir non resse
e co 'l tergo e co 'l capo il suolo impresse.

22.
Berlingierch'Angiolino a terra ir vede
e ne vuol fare a suo poter vendetta
la lancia arrestae 'l destrier punge e fiede
e veloce ne va come saetta.
Dal fren la mano e da la staffa il piede
gli leva il colpo averso: ei pur s'assetta
e ferma in sellae torna a giostra nuova;
ma lunge dal cavallo al pian si trova.

23.
Molti ch'eran d'Amor fidi e devoti
spinti da invidia e da pensier superbo
vennero a giostra allorma lasciar voti
i cavalli al colpir grave ed acerbo:
tu primiero col tergo il suol percuoti
benché sii di gran forza e di gran nerbo
o fier Riccardopoi seguonti appresso
DrusoAlcastoOrionPulione e Bresso.

24.
Tosto dopo costor giostra Gismondo
tosto è dopo costor sospinto a terra;
cadde ancor seco Orinche furibondo
per voler troppoil colpo falla ed erra;
Arbansuo maggior frate ora è secondo
ch'Orin prima e poi lui Rinaldo atterra;
bene Aldrimanteil terzo lor germano
venne terzo a cader disteso al piano.

25.
Mentre Rinaldo fa sì facilmente
verso il cielo a costor volger le piante
ecco a pugna venir chiaro e lucente
di forte acciaro il saracino Atlante:
sembra egli a l'apparir torre eminente
sembra il destrierc'ha sottoalto elefante;
tutto di marzial sdegno s'accende
il guerriercome in lui le luci intende.

26.
Senza parlarsenza pur dirgli: "guarda!"
ratto muove a l'incontro il fier pagano;
né men ratto di lui l'altro ritarda
ma l'asta indrizza non mai corsa in vano.
De' circonstanti ognun sospeso guarda
qual de' duo deggia roversarsi al piano;
batte a quelli per dubio e per sospetto
per ira e brama a questi il cor nel petto.

27.
Con quel vigorcon quelle voglie pronte
con cui colpirsi Achille e 'l forte Ettorre
là 've asconde tra nubi il sacro monte
Ideo l'aerea testae 'l Xanto scorre
con quelleo con maggiorne l'ampia fronte
vengonsi questi al primo scontro a corre;
e fu 'l colpo crudel di tanta forza
che gir tre volte o quattro a poggia e orza.

28.
Si scontrano i cavallie 'l fier Baiardo
quanto minorcotanto ancor più forte
l'altro distende con urtar gagliardo
e dàllo in preda a la gelata morte.
Il pagan si drizzòma lento e tardo
ché gli presse il destrier le gambe a sorte.
Intanto il cavalier lui non offende
ma con l'integra lancia al pian discende.

29.
Ride il superbo Atlantee lui minaccia
come da sella al pian disceso il vede
e dal fodro Fusberta altero caccia
Fusbertail brando ch'ogni prezzo eccede.
Rinaldo verso quel volta la faccia
e inanzi il manco e dietro 'l dritto piede
ben fermo in terrae l'asta a mezzo presa
coraggioso si move a la contesa.

30.
Tutto feroce l'African si lancia
ed a trovare il va con un mandritto;
ma in mezzo il corso da l'aversa lancia
gli è tronco il callee l'omero traffitto.
S'allegra tutto allor lo stuol di Francia
ma si conturba il Saracino afflitto;
freme il gigantee di rabbiosa fiamma
le guancie e gli occhi orribilmente infiamma.

31.
E da la destra uscir si lascia il brando
ch'a catena di ferro avinto pende
sì ch'afferrar può l'asta; e lei tirando
quasi per terra il cavalier distende
e di man gliela cava; indigettando
quella lontanFusberta altier riprende.
Rinaldoor che farai? Chi ti soccorre?
Come potraiti inerme a morte torre?

32.
Perde ei la lancia bennon perde il core
peròma più che mai ratto e veloce
si sottragge saltando al gran furore
con cui giù dechinava il ferro atroce;
scende il ferro con impeto e romore
pur al terren più ch'al nemico or noce
né sì presto il pagan l'alza chementre
ciò faRinaldo sotto lui non entre.

33.
Entra Rinaldo e col pugnal percuote
la mano ostil tra' nervi acerbamente;
poi gli elsi afferra de la spada e scuote
di lei la destra allor poco possente.
Il fier gigante contrastar no 'l puote
e la sua morte omai vede presente:
vede meschin ne la sua spada istessa
l'acerba morte sua viva ed espressa.

34.
Quei ch'audace stimar via più che saggio
il cavaliero a lor ancor novello
perché 'l vedeano andar con disvantaggio
senz'aver spada a l'orrido duello
ora il senno stimar par al coraggio
tal destrezza e valor vedendo in quello.
Che sia Rinaldo alcun di lor non crede
benché sappiano il vanto il qual si diede.

35.
Alza il guerriero in tanto il suo robusto
braccio per estirpar germe sì rio
e dove il capo termina col busto
il gran corpo divise e dipartio.
Da le gelate membrainutil fusto
l'alma vermiglia involta in sangue uscio;
e stridendo n'andò nel cieco Averno
là 'v'è 'l duolol'orrore e 'l pianto eterno.

36.
L'asta raccoltaascese in sul destriero
Rinaldoma Fusberta il brando eletto
si cinse primapoi che 'l voto altero
che già fece eglior ha sortito effetto
avendo tolto a forza ad uom sì fiero
da cui stat'era a dubii passi astretto
la ben guernita e ben temprata spada
di cui non è chi meglio punga o rada.

37.
Ottonche si dolea che 'l pagan tronco
il suo desio gli avesse e 'l luoco tolto
vedendolol senza nome ignobil tronco
nel proprio sangue orribilmente involto
sprona il destrierarresta il grosso tronco;
ma cadde da Rinaldo in fronte colto.
Quindi poi fu da l'empio ferro estinto
il buon Ugonnon che da sella spinto.

38.
Questi il nimico in petto avea colpito
e quasi tratto al pian dal suo cavallo;
da l'altra parte il paladinferito
sol l'aere e 'l ventol'asta corse in fallo:
onde da l'ira e dal furor rapito
poi l'uccise in brevissimo intervallo;
e quasi in un istante a lui recise
il capoe 'l brando sino al cor gli mise.

39.
Quel ferro ch'ad Ugon il cor traffisse
il cor traffisse insieme al magno Carlo
perciò che luimentre in sua corte visse
cotanto amò che non potea più amarlo.
Or non vorria che invendicato gisse
e dentro è roso da mordace tarlo:
da desir di vendetta ei dentro è roso
né puote il suo pensier tenere ascoso.

40.
Ma rivolto ad Orlandoil qual dal lato
manco gli stavaa lui così ragiona:
O da me, qual figliuol, nipote amato,
o sostegno maggior di mia corona,
vedi ben tu com'empia man privato
d'Ugone or n'have, e com'ei n'abandona,
quand'era la sua età nel più bel fiore
e in colmo i suoi servigi e 'l nostro amore.

41.
Ahi quanto ardito fu, quanto fu forte,
ahi quanto buono, ahi quanto a noi fedele!
Ed è ben dritto, oimè! ch'a la sua morte
tutta Francia si lagne e si querele;
ma chi per l'aspra sua spietata sorte
sparger pianti e sospir, sparger querele,
de' più d'ambo duo noi, s'ambo duo noi
deggiam più ch'altri ai gran servigii suoi?

42.
Dunque un sì meritevol cavaliero
morirà invendicato, e tu 'l vedrai?
Tu che 'l forte Troiano, Almonte il fiero
vincesti, or di costui temanza avrai?
Deh! rompi omai l'orgoglio a questo altero,
deh! fa' del nostro Ugon vendetta omai;
e solleva qual pria l'onor di Francia,
ch'abbattuto or si sta da l'altrui lancia.

43.
Con questi detti e con molti altri spinse
il forte Orlando contra 'l forte estrano:
ché quegli prima a giostra non s'accinse
non essendo al pugnar facile e vano;
né fello or volontierné farlo ei finse
anzi il suo pensier disse aperto e piano;
ma Carlo il pregae contradir non giova
onde convien ch'al suo voler si muova.

44.
Egli era armatoe sol l'ardita fronte
non ricopria con l'onorato incarco;
ma fattosi recar l'elmo d'Almonte
tosto di quel si rese adorno e carco.
Rinaldoch'al quartier conobbe il conte
ch'a scontrarlo venianon fu già parco
in allentar la brigliaoprar lo sprone
lieto di sì bramata occasione.

45.
Museor per voi s'apra Elicona e 'l santo
vostro favor più largo a me si presti
onde con nuovo stil m'inalzi tanto
ch'al gran soggetto inferior non resti;
e tuMinervaancor reggi il mio canto
come la man de' duo campion reggesti
ché non men puoi ne l'una e l'altra parte
dar forza altruich'Apollo insieme e Marte.

46.
Non giamai negli ondosi umidi regni
s'investon con furor sì violento
duo veloci nemici armati legni
spinti o da remi o da secondo vento
che l'un ne l'altro imprime aperti segni
e ne rimbomba il liquido elemento
come costor ch'a colpi orrendi e crudi
con spaventevol suon fendon gli scudi.

47. Fendersi i ferrei scudie cadde a terra
Brigliador prima e poscia ancor Baiardo.
Tosto drizzarsi i duo folgor di guerra
né punto l'un fu più de l'altro tardo.
Ognun ne l'armi si raccoglie e serra
adopra ogn'arte ed usa ogni risguardo
a ripararsi ed a ferir provisto
ché 'l valor già de l'inimico ha visto.

48.
Si copre il petto con lo scudo Orlando;
porge inanzi col ferro il braccio destro.
Rinaldo intorno a lui si va girando
tutto velocetutto lieve e destro
di farlo discoprir sempre tentando;
ma sempre trova quel cauto e maestro
né per finte o per cenni unqua si muove
né cangia il passo o drizza il ferro altrove.

49.
Eccomentre Rinaldo aggira e tenta
di poterlo ferirma sempre in vano
scoperto alquanto il petto a lui presenta;
ratto egli spinge allor l'armata mano:
al capo accennae mostra cura intenta
di colpir quella parte al suo germano;
poi declinando il ferro al petto giunge
trapassa ogni arma e lievemente il punge.

50.
Quelpiù che sangue allor dal pettosparse
ira dagli occhiorribile in sembianza:
non più schermirnon più con arte aitarse
ma ben vuol tutta oprar la sua possanza.
Dove da l'elmo il cimier suole alzarse
fiede con forza ch'ogni forza avanza;
Orlando al colpo orrendo il capo inchina
co' piè traballa e quasi al pian ruina.

51.
Pur si riave e poggia in tal furore
che in sé non cape omai né truova loco:
gli occhi accesi travolge e manda fuore
da la visiera un sfavillante foco;
fa co' denti fremendo alto romore.
Che tanto dirò mai che non sia poco?
Tal forse è Giove allor che 'l ciel disserra
e 'l folgor minacciando irato afferra.

52.
Rinaldoche venirsi adosso mira
il fero conte in sì terribil faccia
ne lo scudo si chiude e si ritira
dal colpoove opra Orlando ambe le braccia.
Così s'umido vento irato spira
ed inimica pioggia al suol minaccia
il peregrinche vede il nembo oscuro
ver' quel schermo si fa di tetto o muro.

53.
Ma per la troppo furia in man si volse
al forte Orlando la tagliente spada:
pur di piatto lo scudo opposto colse
onde convien che rotto in pezzi cada;
poi scese a l'elmo e 'l bel cimier gli tolse;
chiuse ben l'elmo al suo furor la strada;
Rinaldo sostenersi allor non puote
ma con ambo i ginocchi il suol percuote.

54.
Pur tosto si drizzò più che mai fosse
fiero e rabbioso il gran figliuol d'Amone
e ne la spada il suo cugin percosse
sì ch'indi il disarmò fino al gallone;
e gli avria l'arme del suo sangue rosse
fattema gliel vietò la fatagione:
ch'Orlandoquale Achille o Cignodura
la pelle e contra 'l ferro ebbe sicura.

55.
Or chi narrar potrebbe a parte a parte
le lor percosse orribili e diverse
onde di rotte piastre e maglie sparte
tutto intorno il terren si ricoperse?
Chi pur ombrar l'alta possanza e l'arte
a cui simile il ciel giamai non scerse?
il ciel che de' mortali i fatti e l'opre
or con mille occhi or con un sol discopre.

56.
L'essercito cristian e 'l saracino
tutto stupisce a quel pugnar sì fiero;
tra sé rivolge il figlio di Pipino
chi sia quel forte incognito guerriero:
or Francardo l'estima ed or Mambrino
ora sovra Chiarello ei fa pensiero
de' quai l'alto valor con chiara tromba
oltra l'Eufrate ed oltra il Nil rimbomba.

57.
Rinaldo in questach'a se stesso vede
ferito alquanto il destro fianco e 'l petto
e conosce ch'Orlando indarno fiede
ché non ne segue alcun bramato effetto
tenta novo partito; e certo crede
egli vien seco a guerreggiar più stretto
di superarlo al gioco de la lotta
tanto ha la mano essercitata e dotta.

58.
Quegli ciò scorgee non si schiva punto
anzi mostra ch'a lui non manco piaccia:
ecco che l'uno a l'altro è già congiunto
con le mancon le gambe e con la faccia.
L'afferra Orlando a mezzo il collo a punto;
Rinaldo lui con ambedue le braccia
sotto de' fianchi attraversando cinge
lo scuote e giralo solleva e spinge.

59.
Ed or col destro piè gli avince il manco
ed or col mento l'omero gli preme;
or perché 'l fiato pur gli venga manco
lo stringe a' fianchi con le forze estreme.
Orlando a lui col core ardito e franco
l'arte accoppiando e la gran possa insieme
il collo calca sì pesante e greve
che 'l tuo pondoTifeoforse è più leve.

60.
Non puote l'un l'altro gittar per terra;
e quanto il vigor mancail furor cresce.
Pur anelanti l'ostinata guerra
seguonné lor disegno alcun riesce;
e già lo spirto lor si chiude e serra
già per tutto il sudor si spande ed esce.
Al fin tornan di nuovo al primo assalto
ed a girare il ferro or basso or alto.

61.
Tornano al primo assaltoe 'l piano ancora
torna a tremar con spaventevol suono;
manda l'aria percossa ad ora ad ora
qual da le rotte nubi orribil tuono:
non più soffrir puote 'l gran Carlo allora
ch'i duo guerrier che 'nsieme a fronte sono
menino a certo fin la pugna incerta
poi c'hanno a pien la lor possanza esperta.

62.
Egli deposto avea l'odio e 'l rancore
che dianzi avea contra 'l guerrier strano
sol per cagion de l'alto suo valore
ch'or ha veduto via più chiaro e piano:
ché se 'l frenare i sùbiti del core
e primi moti non è in nostra mano
può bene il saggio con miglior discorso
porre agli affetti rei poi duro morso.

63.
E sempre avien che così alberghi e regne
l'amor de la virtude in nobil petto
ch'a poco a poco al fin consuma e spegne
d'ira e di sdegno ogni rabbioso affetto:
perché avinte fra lor son l'alme degne
d'un legame d'amor sì forte e stretto
che se 'l caso talor pur le disgiunge
tosto quel le ristringe e ricongiunge.

64.
Il saggio rec'ha l'ira in amor volta
sospinge il corridor tra i duo guerrieri:
grossa sbarra partir così tal volta
suol duo d'ira infiammati aspri destrieri.
Frena egli con l'aspettoove è raccolta
divina maestàgli animi alteri;
indi con modi accorti a parlar mosse
e lor d'ogni rio sdegno ambi duo scosse:

65.
Di sì lieve cagion nato, omai cessi
lo sdegno, ed oltre più non vi trasporte,
e poiché mostro avete a segni espressi
quant'ognun di voi sia pugnace e forte,
mostrate or di saper ancor voi stessi
vincer, s'avien che la ragione il porte;
e sendo chiara ormai la virtù vostra,
date, vi prego, luogo a nuova giostra.

66.
Abbracciatevi insieme, e così spero
che tra voi le discordie or fian compite;
ciò concedete a me, ch'in don ve 'l chero,
vago di veder pace ov'era lite.
E tu dimmi anco, degno estran guerriero,
c'hai le man forti quai le brame ardite,
tuo nome e sangue, ond'io conosca aperto
cavalier di tal pregio e di tal merto.

67.
Rinaldo allor: "Non già sostieneo sire
tanto cognoscitor mio basso stato
né senz'alto rossor ti potrei dire
mio nometra guerrier null'or pregiato.
Nel resto poi son pronto ad esseguire
quanto vedrò ch'a te fia caro e grato;
e cedo volontier la palma e 'l pregio
a questo invitto cavaliero egregio".

68.
Così dicendoumile e riverente
va per baciare al suo cugin la mano
ma quegli la ritira e no 'l consente
anzi il raccoglie in cortese atto umano;
e di quella battaglia il fa vincente
e lieva al cielo il suo valor sovrano:
chépoiché in arme non può superarlo
almeno in cortesia tenta avanzarlo.

69.
E sendogli recata un'armatura
onde avea già spogliato un duce moro
ch'era di tempra adamantina e dura
a scaglie fatta con sottil lavoro
e sopravesta avea di seta azzurra
rigida ed aspra per argento ed oro
al cavalier estrano in don la diede
poi ch'indosso la sua rotta gli vede.

70.
Ma né cortese in ciò punto mostrarsi
di lui vol meno il gran figliuol d'Amone:
anzi dal suo scudiero una fe' darsi
leggiadra spoglia d'african leone
che bianchi peli avea tra fulvi sparsi
e già fu dono d'un gentil barone:
per le grosse unghie d'orper l'aurea testa
e per li folti velli è grave questa.

71.
Con tal dono ad Orlando il cambio rende
de l'alta cortesia che gli ha dimostra.
Grifone intantoil maganzeseattende
impaziente i cavalieri a giostra;
e sovra un gran cavallo intento rende
ogn'occhio a sé con vaga altera mostra.
Questi arrogava al suo valor cotanto
che si crede d'aver ne l'arme il vanto.

72.
Già ver' costui Rinaldo si movea
ma Florindo il garzon vi s'interpose
dicendogli ch'in arme ei fatto avea
opre che sempre fian meravigliose
e ch'ora il loco a lui ceder dovea
e curarsi le piaghe sanguinose:
a lui che sin allor riguardatore
stato era sol de l'alto suo valore.

73.
Eccoo Grifonechi ti toglie omai
di quel tant'orgoglioso tuo pensiero.
Misero! tu cadendo a terra vai
al primo colpo d'un novel guerriero
tu che d'Orlando più ti pregi assai
per mano or d'un fanciul premi il sentiero.
Florindo abbatte poscia anco Ansuigi
AvinoAvorioAnselmo e Dionigi.

74.
Solmon di ScoziaAlberto d'Inghilterra
cadono ancorae 'l parigin Vistagno;
ed altri molti dopo questi atterra
Florindoe fa di gloria alto guadagno.
Rinaldo a l'allegrezza il cor disserra
tai cose far vedendo al suo compagno.
Intanto ha fine con la giostra il giorno
e Carlo al campo fa co' suoi ritorno.

75.
Ma prima ei tenta ben di ritenere
i due guerrier per breve spazio almeno
e di Rinaldo ancor tenta sapere
la patriail nome e 'l rimanente a pieno;
ma non puote di ciò nulla ottenere
onde al desire ed al pregar pon freno
e d'ambo i cavalier le scuse accetta.
E color quinci poi se 'n vanno in fretta.











CANTO SETTIMO

1.
Partonsi i duo guerrierpoi che non hanno
dove impiegar più quivi il lor valore
perciò che i Mori entro al castel si stanno
rinchiusi ed a pugnar non escon fuore.
Nuove venture a ritrovar se 'n vanno
spinti da cura e da desir d'onore
ch'al petto e caldo stimolo pungente
né che stian neghitosi unqua consente.

2.
Veggono intanto da facelle accese
esser divisi largamente i campi
e ch'a le cose lor sembianze han rese
mal grado de la notte amici lampi;
senton l'orecchie da un lamento offese
qual d'uom che d'ira e di dolore avampi:
più sempre cresce il lamentevol suono
e già vicini i lumi ardenti sono.

3.
Scorgono allora un uom già carco d'anni
giunto ove cader suol l'umana vita
involto in neri ed angosciosi panni
con la faccia di duol colma e smarrita
che in duro segno degli interni affanni
e de la rabbia dentro il petto unita
gemesospira ed altamente piange
batte il sensquarcia il crine e 'l volto frange.

4.
Era costui del morto Ugone il padre
che da paterno amor trattoseguio
col figlio insieme le francesi squadre
già vecchio ed al pugnar pigro e restio.
Ben ebbe in cielo stelle oscure ed adre
poi che con gli occhi proprii il caso rio
venne a veder del misero figliuolo
evedendolmaggior fece il suo duolo.

5.
Come egli scorge il tronco corpo amato
che par ch'in mezo un rio di sangue giaccia
cader tosto si lascia e sul piagato
busto s'affigee 'l prende infra le braccia
lo cinge e stringe e nel suo manco lato
ove è ferito piùposa la faccia
e così stassi fuor de' sensi uscito
sovra 'l morto giacendo il tramortito.

6.
Al fin tornò lo spirto al suo ricetto
e seco il pianto ed i sospir tornaro;
spinse tai voci allor da l'egro petto
con suono conveniente al duol amaro:
Amato figlio mio, figliuol diletto,
gradito figlio, figlio solo e caro,
oimè! tu morto giaci e, quel ch'è peggio,
per sì lieve cagion cotal ti veggio.

7.
O voti a voto fatti, o pensier miei
fallaci, o preghi sparsi a' sordi venti,
o decreti del cielo ingiusti e rei,
se ciò dir lece; o Dio, com'el consenti?
Deh! ben felice per tua morte sei
tu, madre sua, ch'or nulla vedi e senti;
io d'altra parte, oimè! vinto ho 'l mio fato
per esser vivo a sì gran duol serbato.

8.
Ma dove, lasso! or è, dove è, diviso
dal busto, il capo? Ahi, forse alcun l'ha tolto?
Ahi! dunque non vedrò l'amato viso?
Dunque non baciarò l'amato volto?
Così dicendo mira intento e fiso
e lo vede tra sangue e polve involto
là corre impaziente e fuori il cava
da l'elmoil bacia e col suo pianto il lava.

9.
Il nudo teschio dimostrava allora
un non so che del fiero e dell'orrendo;
tiene in lui fissi gli occhi il padre ogn'ora
e tra le man pietose il va volgendo
se l'accosta a la bocca ad ora ad ora
nulla l'orror di quello a schivo avendo:
quantoquanto sei grandeamor paterno!
Sfoga intanto ei così l'affetto interno:

10.
Ove la luce de' begli occhi è gita?
Ove del vago aspetto il chiaro onore?
Come le guancie, oimè! come smarrita
le labbia han lor vaghezza e lor colore?
Questa squallida fronte e scolorita
è quella ond'io porgea tal gioia al core?
Deh! quanto ei n'ebbe già diletto e gioia,
tanto maggior or n'have affanno e noia.

11.
Ecco, o figlio, ti fo gli estremi offici,
ch'a me dovei tu far più drittamente.
Ecco che gli occhi omai con l'infelici
man ti rinchiudo: or vale eternamente;
e se queste mie man non fiano ultrici
de la tua morte, il ciel non lo consente,
che con lungo girar l'ha già private
del suo vigore e delle forze usate.

12.
Apre a pietà Rinaldo il nobil petto
a quei lamentie raddolcir vorrebbe
alquanto di colui l'amaro affetto
perché de l'altrui mal sempre gl'increbbe;
ma poipensando che contrario effetto
in quel meschino il suo parlar farebbe
se lui pur conoscesseindi si toglie
dolente anch'ei de l'altrui gravi doglie.

13.
D'un tetto pastoral schermo la notte
fêrsi i guerrier contra l'algente luna;
allora poi che nell'oscure grotte
da l'alba vinta ogn'ombra si raguna
attraversando vie scoscese e rotte
giunsero in selva solitaria e bruna
che maifacendo a se medesma oltraggio
non riceve del sol l'amico raggio.

14.
Per questa va con torto piede immondo
serpendo un rio che da' vicin luoghi esce
ch'a' riguardanti cela invido il fondo
né nutre in sen ninfa leggiadra o pesce.
Forma poscia di sé lago ritondo
e tutte l'acque in un raccoglie e mesce:
di sterpi e pruni ha le sue rive ingombre
e sol tassi e ginebri a lui fanno ombre.

15.
Mirano i cavalier sospesi intorno
né cosa lieta lor s'offre a la vista;
nulla di vago v'ènulla d'adorno
ogni parte per sé gli occhi contrista;
qui sempre è fosco e tenebroso il giorno
sempre l'aria ad un modo oscura e trista
sempre orride le piante e torbo il rivo
sempre il terren di fiori e d'erbe privo.

16.
Mentre pur se 'n vann'oltrai giovinetti
veggion d'apresso un'alta sepoltura
e star intorno a quella in un ristretti
molti guerrier con mesta faccia oscura
che si squarciano i crinbattonsi i petti
quasi grave gli ingombri acerba cura;
e fan con novo ed angoscioso pianto
tutt'intorno sonar la selva intanto.

17.
D'un così vivo sasso e trasparente
era il sepolcro che scopriva altrui
qual sottil vetro o rio puro e lucente
ciò che avea dentro più riposto in lui:
sì che d'ambo i guerrier le luci intente
penetrar tosto ne' secreti sui
e vi mirar (quasi incredibil cosa)
donna leggiadra in vista ed amorosa.

18.
Ella era mortae così morta ancora
arder parea d'amor la terra e 'l cielo
e dal bel petto per la spalla fuora
gli uscia pungente e sanguinoso telo;
sembrava il volto suo nevech'allora
scuota Giunon da l'aghiacciato velo;
gli occhi avea chiusie ben che chiusiin loro
si scopriva d'Amor tutto il tesoro.

19.
Mentre i guerrieri a rimirar si stanno
la bella donna che sepolta giace
un di color che cerchio a l'arca fanno
e più degli altri in pianto si disface
nel cor rinchiuso il suo gravoso affanno
che s'ange più quando la lingua tace
s'armò la testa e in un cavallo ascese
ed in tal modo a ragionar lor prese:

20.
Signor, quest'acqua che qui presso stagna,
gustar convienvi, ed ella ha tal valore,
ch'a qualunque uom le labbra indi si bagna,
nuovo acerbo martir desta nel core;
onde convien ch'a pianger qui rimagna
questa estinta donzella a tutte l'ore.
Dunque senza tardar di lei bevete,
o morir di mia man pur v'eleggete.

21.
Rise Rinaldo in modo altero e disse:
Or sù, vegniamo ormai, guerrier, a l'arme,
ché se tu brami inimicizie e risse,
ch'abbi trovato uomo a tua voglia parme;
e se per le tue mani a me prescrisse
il ciel la morte, or lei vien tosto a darme.
In questo dir voltaro ambo i destrieri
e corsero a ferirsi audaci e fieri.

22.
Segnano al petto l'unl'altro a la testa
i colpied ambo quei vanno ad effetto.
Cadde Rinaldo a la percossa infesta
che lo venne a ferir sovra l'elmetto;
ma la lancia fatalch'ei poscia arresta
all'altro cavalier traffigge il petto
e lo distende dal corsier lontano
tutto tremante e sanguinoso al piano.

23.
Rinaldo d'ira e di furore acceso
leggierissimo s'alza e si solleva
né riposar mai vuolse chi l'ha offeso
prima di vita con sua man non leva;
ma come vide quel meschin disteso
che nel suo sangue involto al pian giaceva
l'ira e 'l furor dal petto a lui fuggio
u' pietade in sua vece a por si gio.

24.
Sopra gli val'elmo gli cava e slaccia
perché torni ne' sensi ond'era uscito.
Come da l'aria gli è tocca la faccia
aprendo gli occhiil cavalier ferito
un profondo sospir dal petto caccia
onde a Rinaldo è 'l cor più intenerito.
Gli chiede nondimen perché mantegna
quel rio costume e quella usanza indegna.

25.
Ma quegli allor: "Perché servato or sia
questo costume a pien da me saprai
se concesso da morte egli mi fia
che mi sovrasta e mi rapisce omai;
e se pur ti parrà l'usanza ria
il mio crudel destin n'incolperai
che la prima cagion stata è del tutto
e m'ha fatto amator de l'altrui lutto.

26.
Signorne' miei primi anni ebbi la sorte
(ma per mio mal) sì destra ai miei desiri
che meritai di tor per mia consorte
questa damach'estinta or qui rimiri;
er'io per cavalier gagliardo e forte
ella diva parea de' sommi giri
non donna umanae col leggiadro viso
ogni selvaggio spirto avria conquiso.

27.
Non era alcun che gli occhi in lei volgesse
senza infiammarsi d'amoroso ardore;
alcun non era ancor ch'a lei piacesse
fuor che sol io che fisso avea nel core.
Io d'altra partebenché allor potesse
goder di mille donne il dolce amore
lei solo amava; e in questo lieto stato
ne vissi un tempoal mio parerbeato.

28.
Ma vennelasso! dal tartareo fondo
a turbar la mia pace e la mia gioia
quella peste crudel che suole al mondo
recar sovente incomparabil noia
che 'l sereno d'amor stato giocondo
tutto col suo velen turba ed annoia:
gelosia vennee in forme strane e false
di Cliziala mia donnail petto assalse.

29.
Per usanza avev'io di gir sovente
solo a cacciar per queste selve intorno;
ma quando il sol feria con più cocente
raggioqui mi schermia dal caldo giorno.
Quest'era un bosco allor diversamente
d'alte vagghezze d'ogni parte adorno
non già com'orche solo a prima vista
con nuovo orror le menti altrui contrista.

30.
Solea meco ritrarsi in così vago
bosco Ermillauna ninfaanco talora
che non le telela conocchia e l'ago
ma l'arco e i dardi audace adopra ogni ora;
e quando il cor di seguir Cinzia ha vago
tanto fugge la dea ch'Atene onora.
Ella è di belle membra e di bel viso:
viso crudelsì sua beltà m'ha ucciso.

31.
Ma come spesso avien che 'l falso uom crede
e quel che crede osa affermar per vero
è chi m'accusa di corrotta fede
a Cliziae di cor perfido e leggiero
dicendo ch'io le rendo aspra mercede
in cambio del suo amor puro e sincero
perciò che Ermilla a' maggior caldi estivi
meco si gode nei piacer lascivi.

32.
Clizia brama veder di ciò l'effetto
pria che meco ne muova altre parole;
e perché sa che sempre il mio ricetto
questo luogh'era al più cocente sole
molto prima vi vienee nel più stretto
bosco s'ascondeov'aspettar mi vuole:
vi vengo io poscia e già sudato e stanco
ne l'erboso terren distendo il fianco.

33.
Quinci non molto poi moversi io sento
un non so chedove s'allaga l'onda:
allormeschino! acuto dardo avento
perché penso che fera ivi s'asconda;
il dardo se 'n va ratto e violento
e tiene il suo camin tra fronda e fronda
sì ch'a Clizia nel petto al fin si mise
e lui piagando ogni mio bene uccise.

34.
Cadde ellaahi lassa! a la percossa atroce
solo un languido "ohimè!" mandando fuora;
mi penetra nel cor l'amata voce
non già però ch'io la cognosca allora.
Là donde uscito è il suon corro veloce
e veggio (ahi! vista grave a l'alma ancora!)
la bella donna mia che debil langue
versando insieme con la vita il sangue.

35.
Ratto m'inchino a leila prendo in seno
e con le mie le care labra accosto;
cerco di porre al sangue uscente freno
acciò ch'ella non mora almen sì tosto:
pria che l'alma gli venga in tutto meno
di voler favellarle io son disposto
e fo sì ch'essa scopre i lumi alquanto
ed ode il mio parlarvede il mio pianto.

36.
Vede il mio pianto che con larga vena
più sempre par che 'l duol dagli occhi verse
del qual non men ch'io m'aggiaella ripiena
n'have la faccia e le palpebre asperse.
Ode questo parlaral qual a pena
ne l'uscir fuori stretta via s'aperse:
O cara, o dolce, o mia fedel compagna,
qual da te rio destino or mi scompagna?

37.
Deh! vita mia, deh! non fuggire, aspetta,
ché teco correr voglio ogn'aspra sorte;
deh! non mi lasciar solo in sì gran fretta,
empio ed odioso a me per la tua morte:
mirami almen, mira la tua vendetta
ch'io far voglio in me stesso e giusto e forte;
non mi negar il sol degli occhi tuoi,
se punirmi così forsi non vuoi.



38.
Ella tenendo il guardo in me converso
che passando per gli occhi al cor m'aggiunge
dice: "Ben miopoiché destin perverso
così rapidamente or ne disgiunge
non esserpregoa i miei desiri averso
se pur di me qualche pietà ti punge;
se l'amor mio premio sì degno or merta
fa che di questo almen ne vada certa.

39.
Fa ch'a l'inferno almen vada sicura
che dopo ch'io sarò fredda e di ghiaccio
Ermillaempia cagion di mia sventura
non fia teco congiunta al sacro laccio:
falloti pregoo dolce unica cura
di questo core". E qui stendendo il braccio
mi cinse il colloe chiuse i vaghi rai
per non gli aprir dapoilasso! giamai.

40.
Grido io misero allor: "Vana temenza
ti prese il coreo mia diletta moglie:
deh! ch'un vano sospettoun timor senza
dritta cagione alcuna or mi ti toglie;
deh! ch'una sol falsissima credenza
or mi porge cagion d'eterne doglie:
misera de' mortal vita fallace
s'ad ogni caso repentin soggiace!"

41.
Parve che l'aere fosco asserenasse
pel volto suoClizia tai cose udendo
e che gioia e letizia alta mostrasse
l'alma da la prigion terrestre uscendo
quanto fallace error pria l'ingombrasse
nel mio vero parlar or cognoscendo
ma de la morte sua tanto i' mi dolsi
che quasi a me l'odiata vita io tolsi.

42.
Purripensando poi che troppo leve
fora pena cotale a tanto eccesso
e n'andrebbe impunito il fallo greve
ch'uccidendo il mio bene avea commesso
volsi che 'l duol ch'in vita si riceve
da chi vive inimico di se stesso
e la luce del sole aborre e sdegna
fusse del mio fallir pena condegna.

43.
E perché il mio dolor sempre crescesse
vedendo la cagion di lui presente
oprai ch'un mago questa tomba fesse
di questo sasso vivo e trasparente
e l'estinta donzella entro ponesse
così trafitta da lo stral pungente
sì che non mai per raggirar di cielo
si corrompesse in lei la carne o 'l pelo.

44.
Ma parendomi poi luogo difforme
questo al mio duro stato ed angoscioso
fei che quel mago lo rendeo conforme
ed oscuro lo fece e tenebroso
togliendo a lui ciò che potea distorme
pur breve spazio dal pensier noioso
con gran poter ch'al suon de le parole
muove la terra e 'l corso arresta al sole.

45.
Volsi poiper aver ne l'aspra sorte
compagno alcuno e ne le acerbe pene
e perché di costei la dura morte
pianta ancor fusse quanto a lei conviene
ch'incantasse quest'acqua di tal sorte
ch'a qualunque uomo a gustar mai ne viene
per la pietà di chi qui morta giace
nel cor destasse duolo aspro e tenace.

46.
Onde spinto da quelfêsse soggiorno
meco piangendo la costei sventura;
come or gli vedi a questo sasso intorno
che miran sempre entro la sepoltura.
Io poi di stare ognor la notte e 'l giorno
disposi in tutto in questa valle oscura
sforzando ogni guerrier che vi passasse
che mai suo grado il rio liquor gustasse.

47.
Ma il nuovo incanto di quest'acqua insieme
col duro viver mio fia terminato
ed ognun di costor che piagne e geme
ritornarà nel suo primiero stato".
Così diss'egli; e le parole estreme
non bene espresse col mancante fiato.
Non molto dopo spirò l'almae quella
s'alzò volando a la sua pari stella.

48.
Morto ch'ei fucolor che in mesti accenti
disfogavano il duol chiuso nel petto
posero fine ai queruli lamenti
liberi ancor dal grave interno affetto:
alcun di lor non è che si rammenti
a pien de la cagione ond'era astretto
a lamentarsi; e l'un l'altro rimira
dubio e sospesoe 'l pensier volve e gira.

49.
Rinaldoch'era assai doglioso e tristo
del caso occorso al miser cavaliero
molto si rallegrò com'ebbe visto
liberi questi da l'incanto fiero;
e del lor dubio e del sospetto avisto
conto e chiaro lor fece il caso intiero.
Quei gli resero allor grazie infinite
e per l'obligo lor gli offrir le vite.

50.
Veggono (a dir mirabil cosa) intanto
levarsi un gran sepolcro alto dal piano
e in un momento a quel primiero a canto
esser poi messo da invisibil mano.
Si maraviglia ognun del nuovo incanto
e gli par caso inusitato e strano.
Lo stupor crebbeché da lor fu scorto
giacervi dentro il cavalier già morto.

51.
Scorsero ancor del trasparente vaso
lettre intagliate in apparente parte
onde era esposto l'infelice caso
de' duo miseri amanti a parte a parte.
Ma già nessun nel bosco è più rimaso
già l'un da l'altro si divide e parte;
fatte di qua di là molte parole
di cortesiacome al partir si suole.

52.
Col gran figlio d'Amon sol vi rimane
Florindoa lui già d'amor sommo avinto
e come cerca l'odorante cane
le fere ognor per naturale istinto
ne' cespugline' vepri e ne le tane
cosìda cura generosa spinto
cerca ognun di costor nova aventura
or per monteor per boscoor per pianura.

53.
Il terzo giornoallor ch'il sol lontano
da l'orto e da l'occaso è parimente
videro il mar Tireno placido e piano
il bel lito ferir tacitamente;
e si trovaro in un fiorito piano
di tanti e più color vago e ridente
di quante grazie adorno è 'l caro viso
che m'have l'alma e 'l cor dómo e conquiso.

54.
Quivi si vede il bel garzon ch'estinse
spietato discoonde tal forma prese
e quel cui folle errore a morte spinse
miser che di se stesso in van s'accese
e chi di dolce amor t'arse e t'avinse
o bella divail cor molle e cortese
per cui tu Marte e 'l tuo Vulcan lasciasti
e con le selve il terzo ciel cangiasti.

55.
Quivi il nardol'acantoil giglio e 'l croco
veggonsi il vago crin lieti spiegare
ed altri fior di cui null'altro luoco
volle giamai l'alma Natura ornare:
tra' quai con mormorar soave e roco
se 'n va limpido rio serpendo al mare
pieno il bel corno di coralli e d'auro
onde Teti non ha maggior tesauro.

56.
Quivi non querci e piniabeti o faggi
ma laurimirti e vaghi altri arbuscelli
difendono il terren da' caldi raggi
con gli odorati lor verdi capelli;
quivi nei cor più duri e più selvaggi
destan dolce pensier vezzosi augelli
che scherzando su' rami e su le fronde
soavemente a l'un l'altro risponde.

57.
Mentre rimiran questi il luoco adorno
pensando che tal forse esser doveva
il bel giardin dove già fêr soggiorno
i gran nostri parenti Adamo ed Eva
sentir poco lontan sonar un corno
che dolcemente l'aria percoteva
e vider poi venir due damigelle
vagheleggiadrea maraviglia belle.

58.
Ha l'una i bei capelli al capo avolti
partiti in treccie in maestrevol modi
e poi gli tiene in sottil rete accolti
che di fin auro e perle ha sovra i nodi;
l'altra ad arte ir gli fa negletti e sciolti
e quasi par ch'ivi se stessa anodi
l'aurach'or gli alzaor gli rincrespa e gira
e sempre in lor più dolcemente spira.

59.
Purpurea seta testa a gigli d'oro
le belle membra a quella asconde e cela;
gonnach'è del color del sacro alloro
sparsa di gemmea questa il corpo vela;
ambo candidi sono i destrier loro
adorni sin ai piè d'argentea tela;
tutti i loro scudieri a la divisa
con vesti vanno d'un'istessa guisa.

60.
Giunte queste ai guerrieriad ambo pria
fanno inchin riverente e grazioso
poi richieggiono un donoil qual non fia
ad alcun di lor duo grave o noioso.
Rinaldo allor: "Chi dono a voi potria
negare sia quant'esser può dannoso?
Vostro èsignoreil comandarnee poi
deggiam quel ch'imponete esseguir noi".

61.
Ed elle a loro: "Il don che noi chiediamo
e che voi di concederne affermate
è che un nostro palagio ove alberghiamo
de la vostra presenzia oggi degniate:
indisignornon molto lungi siamo
ch'è quel che dirimpetto or rimirate
là su la cima del piacevol colle
che vagheggiando intorno alto s'estolle".

62.
Così dicendo ancorsi fero scorta
de' cavalier ch'a lor se 'n vanno a paro
i quai però quanto il dover comporta
di tanta cortesia le ringraziaro;
prendon la strada ch'è più vaga e corta
sin che al colle vicin tosto arrivaro
al bel colle dipinto il tergo e 'l seno
cui lava i vaghi piedi il mar Tireno.

63.
Pausilippo quest'èdove s'avanza
natura ed ha de l'opre sue stupore
ove è di Clori la perpetua stanza
ov'ha Pomona il suo tesor maggiore;
ove menan le Grazie eterna danza
in compagnia di Venere e d'Amore
c'hanno l'antiquo Cipro in lui cangiato
come in più degno albergo e più pregiato.

64.
Come a la cima fur del vago monte
dolce sonar di nuovo un corno udiro;
indi calossi del palagio il ponte
onde molte donzelle insieme usciro.
Han tutte vaghe membraamabil fronte
abito eletto e d'artificio miro;
cortesi in vista sonma nel bel volto
han virginal decoro insieme scolto.

65.
Una di loroa cui la schiera bella
tutta portar parea maggior rispetto
raccolse con benigna umil favella
i cavalier e con cortese aspetto;
e l'un con questa manl'altro con quella
presogli addusse dentro il real tetto
ricco e superbo per materia ed arte
in ogni sua men degna e nobil parte.

66.
Giunseroascesa pria la regia scala
ch'era di pietra alabastrina e viva
in spaziosa e ben formata sala
che scopre il piano e la tirena riva.
Quivi da più fenestre il fiato esala
verso là dove il dì more o s'avviva
verso settentrione e verso dove
cinto di pioggia i crini Austro si move.

67.
S'alza a punto nel mezo ornato altare
ricco d'oro e di gemme a maraviglia
ove di donna un bel ritratto appare
che sol se stessa e null'altra simiglia:
veggonsi in lei grazie divine e rare
sguard'umanchiara fronteallegre ciglia
aria gentilbenigno onesto riso
e par ch'accoglia ognun con grato viso.

68.
Tiene aperte le mani in modo tale
che si mostra al donar pronta ed usata;
l'attraversa per mezo un mottoil quale
ha tal sentenza in lettre d'or segnata:
Tra le figlie di Dio nata immortale
son io, non men d'ogni vertù pregiata,
né senza aver di me ripieno il core
ascender può mai l'uomo a vero onore.

69.
Pendon dopoi da le parti più belle
molte imagin ritratte in tutti i lati.
Di sesso e volto son diverse quelle
e gli abiti tra loro han variati;
né so se tai le avria già fatte Apelle
o se tai le fêsse oggi il Salviati
che coi colori e col penello audace
scorno a Naturainvidia agli altri face.

70.
Come nel bel de le dipinte carte
la vista i cavalier hanno appagata
e de la regia sala a parte a parte
la mirabil ricchezza ancor mirata
chiedono a lei che gli divide e parte
sendo tra l'uno e l'altro in mezo intrata
di chi l'imagin sia che rende adorno
l'altaree di chi l'altre appese intorno.

71.
L'esser suo chiedonle ancoe di coloro
che fan seco dimora in compagnia
e come il feminil leggiadro coro
così da' cavalier sevro si stia.
Ellaa que' detti rispondendo loro
disse: "Il saprete allor che tempo ei fia".
Poscia in stanza men grande indi gli mena
ove apparata è la superba cena.

72.
Gareggia insieme il nobil drapelletto
in far allor servigio a' duo baroni:
chi scarca lor de la corazza il petto;
chi di spade e pugnale ambi i galloni;
altra l'elmo e lo scudo e 'l braccialetto
altra il resto lor trae fino agli sproni;
altri le mani lor da vasi aurati
sparge di liquor varii ed odorati.

73.
Vinti donzelle ne la mensa a canto
s'assidono ai guerrier; vint'altre han cura
di farla ricca e lietaa pien di quanto
produce grato al gusto uman natura.
E spumante liquor di Bacco intanto
meschian vint'altre ancor con acqua pura
ed altre tante ai lor vocali accenti
rendon concordi i musici stromenti.

74.
Come coi cibi fucome coi vini
dóma la sete e l'importuna fame
e si scoprirlevati i bianchi lini
i bei tapeti adorni d'aureo stame
disse ver lorrivolta ai pellegrini
baron colei che fra quelle altre dame
maggior sembrava: "Orasignorsaprete
quel che poco anzi a me voi chiesto avete.

75.
Di Napolicittà che 'n riva al mare
siede quindi vicingià resse il freno
donna che fu de le più degne e rare
virtuti adorna e copiosa a pieno
che sopra tutto non trovò mai pare
in cortesiasì n'ebbe il cor ripieno;
ed in ciò vinse i più lodati essempi
che giamai furo negli antiqui tempi.

76.
Costeivaga d'oprar cosa ch'ognora
la memoria di lei viva serbasse
tai chesì come in vitain morte ancora
l'alta sua cortesia si celebrasse
fece con l'arte magaond'essa allora
a pena ritrovò chi l'aguagliasse
questo palagio in cima a questo colle
ed a la Cortesia sacrare il volle.

77.
Sendo a la Cortesia poscia sacrato
chiamollo Albergo de la Cortesia
e l'imagin di lei sovra l'ornato
altar drizzòdove ad ogni or si stia:
ritrasse poi ciascun che mai sia stato
raro tra' più cortesio che pur fia;
ed i ritratti loro intorno appese
sì che il muro più vago indi si rese.

78.
Lascia da poi che in cortesia si spenda
in questo albergo tanto argento ed oro
che ve 'n fia sempreben che il sol risplenda
mille volte or nel Cancro ed or nel Toro.
Né crederò ch'a cotal pregio ascenda
altro cui re possegga ampio tesoro;
e vuol che le ricchezze e 'l luoco istesso
sia governato ognor dal nostro sesso.

79.
Da donzelle però d'alti parenti
ne l'Italia felice al mondo nate
le quali a note ed ad ignote genti
non sol ricetto dar siano obligate
ma cercar anco co' pensieri intenti
deggian ch'ad albergar sempre menate
sian qui donne e donzelle e cavalieri
del paese cosìcome stranieri.

80.
Vuol anco ch'ognor vada a questo effetto
una copia di lor là presso il lito
la qual tenti condurre al suo ricetto
ognun che passa con cortese invito;
e perché non le punga al cor sospetto
de l'onor suoche non le sia rapito
incantò il monte e intorno ancor sei miglia
con nuova ed incredibil meraviglia.

81.
Che s'alcun donna ingiurioso offende
ne l'averne la vita o ne l'onore
d'invisibile ardor tutto s'accende
sì che miseramente al fin ne more;
ma sì come l'incanto ognor difende
chi serva in fatto il virginal suo fiore
così qual donna il macchia e 'l tiene a vile
quinci discaccia con perpetuo stile.

82.
Come il mar scaccia d'uom le membra estinte
come scaccia pastor le infette agnelle
così con forza non veduta spinte
da questo spazio son le damigelle
che da l'amore o dal gran premio vinte
miserefuro al proprio onor rubelle.
E quinci avien che i padri nostri poi
non hanmentre stiam quicura di noi.

83.
Fe' da poi la reginaAlba nomata
per mostrarsi cortese in ogni cosa
e per farsi a coloro amica e grata
che van cercando ogni ventura ascosa
una barca mirabile incantata
ch'ella chiamò la barca aventurosa
perciò ch'ognun che in lei di gir si fida
sempre a qualche aventura in breve guida.

84.
Senza nocchiersol da l'incanto scorta
se 'n va la barca per l'ondoso mare
e gli erranti guerrier securi porta
là dove il lor ardir possin mostrare
come (se 'l vostro core a ciò v'essorta)
voi potretesignoriancor provare:
ché la barca tegniam quinci vicina
dove col nostro lito il mar confina.

85.
Or l'ordin che tra noi serbar sogliamo
riman che sol vi dicaed egli è questo:
ch'ogn'anno tra noi tutte una eleggiamo
ch'abbia a regger poi l'altre il pensier desto.
A quant'ella n'impon tutte obidiamo
pur che comandi il licito e l'onesto.
Io che per nome Euridice son detta
al degno grado fui poco anzi eletta.

86.
Fu Guilanteil leggiadroil padre mio
e in Capua dominò mentre che visse".
Qui tacque alquantoindi il parlar seguio
e de l'altre la stirpe e 'l nome disse;
ma perché tinta già d'oscuro oblio
sorgea la nottefe' ch'ognun si gisse
a riposar su l'addagiate piume
sin ch'in ciel si mostrasse il nuovo lume.


CANTO OTTAVO


1.
Già svegliata l'Aurora al dolce canto
de' lascivetti augei vaga sorgea
e con le rosee mani il fosco manto
de la notte squarciava e dissolvea;
i suoi tesori vagheggiando in tanto
l'arial'acquail terren lieto ridea
e giù versava dal bel volto il cielo
formato in perleil matutino gelo;

2.
quando i guerrierlasciato il pigro letto
vestir le membra di lucente acciaro
e 'n compagnia del nobil drappelletto
a rimirar quei bei ritratti andaro:
ché brama ognun di lor che gli sia detto
di quelli eroi futuri il nome chiaro
de' quaiciò ch'ebbe Alba di dire in uso
di bocca in bocca poi s'era diffuso.

3.
Così di bocca in bocca era discesa
di quei cortesi eroi l'istoria vera
ch'Euridice l'aveva anch'ella intesa
e render ne sapea notizia intera;
ondeper appagar la brama accesa
che di par giva in quella coppia altera
or ne' ritratti or ne' suoi volti fisse
le luci avendoal fin così le disse:

4.
Dei duo che là su stanno, a cui lucente
porpora sacra il sacro capo adorna,
questi Ippolito fia, da l'occidente
noto sin dove il sol nasce ed aggiorna;
Ercol Gonzaga quel, ch'unitamente
potranno a l'eresia fiaccar le corna,
ed atti ad alte imprese, a grave pondo,
regger insieme con la Chiesa il mondo.

5.
Mirate quel, che da le più vicine
parti presso l'altar sacrato pende,
a cui non men di lucido ostro il crine,
e di regal onor la faccia splende:
adorneran costui virtù divine,
e quel che più simile a Dio l'uom rende;
del sangue estense fia, Luigi detto,
giovene ancora a sommi gradi eletto.

6.
Ma fra tutti gli alteri e degni pregi,
che sempre luceran qual fiamme accese,
nullo serà che più l'illustri e fregi
de l'alta cortesia, ch'ogn'or palese
farà con mille e mille fatti egregi
in mille occasioni, in mille imprese:
onde darà soggetto a bronzi, a marmi,
a dotte prose ed a vivaci carmi.

7.
Volgete gli occhi a quel che in vista pare
figliol di Marte, anzi pur Marte istesso:
or chi potrà costui tanto lodare,
ch'ai suoi merti divin giunga mai presso?
Per questo il Po n'andrà più lieto, e 'l mare,
non solo i fiumi, inchinaransi ad esso:
sarà il secondo Alfonso, e 'l ricco freno
di Ferrara terrà felice a pieno.

8.
L'altro, severo il volto e grave il ciglio
e adorno sì di maestà regale,
del gran Maria Francesco serà figlio,
maggior del padre in pace, in guerra eguale,
sotto 'l cui saggio impero unqua in periglio
Urbin non fia d'alcun dannoso male,
ma fiorirà per l'alme sue contrade
una lieta, felice ed aurea etade.

9.
Da tanto genitor prodotto al mondo
fia quel garzon ch'in volto è così fiero,
che sosterrà di mille guerre il pondo
e d'eserciti mille avrà l'impero:
fulgor de l'armi a null'altro secondo,
prudente duce, audace cavaliero;
né mai morrà, se mai non muor colui
che ne' cuor vive e ne le bocch'altrui.

10.
De' duo quindi lontan, giovani in vista,
la sacra mitra ha l'un, l'altro ha la spada:
un, Annibal di Capua, onde di trista
convien che lieta Roma un tempo vada;
l'altro, che la fortezza al senno mista
avendo al ciel si farà larga strada,
è Stanislavo, di Tarnovio conte,
che star potrà co' più famosi a fronte.

11.
Fia quel, nel cui benigno e vago aspetto
splende di cortesia sì chiaro lume,
Scipion da Gazuol, fido ricetto
d'ogni virtù, d'ogni gentil costume,
che sevro dal vulgar stuolo negletto
al ciel s'inalzerà con salde piume;
a Minerva, a le Muse, a Febo amico,
de' buon sostegno, a' vizii aspro nemico.

12.
Quel che mostra desio di gloria aperto
nel volto, e aperta ha l'una e l'altra mano,
serà Fulvio Rangone, il cui gran merto
lo farà noto al prossimo e al lontano;
l'altro ch'al vero onor per camin certo
n'andrà, raro scrittore e capitano,
Ercol Fregoso al mondo noto; e quello
che par sì uman, fia Sforza Santinello.

13.
Or rimirate da quell'altro canto,
ov'il bello del ciel tutt'è raccolto,
sì ch'il sol non ne vide unqua altretanto,
il sol cui nulla di mirare è tolto.
Colei c'ha ducal cerchio e ducal manto,
ma reali maniere e real volto,
Vittoria fia del gran sangue Farnese,
magnanima, gentil, saggia e cortese.

14.
Lucrezia Estense è l'altra, i cui crin d'oro
lacci e reti saran del casto Amore,
ne le cui chiare luci ogni tesoro
del cielo riporrà l'alto Fattore;
per cui Minerva e di Parnaso il coro
non so se loda o biasmo avran maggiore:
loda, perché da lei fiano imitate,
biasmo, sendo poi vinte e superate.

15.
Le due fian sue germane e belle e saggie,
e d'ogni raro ben ricche ed altere,
per queste de' mortai fallaci piagge
scorte di gire a Dio fidate e vere;
l'altra, che par che l'aria intorno irragge,
ond'Amor se medesmo accende e fere,
Claudia Rangona fia, che non gli altrui
ma faran chiara i proprii scritti sui.

16.
Qui fu da lei fine al suo dire imposto
che destò nei guerrier diletto eguale.
Quelliche già tra loro avean disposto
di solcar lo spumante ondoso sale
chieggiono umili al vago stuol che tosto
lor si conceda in grazia il pin fatale;
né ciò fu sol da quelle a lor concesso
ma cari doni ancor largiti appresso.

17.
Ebbe Rinaldoonde se 'n vada ornato
il suo Baiardosella e fornimento
di spesse gemme sparso e tempestato
sì ch'ogn'occhio rendea pago e contento:
il morso a la gemina è lavorato
le staffe ancorae son di puro argento;
de l'istesso metallo è 'l grosso arcione
vago d'intagli ad ogni paragone.

18.
Diero a Florindo ancorperché gli copra
l'armevaga e mirabil sopravesta
ch'ai più ricchi lavor se 'n gia di sopra
di vario stamein varii modi testa;
né forse Irene bella unqua fece opra
non ch'Aragne o Minervaequale a questa:
ivi pinto con l'ago han mani industri
de la suora del sol l'imprese illustri.

19.
Quel che con maggior arte e maggior cura
quivi il saggio maestro intesto avea
era di Niobe la crudel sventura
tal ch'opra naturale altrui parea:
piangeva i figli nel cui volto oscura
morte viva ed espressa si vedea
le man stringendoe con doglioso affetto
al ciel volgendo il minacciante aspetto.

20.
Scorgesi altrove in abito succinto
con faretra pendente al manco lato
con crine sciolto e parte in nodi avinto
tender l'arco la dea curvo e piegato:
par ch'ondeggi il capelda l'aura spinto
ch'ella piova furor dal volto irato;
ch'orribilmente fischi e ch'ali metta
mentre fendendo il ciel va la saetta.

21.
Stan le figlie di Niobe in viso smorte
davanti a leisovra i fraterni petti
qual di duolqual di tema e qual di morte
scolti avendo negli atti i vari affetti.
Una ch'apre le labbia onde conforte
la madre forse con pietosi detti
riceve in questa il dardo in boccae pare
fermarsi a mezzotronco il suo parlare.

22.
Ad un'altra che stende il braccio dritto
quasi dar voglia a la sorella aita
si vede quello e 'l petto ancor trafitto
d'un dardo sol con doppia aspra ferita.
Col ferro entro in un fianco ascoso e fitto
giace la terza languida e smarrita
cui da strale è confissa una in quel modo
che legno a legno suol da saldo chiodo.

23.
Mostra la quinta aver timore immenso
la man tendendo in mesto atto e dimesso;
col piede alzato e 'l corpo in aria estenso
l'altra sorella il suo fuggire espresso;
si scorge in Niobe duol grave ed intenso
mentre nasconde col suo corpo stesso
l'ultima figliache tremante sembra
coprir le sue con le materne membra.

24.
Se 'n vanno al lido i due guerrieri insieme
e rendon quivi il fatal legno carco.
Quelcome sente il pondo il qual lo preme
si move quasi stral ch'esca da l'arco:
frangesi l'onda e mormorando freme
tutta spumante sotto 'l curvo incarco;
intanto fugge e si dilegua il lito
sì che dagli occhi omai tutt'è sparito.

25.
Già tutto mare e cielo è d'ogni canto
ché quanto cala il suoltanto il mar poggia;
tien dritto il suo camin la barca intanto
senza alternar la vela ad orza o poggia;
se 'n va per l'alto marmossa da incanto
con ratto corso e non usata foggia
passando d'uno in altro equoreo seno
tal ch'uscita ella è già dal mar Tirreno.

26.
Volgeasi omaidi mille fregi adorno
tacito e muto il cieloetolto il sole
col tôrci il volto suon'aveva il giorno
quando sentiro un suon qual di parole
qual d'uom a cui vien fatto oltraggio e scorno
che di ciò con le strida alto si duole.
La barca verso 'l suon ratta si drizza
sì che più ratto mai delfin non guizza.

27.
Vidercome fur presso i due guerrieri
due legni in un congiunti ed abbordati;
e d'uno in altro poi da masnadieri
varii arnesi esser messi e trasportati
e insieme ancora donne e cavalieri;
ma sciolte quelle vanquesti legati;
i vincitori lor sembianza accusa
per corsari e per gente al mal sempre usa.

28.
Tra lor si scaglia dal garzon seguito
Rinaldoe sgrida e gli minaccia forte.
Unche più sembra di lor tutti ardito
e duce de la barbara coorte
disse: "Avete mai piùcompagniudito
ch'uom vada a ricercar la propria morte?
Or vedetelo in questii quai non sanno
come altramente procacciarsi danno".

29.
Indivolto a Rinaldo: "Or sumeschino
tratti quest'armee datti a me prigione:
così fuggirai forse il tuo destino
ch'è 'l mio voleree fia ch'io ti perdone".
Per paroleparole al Saracino
già non rendette il gran figliol d'Amone;
ma nel pettodov'ha l'anima albergo
cacciogli il ferro e fello uscir da tergo.

30.
Come s'aventansusurrandoal viso
l'irate pecchie insieme unitamente
al villanel ch'aggia il re loro ucciso
per vendicarlo di morir contente
così contra Rinaldo a l'improviso
muove gridando la villana gente;
e se fu tarda a la colui difesa
tarda non è per far a questo offesa.

31.
Miseri! dove gite? a tor la pena
forse che merta il vostro oprar sì torto?
Quest'impeto a morir tutti vi mena
e non a vendicar il duce morto.
Rinaldo quanta ha forza e quanta ha lena
quanto ha valor qui dimostra scorto;
e fa l'istesso il suo Florindo ancora
vago ei non men che sì ria gente mora.

32.
Mangambebusti e sanguinose teste
già si veggion per l'aria andar balzando;
s'addoppian sempre le percosse infeste
lampeggia e tuona l'uno e l'altro brando:
elmo o scudo non è che quelli arreste
qual volta ratti in giù vengon calando;
né solo arma non è ch'a lor resista
ma non gli può soffrire ancor la vista.

33.
Il gran figliol d'Amone otto n'occise
con l'otto prime orribili percosse;
poi con la nona ad un l'elmo divise
e le chiome gli fe' sanguigne e rosse.
Quelritiratoal crin la man si mise
per veder s'ampia la ferita fosse;
ma mentre ei tocca la primiera piaga
novo colpo maggior la man gli impiaga.

34.
Florindo il sovragiungee d'un riverso
l'alzata mano a lui troncando taglia;
quel furioso e ne la rabbia immerso
allor contra 'l baron ratto si scaglia:
tira gran colpi a dritto ed a traverso
e tutto si discopre e si sbaraglia;
cauto il guerrier di punta il ferro vibra
gli aggiunge al corné lascia sangue in fibra.

35.
Uccise poi LicoEuribante e Orgolto:
divise il primo da la spalla al fianco
al secondo partì per mezzo 'l volto
recise al terzo il drito braccio e 'l manco.
Avrebbe Alferno ancor di vita tolto
ma gliel vietar Folerico e Lanfranco
chedar volendo al lor compagno aita
con la morte comun gli porser vita.

36.
Sembrano i due campion strali ch'al basso
irato aventi fulminando Giove:
a quel alto furorea quel fracasso
a quelle rare e non più viste prove
già quasi ogni pagan di vita è casso
né più l'armi dannose indarno move;
e chi fruisce ancor l'aura vitale
si crede al mar com'a men grave male.

37.
Già di tutto il villan barbaro stuolo
solo un vivo ne' legni era rimaso
e verso lui se 'n gia Rinaldo a volo
per mandar la sua vita anco a l'occaso;
ma lo sottrasse a quell'estremo duolo
improviso consiglioanzi pur caso:
ch'impetrò breve spazio a la sua morte
con atti umili e con parole accorte.

38.
Dopoi dice: "Signorvostro destino
col morir nostro quel di voi procura
e v'induce a far onta al gran Mambrino
al più fort'uom che fesse mai Natura
al maggior re del popol saracino
c'ha di noiqual di serviamica cura
e vorrà farne in tutto aspra vendetta
qual a l'offesaal suo valor s'aspetta.

39.
Noisuoi ministriaveamo a forza prese
per condurle a lui poiqueste donzelle:
ch'ei manda a corseggiare ogni paese
sol per averne di leggiadre e belle.
Or come avrà de le mortali offese
che tutti estinti c'havere novelle
non vedrà suo desir contento e sazio
sin che di noi non aggia fatto strazio.

40.
Ei ben saprà la nostra avversa sorte
bench'uccida or qui me la vostra mano;
saprà non men chi n'abbia posto a morte
sia di Cristo seguace o sia pagano
perch'un gran mago che gli alberga in corte
il tutto gli farà palese e piano.
Ma se da voi lasciato in vita io sono
spero impetrarvi a tanto error perdono".

41.
Qui gli tronca Rinaldo il suo parlare
e gli dice: "La vita or ti dono io
perché tu possa al tuo signor narrare
degli altri suoi ministri il caso rio;
e s'ei di lor vorrà vendetta fare
e di combatter nosco avrà desio
digli che siam guerrier del magno Carlo
ch'in ciò pronti saremo ad appagarlo.

42.
Questi Florindoio son Rinaldo detto
di Chiaramontee son figliol d'Amone
che lui non temoe ne vedrà l'effetto
quando venirà meco al paragone;
e chi temer deve uom da cui negletto
siaqual da luil'onesto e la ragione?
Or suprendi il tuo legno e quinci parti
poi c'ha voluto a morte il ciel sottrarti".

43.
Si volge poi con più serena faccia
dove le dame e i cavalier si stanno
e dal lor petto ancor dubbioso scaccia
con cortesi parole il grave affanno.
Indi le man con le sue man dislaccia
a coloro ch'a tergo avinte l'hanno;
e fa l'istesso il buon Florindo ancora
sì ch'ogni nodo è sciolto in poco d'ora.

44.
Intesero ambo poi come si chiame
di quelli ogni guerrieroogni donzella
e che colei che fra tutt'altre dame
riportava la palma in esser bella
possedeva d'Arabia il gran reame
figlia di Pandiondetta Auristella;
e ciascun d'essi a la comun preghiera
diede non men di sé notizia intiera.

45.
Dopo lungo parlar i due baroni
tornar di nuovo a l'incantata barca
e ricusar de la regina i doni
ch'ella dar lor volea con man non parca.
Il legno com'al fianco aggia gli sproni
ratto si move e 'l mar solcando varca
e fatto gran camin volge a la terra
il corsoe con la proda il lito afferra.

46.
Come cadente peso al centro giunto
tosto si ferma ed ivi il moto affrena
così più non si mosse il legno punto
avendo tócco il salso lido a pena.
Smontano i cavalier dov'è congiunto
l'estremo mar con la minuta arena
e cavar fanno ancor dagli scudieri
fuor di barca insellati i lor destrieri.

47.
Non pria dal legno ognun fu dismontato
che quel ratto lasciò la terra a tergo
e da l'incanto per lo mar guidato
tornò veloce ne l'antiquo albergo.
Veggiono intanto i cavalieri alzato
d'un vago piano in sul fiorito tergo
un padiglion chequal palagio grande
superbo intorno si dilata e spande.

48.
Verso l'altera e ricca tenda i passi
la bella coppia immantinente torse:
giunto u' per larga porta entro in lei vassi
gli occhi per tutto raggirando porse
e di lucenti alabastrini sassi
un gran pilastro in mezzo alzato scorse
sovra del qualscolpita in treccia e 'n gonna
si vedea vaga e giovinetta donna.

49.
Quivi gran sacrificio allor si fea
com'era stil del popolo asiano
che sovente onorarstolto! solea
con vani sacrifici un idol vano.
Tra le velate corna il bue cadea
feritoe fêan di sangue umido 'l piano
le simplici agne e l'umil pecorelle
trafitte ne la gola e queste e quelle.

50.
Da viva fiamma uscian chiari splendori
ond'era adorno e risplendente il loco;
né men ch'accesi raggiarabi odori
spirava in fumo accolti il sacro foco.
Salendo il fumo al cielcon varii errori
si meschiava ne l'aria a poco a poco.
Ne l'imagin Rinaldo i lumi gira
e la conosce tosto e ne sospira.

51.
Conosce gli occhi onde aventogli Amore
il primo stral ch'ancor gli punge il petto
ed onde mosse insieme il dolce ardore
ch'ognor l'infiamma d'amoroso affetto:
conosce i crinco' qual gli avinse il core
sì ch'anco egli è tra sì bei nodi stretto;
la chiara fronte e l'aria del bel viso
la bocca e 'l dolce lampeggiar del riso.

52.
Mentre fiso contempla il gran campione
l'amato oggetto d'ogni suo pensiero
un cavalier di quei del padiglione
c'ha grandissimo corpoaspetto altero
atti superbi e sguardo di lione
e inquieto sembraaudace e fiero
volta a Rinaldo l'orgogliosa faccia
con tai detti lo sgrida e lo minaccia:

53.
Villan guerrier, perché d'arcion non scendi,
e non adori la divina imago?
Come a la mia presenza audacia prendi
di rimirar così l'aspetto vago?
Or su, poiché 'l tu' error chiaro comprendi,
se pur non sei de la tua morte vago,
scendi, e scenda anco il tuo compagno teco,
e fate sacrificio insieme or meco.

54.
Vo' che confessi ancor che tra' mortali
d'amar cosa sì degna io solo merto,
e ch'alcun altro per bellezze tali
degno non è d'aver pene sofferto.
Chi sei tu, disse allor Rinaldo, e quali
sono i tuoi merti? Or di ciò fammi certo,
ch'in quanto al primo teco io già m'accordo,
ma nel secondo sin ad or discordo.

55.
Se no 'l sai, son Francardo, e son signore
d'Armenia, e basti ciòcolui riprese.
Al gran figlio d'Amone intorno 'l core
fervendo il sangue allor tosto s'accese;
indi al volto poi corse e d'un colore
di viva fiamma rossegiante il rese
sì che fe' del pagano a la preposta
altera e convenevole risposta.

56.
Io dirò ben che sei più d'altro indegno
di locar in tal luoco i pensier tuoi;
e te 'l dimostrarà con chiaro segno
questa mia spada or or, s'or or tu vuoi.
Non così rode tarlo arido legno
come quel rose l'ira a' detti suoi:
onde imbracciato il manto in lui si scaglia
e sol col brando corre a la battaglia.

57.
Ride Rinaldo pien di sdegno e dice:
Va', t'arma pur; né ti pigliar tal fretta.
E quelli a lui: "Questa mia spada ultrice
basterà sola a far la mia vendetta".
Ahi!risponde Rinaldo "ei si disdice
così pugnar ad uom ch'onor n'aspetta".
L'altro più non attende e 'l ferro tira
ma Baiardo da parte ei ratto gira.

58.
Indi dice: "Guerrierteco giamai
non pugnarò se tu primier non t'armi:
cavaliero sono ioné tu potrai
con la tua villania villano farmi. -
Il saracino a lui: "Tu falli assai
se tu credi in tal modo unqua placarmi".
E 'n questo tanto colpi orrendi mena
sì che Rinaldo se 'n difende a pena.

59.
Non può Florindo allor ciò più soffrire
ma di giusto disdegno arma il coraggio
e gli dice: "Pagan privo d'ardire
che vantagio cerchi or nel disvantaggio?
Volgivolgiti a mes'hai pur desire
di dar del tuo valor sì chiaro saggio:
ché tu non merti ch'il tuo corpo cada
per la costui sì degna invita spada".

60.
Qual orso che colui che l'ha percosso
di sbranar con gli unghion rabbioso tenta
s'altri in questa lo fiedeei tosto addosso
il primiero lasciandoa lui s'aventa;
tale il pagan verso Florindo mosso
la destra ch'era a l'altrui danno intenta
contra lui drizza e 'l crudo ferro inchina
che con novo furor in giù ruina.

61.
Florindo al brando ostil lo scudo oppone
e quel ne taglia poi quanto ne prende
giunge al braccio e l'impiagaed a l'arcione
quinci ogni arme rompendo orribil scende.
A quel colpir sì grave il fier barone
d'ira il cordi rossore il volto accende;
su le staffe s'inalza e 'l ferro stringe
e con un gran fendente il cala e spinge.

62.
Parte del colpo su la spada tolse
il re pagannon però vano il rese:
ché quel per dritto a meza tempia il colse
e di piaga mortal quivi l'offese.
Gocciando il sangue in rosso smalto volse
il verdeed ei tremando al pian si stese
con quel romor che suol ben grave sasso
che d'un monte si spicchi e caggia al basso.

63.
Color che da la tenda erano intenti
a rimirar la perigliosa guerra
ad armarsi non fur pigri né lenti
giacer vedendo esangue il re per terra:
altri lanciealtri spadealtri pungenti
spiedi con ratta man subito afferra;
altri l'arme si veste a sua difesa
per far sicuro a l'inimico offesa.

64.
Tutti precorre il forte re Chiarello
ch'era con gli altri allor nel padiglione.
Fu cugin di Francardoe fu fratello
del superbo Mambrin questo campione;
conducea seco a par d'irsuto vello
coperto e fiero in vista un gran leone
sanguigno i denti e i crudi unghion rapaci
cui lucon gli occhi com'ardenti faci.

65.
Egli avea già la generosa fera
vinta con l'arme a dubbia pugna atroce
e con lusinghe la natura altera
poi di lei doma e l'animo feroce:
ond'ella sempre fida al fianco gli era
e l'obbediva a cenni ed a la voce.
Perciò dagli stranierperciò da' suoi
il guerrier dal leon fu detto poi.

66.
Rinaldo ver' costui sprona Baiardo
pria ch'ei con gli altri il buon Florindo assaglia;
da l'altra parte il Saracin gagliardo
con un ferreo baston viene a battaglia:
non è 'l leon ad aiutarlo tardo
ma sovra il paladin ratto si scaglia
e muove contra lui l'acute branche;
poi co' denti il destrier prende ne l'anche.

67.
D'un riverso Rinaldo al leon tira
e 'n cima de la fronte il fiere e punge;
poi contra il fier Chiarello il brando gira
e d'un fendente sovra l'elmo il giunge.
Raddoppia il colpo con più sdegno ed ira
e lo scudo per mezo apre e disgiunge;
passa oltra il ferro e 'l braccio ancor colpisce
e se ben non l'impiagaei lo stordisce.

68.
Si rinfranca Chiarelloe poscia offende
con due percosse al paladin la faccia
e le branche il leon di novo stende
e di piagarlo con l'unghion procaccia.
Rinaldo a costor noce e sé difende
e quando fiere l'un l'altro minaccia:
presto ha l'occhio e la manpresto il destriero
securissimo il corsaldo il pensiero.

69.
Sempre che cala il colpo il fier pagano
egli a schivarlo è già parato e 'ntento;
Baiardo quel leon si tien lontano
con calcitrar continuo e violento;
epronto a lo speronpronto a la mano
salta di qua di là qual fiamma o vento
tal che de' colpi suoi la maggior parte
commette a l'aura il saracino Marte.

70.
Ma s'avien mai che l'inimico coglia
spezza ogni acciarla carne e l'ossa pesta.
Rinaldo lui ferir puote a sua voglia
e l'have già piagato in petto e 'n testa;
tuttavia d'arme e di vigor lo spoglia
e con nove percosse ognor l'infesta
onde quel morto al fin cadde per terra
qual torre cui di Giove il telo atterra.

71.
Il fier leonche del suo sangue tinto
giacer nel piano e morto esser lo scorse
da grand'amorda gran furor sospinto
per vendicarlo immantenente corse
ma tosto fu con due stoccate estinto.
Ei morendo il terren rabbioso morse
e fe' con altoorribile muggito
risonar l'onde e l'arenoso lito.

72.
Da indi in qua fu del barone impresa
sempre un fulvo leon d'orrendo aspetto;
la pantera lasciò ch'avea già presa
a portar ne lo scudo e su l'elmetto.
Florindo intanto fa crudel contesa
da molti cavalier cinto ed astretto;
e folgorando intorno il ferro gira
e coraggioso a la vittoria aspira.

73.
Il drappello per mezzo era omai scemo
quando tra loro il paladin si mise
e con possanza e con furore estremo
quattro capi partìcinque recise.
Son dal valor di questi eroi supremo
tosto le genti saracine uccise;
e s'alcun vivo pur rimaneal piede
la sua salute e la sua vita crede.

74.
Come Rinaldo voto il campo scorge
dal pilastro la statua svelle e piglia;
ed a lei mille baci ardenti porge
spinto dal vano error che lo consiglia.
Del dilettoso inganno ei non s'accorge
perché la miri con immote ciglia
ché vivo crede e vero il falso e l'ombra.
Oh dolce froda che gli amanti ingombra!

75.
Se n'avvede al fin poiné già gli è grato
di conoscer il veroanzi se 'n duole.
Ma spenti nel profondo umor salato
sendo i vapori onde si forma il sole
del ritratto un destrier prima aggravato
segue il compagno che partir si vole
a ricercar albergoov'ogni piaga
la medica gli curi o l'arte maga.

76.
Poi che Florindo fu del tutto sano
per molte parti gir de l'Asia errando
opprimendo il malvagio ed il villano
ed il cortese e 'l buon sempre esaltando;
con la lingua agli afflitti e con la mano
ora consigli ed or aita dando
tal che lor nome a l'uno e a l'altro polo
se 'n gia su l'ali de la Fama a volo.

77.
Brunamonte il superbo e Costantino
il falso allor Rinaldo a morte pose
di Chiarello germani e di Mambrino
agli uomini ed a Dio genti odiose.
Tendea questi al mal cauto peregrino
sotto grate accoglienze insidie ascose;
quegli con forza aperta altrui la vita
toglievao pur la libertà gradita.


CANTO NONO

1.
Tonda due volte avea la faccia adorna
mostrata a noi la dea che nacque in Delo
ed altretante con l'argentee corna
era apparita men lucente in cielo;
duo segni scorsi avea colui ch'aggiorna
il mondoindi sgombrando il fosco velo
da che Florindo e 'l gran figliuol d'Amone
uccisero i guerrier del padiglione;

2.
quando in un vago pianoove da colte
piante scendea l'ombra soave e grata
ritrovar vaghe dame in schiera accolte
che tenean di guerrier scorta onorata.
Molte eran le donzellepoi di molte
rare eccellenze era ciascuna ornata;
e degli abiti l'arte e la ricchezza
congiunta aveano a la natia bellezza.

3.
Una però così tra tutte loro
come Diana infra le ninfe splende
qual volta in care danze il vago coro
guida e per Cinto il passo altera stende;
che spiega a l'aure liete i bei crin d'oro
e la faretra agli omeri sospende:
Latona intanto un tacito dolzore
correr si sente per le vene al core.

4.
Come da lunge in sì superbo aspetto
apparir costei vede i duo baroni
che ben ciascun d'esser guerrier perfetto
sembrae cui rado alcun si paragoni
mandagli ambo a pregar per un valletto
che si voglian provar co' suoi campioni
perch'ella veder brama a chiara giostra
s'è 'l lor valor qual la sembianza mostra.

5.
Vanne il valletto u' la donzella il manda
e l'imbasciata ai duo guerrieri espone;
Gli dà grata risposta e gli dimanda
chi sia la dama il buon figliuol d'Amone.
E quegli allora: "A noi costei commanda
ed a la Media freno e leggi impone:
Floriana si nomae sin ad ora
marital nodo non la stringe ancora".

6.
Ciò dettoa la regina egli rapporta
che i duo baron son di giostrar contenti:
La dama allora i suoi guerrieri esorta
e desta in lor brame di gloria ardenti
con dolci detti e con maniera accorta
ch'al cor son caldi stimoli pungenti:
tal ch'a gara onorata ognun di questi
primo esser tenta che la lancia arresti.

7.
Galasso il poderoso e 'l destro Irnante
si mosser prima al fin di questa parte
ma tosto rivoltaro al ciel le piante
per man de' duo stranier più cari a Marte.
Dopo costoro Albernio ed Odrimante
venuti onde le piagge il Tigre parte
stampar la terra con le spalle: e colto
fu sotto 'l petto quelquesti nel volto.

8.
Eran quivi fra gli altri Argo ed Androglio
compagni in guerreggiar d'alta possanza
ma d'alterezza taldi tanto orgoglio
ch'assai cedea la forza all'arroganza.
Questi avean ne lo scudo orrido scoglio
che frange l'onde e sovra 'l mare avanza
intorno a cui scritto era in auree note
un cotal mottoRompe chi il percote;

9.
volendo indi inferir che 'l lor valore
ad ogni incontro fier saldo restava
e chepiù ch'al feritoal feritore
de la percossa il danno al fin tornava.
Ahi! qual superboahi! qual fallace errore
il lume di ragion loro adombrava!
chévinti or da Florindo e da Rinaldo
debil pianta sembrarnon scoglio saldo.

10.
Lucindo e Floridanduo cavalieri
per giovenil bellezza a dame grati
insieme furon poi dagli stranieri
lunge da' lor cavalli al pian gettati;
e lor fêr compagnia molti guerrieri
de la corte i più degni e più pregiati
onde sol degli estrani ogni donzella
con meraviglia e con onor favella.

11.
Ma sovra tutti la gentil regina
è d'ammirarli e d'onorarli vaga;
ogni cosa ch'è in lor le par divina
e 'n tutto pienamente ella s'appaga;
pur a Rinaldo più l'affetto inchina
di quel ch'avenir dee quasi presaga;
e più le sembra del compagno destro
più forte ed in ferir meglior maestro.

12.
Come uom cui già novella febre algente
deggia assaltar tra breve spazio d'ora
un lieve freddo non continuo sente
scorrersi per le membra ad ora ad ora:
così costei ne l'alma e ne la mente
prova de l'amor nuovoignoto ancora
i leggieri principiii primi affetti
ch'oprano a volta in lei diversi effetti.

13.
Ella (e non bene la cagion n'intende)
d'ogni bel colpo suo lieta diviene
e se tal volta alcun lui punto offende
il sangue se l'aghiaccia entro le vene;
sempre nove bellezze in lui comprende
sempre più fisso in lui lo sguardo tiene
e sol brama veder se corrisponde
a quel ch'apparquel che l'elmetto asconde.

14.
Ma diè Fortuna al suo desire effetto
ché l'ultimo guerrier che al pian conquiso
caddea Rinaldo fé sbalzar l'elmetto
rompendo i ferrei lacci a l'improviso.
Al subito apparir del vago aspetto
parve che se l'aprisse il Paradiso
e vide entro lo spazio d'un sol volto
quanto in mill'altri è di beltà raccolto.

15.
Sembrava a lei ch'Amor quivi spiegato
tutte le sue vittrici insegne avesse
e quale in carro suol di palme ornato
trionfator alterlieto sedesse;
pareale ancor che nel suo manco lato
tutte l'auree quadrella indi spendesse
e l'annodasse al collo un forte laccio
graveinsolito sìma caro impaccio.

16.
Bionda chiomaneri occhi e nere ciglia
lucidi e vivi quelli e queste arcate
fronte ben larga adorna a meraviglia
d'alterezza virildi maiestate;
guancia leggiadra in un bianca e vermiglia
piume nascenti allor crespe ed aurate
naso aquilinde' regi segno altero
traggon tutti in stupor del cavaliero.

17.
Oltre ciòlarghe spalle ed ampio petto
braccia lunghesnodate e muscolose
ventre pianotraversoai fianchi stretto
gambe diritte ed agili e nerbose
mobil vivacità ch'in giovinetto
grazia aggiunge e decoro a l'altre cose
grata fierezzaaltero portamento
unite con mirabil tempramento.

18.
Qual meraviglia è poi se la regina
in cui brame gentil sol trovan loco
già fatta omai d'Amor preda e rapina
esca diviene di sì nobil foco?
Sent'ella farsi il cor nuova fucina
e crescervi la fiamma a poco a poco;
pur come sia del suo mal propio vaga
d'arder più sempre e di languir s'appaga.

19.
Non può soffrir la giovinetta amante
ch'indi il suo caro ben faccia partita
ma con benigno e placido sembiante
a seco rimaner ambo gli invita:
preghiere aggiunse poi sì calde e tante
ch'ellada loro al fin pur obbedita
s'invia ver la cittatee per lo freno
gli conduce Rinaldo il palafreno.

20.
Il palagio real fra tanto adorno
con magnifica pompa a pien si rende.
Chi arazzi aurati per le mura intorno
a l'eburnee cornici alto sospende;
chi bei tapetiche potriano scorno
far a tutt'altri per le soglie stende;
chi loca al lume suo dipinti quadri
vivi ritratti degli estinti padri.

21.
La mense altri apparecchiae i bianchi lini
stesi per lungo poi vi mette sopra;
vi mette vasi preciosi e fini
ma varii di materia e varii d'opra
ove dei re di Media i pellegrini
fattiperché atro oblio lor non ricopra
veggonsi impressi in puro argento ed oro
con ordin lungo e con sottil lavoro.

22.
Giunta al tetto realdi sella tolta
fu la regina dal figliuol d'Amone
e fu per troppa gioia al core avolta
sorgiunta ancor da nova passione:
quasi allor se n'uscio l'alma disciolta
da la terrestre sua bella prigione;
ma qual più dolce e più soave morte
le potea dar benigno cielo in sorte?

23.
Floriana ad ognor cortese stile
usava di serbar con gli stranieri
ma più che mai cortese e più gentile
or si dimostra ad ambo i cavalieri.
Amor il fa ches'è 'l cor basso e vile
desta in lui nobil bramealti pensieri;
ma s'è regio e sovranvia più l'accende
a virtù vera e più pregiato il rende.

24.
L'istesso fanno i suoi baroni ancora;
né sembra d'onorargli alcun restio
perciò che il lor voler dipende ognora
da quel di leicome da fonte rio.
Ma venut'era omai la solita ora
che ne conduce natural desio
a ristorar con cibi il corpo stanco
perché al lungo digiun non venga manco:

25.
s'assidono a le mense; e Floriana
ponsi a l'incontro il suo gradito amante;
e come suol nocchier la tramontana
mira i begli occhi e 'l dolce almo sembiante
e d'un'esca d'amor fallace e vana
pasce la mente afflitta e l'alma errante;
il corpo noch'ov'è un maggior desire
l'altro minor non fassi allor sentire.

26.
Museo fra tanto al suon de l'aurea cetra
scioglie la dotta lingua in dolci accenti
ecol favor ch'egli da Febo impetra
dona principio ai musici concenti:
soave sì ch'un cor d'orsa e di pietra
avria commosso e raffrenato i venti
allor che 'l sasso cavo Eolo disserra
e desta l'ira in lorgli accende a guerra.

27.
Canta egli come da la massa informe
trasse Natura il seme de le cose
e come in vaghe e ben composte forme
il mondo qual veggiam tutto dispose
dando perpetue leggi e certe norme
a fuocoad ariaa terraad acque ondose
in un giungendo con discorde pace
quanto appar fuorie quanto ascosto giace.

28.
Segue ch'essendo ormai l'età de l'oro
de l'argento e del rame ite in disparte
per dar Giove a' mortal giusto martoro
fé sommerger la terra in ogni parte
e che da Pirra e dal consorte foro
le fatal pietre dopo 'l tergo sparte
onde il genere uman fu ricovrato
stuol duroa le fatiche avezzo e nato.

29.
Né tacque le tue fiammeo biondo dio
né le piaghe ch'Amor ti fe' profonde
e qual cangiò lungo il paterno rio
Dafne le braccia e i crin in rami e 'n fronde;
come in giuvenca poi fu convers'Io
come giunse del Nilo a l'alte sponde;
d'Argo non meno e di Siringa disse
l'aspra sorte che loro il ciel prescrisse.

30.
Tai cose ancorma con più dolce canto
ho giàVenieroa te spiegar sentito
e visto uscir del salso fondo intanto
i marin pesci ed ingombrare il lito;
e quasi astretti da ben forte incanto
i varii augei per appagar l'udito
ne l'impeto maggior frenare il volo
e fermartisi intorno a stuolo a stuolo.

31.
Traegià cenatode la notte l'ore
Floriana in parlar vario e giocondo
e non men per l'orecchie il lungo amore
bee che per gli occhie 'l manda al cor profondo.
Molte cose or di Carloor del valore
chiede d'Orlandosì famoso al mondo;
de' propi fatti suoi chiede non meno
ch'ei l'esser suo l'avea già detto a pieno.

32.
Dolce lo prega: "Deh! se non vi pesa
ditemi quel ch'ancor fanciullo essendo
feste di vostra madre a la difesa
l'onor quasi perduto a lei rendendo.
Io già sentii parlar di questa impresa
se pur con la memoria al ver m'apprendo
anzi il mio genitorda un cavaliero
ch'allor tornava a noi dal franco impero".

33.
Rinaldo a lei: "Benché non punto sia
di sì degni uditor degno il soggetto
per me narrato il tutto ora vi fia
poiché sono a ciò far da voi costretto:
a la mia volontadea l'età mia
risguardo aggiate voinon a l'effetto
ch'assai picciolo fuma pur allora
scorsi i tre lustri io non aveva ancora.

34.
Ginamo di Baiona il maganzese
già fu rival del mio parente Amone
ch'ambo avean l'alme per Beatrice accese
allor che l'uno e l'altro era garzone.
Costor dopo diverse altre contese
vennero insieme a singolar tenzone
dove Ginamo da vil tema spinto
cesse ad Amon l'amata e diessi vinto.

35.
Ma l'odio contro Amon serbò rinchiuso
sempreche al cor gli fu continuo tarlo;
ecom'è di sua stirpe invecchiato uso
cercò di vita a tradimento trarlo:
pur sempre il suo desir restò deluso.
Al fin dopo gran tempo il magno Carlo
nel suo natal corte bandita tenne
facendo alcuni dì festa solenne.

36.
Il remirando la fiorita corte
un dì ch'a caso a mensa ritrovosse
a nova voglia aprio del cor le porte;
indi così ver' gli altri a parlar mosse:
O de' miei fidi schiera invitta e forte,
arme e sostegni miei, mie guarde e posse,
vorrei ch'alcun di voi qui si vantasse
d'alcuna cosa ch'a mio pro tornasse.

37.
Ciascun di quei baroni allor si diede
un vantoaltri superboaltri modesto.
Sorse il mio genitor fra quelli in piede
per sé vantaree 'l vanto suo fu questo:
d'aver tre figliin cui di già si vede
nobile spirto a fatti eroici desto
che fian sempre con lui fida difesa
del franco Impero e de la santa Chiesa.

38.
Fu di mio padre il vanto a Carlo grato
e bene a tutti il fé palese e piano
ch'il vasoov'era ei sol di bere usato
porse cortese a lui di propria mano.
Da quest'atto sentissi il cor piagato
profondamente il reo cugin di Gano
Ginamoch'in mal far seco concorse
ch'allorsendo presenteil tutto scorse.

39.
Non può soffrir l'iniquo e fraudolente
ch'ad Amon più ch'a lui si faccia onore
tal che più cresce e più diviene ardente
per novell'esca il vecchio odio e 'l rancore;
e gli è tanto accecata al fin la mente
voler di Dioda l'ira e dal furore
che con maligno sùbito consiglio
così parla ad Amonturbato il ciglio:

40.
Amon, non vo' ch'altero e glorioso
tu ne vada di quel che non è tuo:
sappi che sempre al mio voler bramoso
ebbe Beatrice ancor conforme il suo,
e diemmo spesso effetto di nascoso
a quel ch'era il voler d'ambo noi duo,
sì ch'inde nacquer poi quei tre garzoni
che miei sono; e tua moglie or mi perdoni.

41.
Perdoni a me se t'ho la cosa aperta
e di quanto è tra noi narrato il tutto,
e tu perdona a lei, che ben lo merta,
poiché n'è nato così nobil frutto;
e s'unqua hai la d'Amor possanza esperta,
sai ch'a tai falli a forza è l'uom condutto.
Ti prego ancor ch'a me tu renda i miei
figli, ché loro omai nutrir non déi.

42.
E se non che sin qui m'ha ritenuto
di non turbar altrui giusta cagione,
tu da me stesso avresti ciò saputo
già molto prima in altra occasione:
pur or più d'ogni cosa ha in me potuto
paterno affetto e degna ambizione.
Così disse eglie 'l suo dir molto spiacque
al saggio reche non però si tacque.

43.
Ma più ch'ad altro penetrar ne l'imo
petto queste parole al padre mio;
pur gli rispose irato: "Io falso estimo
quanto tu dicie te malvagio e rio;
né questoo conteè 'l tradimento primo
ch'uscir da Maganzesi ho vedut'io
ed ad oltranzaquando più t'aggrada
ciò ti vo' mantener con questa spada."

44.
Ah!, rispose colui, l'uom saggio deve
ogni cosa tentar prima che l'arme,
e chi non serva ciò, più stolto e lieve,
né credo errar, che coraggioso parme;
io, benché a te serà noioso e greve,
già non vo' rimaner di discolparme,
e dimostrar che son leale e vero,
qual conviensi a mio pari, a cavaliero.

45.
Così disse; e mostrò poscia al cospetto
di tutti quei baron due ricche anella
ch'avea fatto a Beatrice (ad altro effetto
credo) involar per una sua donzella;
indistendendo queicon lieto aspetto
guarda il mio genitore e gli favella:
Amon, conosci questi? Eccoti il segno
che del suo amor mi fa Beatrice degno.

46.
Questi, no 'l puoi negar, già fur tuo dono,
allor che lei mal grado tuo sposasti,
e questi chiari testimoni sono
ch'a torto menzonier tu mi chiamasti.
Or l'oltraggio commune io ti perdono,
e credo ben che ciò per pena basti.
Misero! a che riguardi? Eccoli, prendi,
mirali bene, e 'l vero ormai comprendi.

47.
Qual divenisse Amonquale il suo core
fossechi dirà mai? Si parte tosto
e come 'l tira il subito furore
ad uccider la moglie ei va disposto.
Ma da più messi in breve spazio d'ore
di ciò quella avisata è di nascosto
la qualnoi tre fratei menando seco
si sottrasse a quel primo impeto cieco.

48.
Gissene presso il padreove si stesse
dal non giunto furor d'Amon sicura
fin che con chiare prove ella potesse
mostrargli la sua fe' candida e pura
e quel error ch'in lui sì fermo impresse
lingua maligna e perfida natura.
Venne a trovarla Malagigi poi
ch'era nipote a leicugino a noi.

49.
La dispose ed indusse egli a mandarmi
co' miei germani insieme a la reale
corteacciò ch'ivi io provocassi a l'arme
Ginamo come falso e disleale.
Ella volse però prima giurarmi
d'esser stata ad Amon sempre leale
chiamando in testimonio il Re del cielo
e tenendo la man su l'Evangelo.

50.
Giunto a la cortequel fellon sfidai
che qual figliuol accôr già mi volea;
ma lo rispinsi indietro e gli mostrai
nel volto aperto quel che 'l cor chiudea.
Eiche mi vide sì fanciullo omai
de la mia morte dentro si godea
ma pur sotto diverso e finto volto
l'interno affetto suo teneva occolto.

51.
Iocui troppo spiaceva ogni dimora
prendo l'ordin dal re di cavaliero
e similmente i miei fratelli allora
il degno grado da lui dar si fero.
Indi torno a sfidar Ginamo ancora
ed a chiamarlo falso e menzogniero:
ond'eicome di me molto gli caglia
mostra venir sforzato a la battaglia.

52.
Drizzò la lancia: a me resse la mano
la ragion che m'empiea d'alto ardimento;
a quel debile il braccio e 'l colpo vano
rese il gran torto e 'l fatto tradimento
tal che ferito a morte ei va sul piano;
resto in sella ioné pur la lancia sento.
Ahi! giustizia di Diocom'opri spesso
ch'il ver risorgae resti il falso oppresso!

53.
Per ucciderlo allor corro veloce:
come lo veggio tal per terra steso
mi richiede Ginamo in umil voce
d'esser da tutti anzi che mora inteso.
Iopoiché l'indugiar nulla mi noce
in concerderli ciò non sto sospeso
perché inanzi il morir confessi e dica
sé traditorBeatrice esser pudica.

54.
E 'l fece benperché 'l suo rio trattato
e' modi suoi fur da lui tutti espressi.
La genitrice mia ne l'onorato
suo primo nome allor così rimessi.
Io giurai poisendo dal re lodato
che senza brando oprar ciò fatto avessi
non oprar brandono 'l togliendo a forza
a guerrier di gran fama e di gran forza. -

55.
Così dicea Rinaldoe la donzella
pendea dal suo parlar con dolce affetto.
Poi che chiuse le labbra a la favella
sorse essa in piècangiato il vago aspetto
e da lui pur si svelle al finee 'n quella
sentio svellersi il cor da mezzo il petto.
Misera! mentre dal suo ben si parte
lascia a dietro di sé la miglior parte.

56.
Del suo lungo viaggio il terzo almeno
trascorso già l'umida notte avea
e 'n maggior copia da l'oscuro seno
sonni queti e profondi a noi piovea;
la regina peròcui rio veleno
tacito per le vene ognor serpea
non dava gli occhi stanchi in preda al sonno
ché le cure d'amor dormir non ponno:

57.
ma rivolgea ne l'agitata mente
del novo amator suo l'alma beltate
e 'l valor così raro ed eccellente
in così verde e giovenile etate
le grazie sì diverse unitamente
per meraviglia giunte ed adunate;
fra tai pensieri ancor le sovenia
quel che già le predisse una sua zia.

58.
Costei ch'era gran magae degli aspetti
del cielo cognoscea tutti i secreti
prevedendo i maligni e i buoni effetti
che in noi deggiano oprar gli alti pianeti
le disse già che d'amorosi affetti
senza che mortal cura unqua ciò vieti
arder dovea per un baron cristiano
d'alta bellezza e di valor sovrano.

59.
E che sarebbe a quel larga e cortese
del suo fior virginal non pria toccato
sì ch'indi poicompito il nono mese
ne saria doppio e nobil parto nato:
duo gemellich'ad alte e nuove imprese
già destinava il lor benigno fato;
maschio l'unma viril femina l'altra
ne l'arte militar perita e scaltra.

60.
Mentre priva la mente è di riposo
prive di quello son le membra ancora.
Sempre le tiene in motoe del noioso
letto cerca ogni parte ad ora ad ora.
Drizza ai balcon sovente il desioso
guardoonde veggia s'anco appar l'aurora
e se tra le fissure entra alcun lume
tanto a noia le son le molli piume.

61.
Come il ciel si comincia a colorare
e le ferisce gli occhi il novo giorno
non vuol gli altrui servigi ella aspettare:
da sé si veste e rende il corpo adorno;
troppo ogni dama sua pigra le pare
e le fa dolce ma pungente scorno
e la compagnia loro a pena aspetta
ch'a ritrovar se 'n va gli ospiti in fretta.

62.
Qual parer suol tra le minori piante
ricco di nove spogliealter cipresso
ch'alzando sovra quelle il verdeggiante
crinevagheggia il bel ch'orna se stesso
tale a lei parve il suo gradito amante
tra molti in mezzo passeggiando messo
che col bel volto sovra ognun s'ergea
e mille rai di gloria indi spargea.

63.
Ella dolce il saluta e 'l mena poi
per Acatanasua real cittade.
Gli mostra i tempii che gli antiqui eroi
ornar di palme ne la prisca etade
i gran sepolcri de' maggiori suoi
i bei palagi e le diritte strade
le mural'alte torri e le fortezze
e tutto il suo potere e le ricchezze.

64.
Ma il cieco mal nutrito ognor s'avanza
tal ch'ella a morte corre e si disface
né più regger d'amor l'alta possanza
puoteo da lui trovar pur breve pace.
Si cangia d'or in or ne la sembianza
apre a parlar la bocca e poi si tace
e la voce troncata a mezzo resta;
gli occhi travolgee move or piedi or testa.

65.
Sovente ancor con interrotto suono
profondamente sin dal cor sospira;
le lacrime talor sugli occhi sono
ma vergogna le affrena e le ritira;
or quasi fuor di sé col volto prono
stassior quasi sdegnosa il ciel rimira;
ma s'induce a la fin quell'infelice
a scoprir il suo male a la nutrice.

66.
Cara Elidonia mia, tu che già desti
a le mie membra il nutrimento primo,
e col tuo sangue aita a me porgesti;
cui, non avendo io madre, in madre estimo,
tu mi soccorri or che novelli infesti
desir se 'n vanno del mio core a l'imo,
e 'l non ben noto male è in me sì forte
che m'ha condutt'ormai vicino a morte.

67.
Misera! tutto 'l male in me procede
da l'un de' duo stranier, ma dal maggiore.
Non vedi tu quanto in bellezza eccede
ciascun mortale e in grazia ed in valore?
Ahi! come, oimè! di lui l'imagin siede
ed affissa si sta dentro 'l mio core,
come ogn'atto di lui mi sta presente,
come il suo dir mi sona or ne la mente!

68.
Sol l'orecchie appagate e gli occhi miei
son dal dolce parlar, dal vago aspetto:
madre, te 'l dirò pur, madre, vorrei
spenger la sete de l'acceso affetto.
Ma che dico io? La terra s'apra, e 'n lei
nel suo fondo maggior mi dia ricetto,
anzi, santa onestà, ch'a te faccia onta,
e se poi morir deggio, eccomi pronta.

69.
Qui dà fine al parlarraffrena il pianto
onde avea pregni i lumie 'l viso inchina.
L'antica donna tra sé volge intanto
ciò che già detto fu da l'indovina;
e ben cognosce a varii segni or quanto
immenso sia l'amor de la regina:
muta e sospesa sta breve orae poi
così dolce risponde ai detti suoi:

70.
Figlia e signora mia (che tal ti tegno),
non puote opporsi al ciel forza mortale,
più che de' venti a l'orgoglioso sdegno
in mezzo il mar pin disarmato e frale;
né d'un sol punto mai passare il segno,
che le prescrive il suo destin fatale:
parlo così, ché 'l variar de' tempi
di ciò m'ha mostro mille e mille essempi.

71.
Quando tu possa de l'amor novello
sveller dal petto il radicato germe,
ed a desir più glorioso e bello
volger la mente e le speranze inferme,
fallo, sottrati a questo iniquo e fello
tiranno, ancidi il velenoso verme,
che d'attoscar la tua onestà procura,
senza cui di beltà poco si cura.

72.
Ma se non puoi, come a più segni espresso
veder già parmi, a che t'affligi invano?
Se di sforzar il ciel non t'è concesso,
questo è difetto del poter umano;
e poiché n'è per un error promesso
da la verace maga un ben sovrano,
non invidiare a te medesma, a noi,
quei duo, che nascer denno, illustri eroi.

73.
Così diss'ella; e con que' detti sciolse
a la regina di vergogna il freno
le diè speranza e di timor la tolse
crescer la fiamma e 'l duol fe' venir meno:
onde tosto a pensar allor si volse
di far il suo desir contento a pieno
e di mandar per alcun modo un poco
nel figliuolo d'Amon del suo gran foco.

74.
Fa pria tentarma con maniere accorte
di trarre il paladin ne la sua fede
con promesse di tôrlo in suo consorte
e di locarlo ne la regia sede;
ché quando giunse il re suo padre a morte
libera autoritate in ciò le diede;
ma poi che ciò colui punto non muove
cerca novi partiti e strade nove.

75.
Cerca d'accrescer con lo studio e l'arte
la natural beltà ch'in lei risplende:
l'auree chiome in vago ordine comparte
ed adornarsi il rimanente attende;
poi lieta si contempla a parte a parte
ne l'acciar che l'imago al vivo rende.
Così augellin dopo la pioggia al sole
polirsi i vanni e vagheggiarsi suole.

76.
Ella mostra or co' guardi or co i sospiri
al cavalier le piaghe sue profonde
e quai ferventi Amor caldi desiri
dai begli occhi di lui nel cor le infonde:
onde Rinaldo in amorosi giri
le luci volge e 'n parte a lei risponde
chése ben altro ardor gli accende il petto
d'amar donna sì bella è pur costretto.

77.
Nel palagio reale era un giardino
ove ogni suo tesor Flora spargea:
da le stanze ivi sol del paladino
e da quelle di lei gir si potea.
Quivi sovente il fresco matutino
Floriana soletta si godea;
la porta uscendo e intrand'ognor serrava
ché star remota a lei molto aggradava.

78.
Mentre una volta al crin vaga corona
tesse ella quivi d'odorate rose
e presso un rio che mormorando suona
se 'n giace in grembo a l'erbe rugiadose
e seco intanto e col suo ben ragiona
dicendo in dolci note affettuose:
Ahi! quando serà mai, Rinaldo, ch'io
appaghi ne' tuoi baci il desir mio?

79.
sorgiunge il paladinoed ode a punto
i cari detti de la bella amante.
Ahicome allora in un medesmo punto
cangiar si vede questo e quel sembiante!
Ben ciascun sembra dal disio compunto
e mira l'altro tacito e tremante:
lampeggiacome 'l sol nel chiaro umore
negli umidi occhi un tremulo splendore.

80.
L'un nel volto de l'altro i caldi affetti
e l'interno voler lesse e comprese:
rise Venere in cieloe i suoi diletti
versò piovendo in lor larga e cortese;
e forse del piacer de' giovinetti
sùbita e dolce invidia il cor le prese
tal che quel giorno il suo divino stato
in quel di Floriana avria cangiato.

81.
Il paladino in così dolce vita
trasse più dì con la real donzella
tal che l'antica fiamma era sopita
e sol gli ardea il cor l'altra novella.
Al fin l'astrinse a far quinci partita
strana ventura che gli avenne in quella
la qual il primo ardor di nuovo accense
ed il secondo quasi a fatto spense.

82.
L'alma stella d'Amor in ciel spiegava
cinta di rai l'aurata chioma ardente
e 'l sol di nova luce il crin s'ornava
per mostrarsi più bello in oriente
quando a Rinaldoche col sonno dava
dolce ristoro ai membri ed a la mente
apparve in sogno giovinetta donna
dogliosa agli atti e involta in bianca gonna.

83.
Ma splendor tal l'ornava il mesto viso
così la fronte avea vaga e serena
che ne la prima vista ei fugli aviso
veder l'Aurora che 'l bel dì rimena;
pur dopoi rimirando in lei più fiso
benché 'l suo lume sostenesse a pena
esser Clarice sua certo gli parve
vera e non finta da mentite larve.

84.
Crede vederne i rai del viso e crede
de la favella udir le dolci note;
quelsecondo gli parla vista fiede
questa così l'orecchie a lui percote:
Ahi! che sincero amor, che pura fede,
di cavalier, se tal nomar si puote
chi le parole sue commette al vento,
fraude usando in chi l'ama e tradimento!

85.
Dunque, Rinaldo, t'è di mente uscita
chi te sempre ritien fisso nel core?
Dunque hai d'altra beltà l'alma invaghita,
e sprezzi il primo via più degno amore?
Deh! torna, torna a me, dolce mia vita,
ch'io tua mercé languisco a tutte l'ore:
Queste lacrime oimè! questi sospiri,
segno ti sian degli aspri miei martiri.

86.
Ma se 'l mio duol non curi, e non t'aggrada
l'amor, crudele, il proprio onor ti muova.
Ahi! si dirà: Rinaldo in Media or bada
e lascivi pensier ne l'ocio cova
e per una paganae lancia e spada
posto in non caleei preso ha legge nova".
Così dettoa sua vista ella si tolse
e meschiata ne l'aria si dissolse.

87.
Svegliasi il cavalieroe gli occhi intorno
per veder la sua dama indarno gira;
s'infiamma intanto di vergogna e scorno
ed apre il petto a nobil sdegno ed ira;
face il desir primiero in lui ritorno
e quell'altro si fugge e si ritira;
le veste e l'arme insieme in fretta prende
ed adorno di lor tosto si rende.

88.
Di Clarice il ritratto ecco veduto
a caso viene al paladino in questa:
egli lo sguarda e sta pensoso e muto;
e come sia di pietra immobil resta;
Dopo gran spazio al finqual rinvenuto
da lunga stordigion l'uomo si desta
tal con sùbito moto egli si scosse
e la voce e le mani insieme mosse.

89.
Come, o mio ben, come ho potuto io mai
fare al tuo tanto amore torto cotale?
Deh! poiché in merto io ti cedeva assai,
esser deveati almeno in fede eguale.
Ma, ché 'l tuo fallo non punisci omai,
cavalier traditore e disleale?
Ahi! qual pena maggior posso soffrire,
che 'l duol che nasce in me dal mio pentire?

90.
Così dettoil compagno in fretta chiama
e fallo armar de la ferrigna spoglia;
indi lo prega che per quanto ei l'ama
allor allor con lui quinci si toglia.
Quelche servirlo e compiacerlo brama
si mostra obediente a la sua voglia;
ben dolce il prega a dirgli la cagione
né glien'è scarso il buon figliuol d'Amone.

91.
Come accorto nocchiero i dolci accenti
fugge de le Sirenee tutte sciorre
fa le sue vele dispiegate ai venti
ed ogni remo appresso in uso porre
così quei cari preghi e quei lamenti
che lo potrian dal suo pensier distorre
schiva Rinaldo e tacito se n'esce
ma pur di Floriana assai l'incresce.

92.
Chébenché quel ardor già spento sia
non è però ch'egli non l'ami ancora;
e l'alta sua beltàla cortesia
e l'altre sue virtù pregia ed onora;
e ben quel duolo mitigar vorria
ch'assalir délla in breve spazio d'ora;
ma perciò ch'in se stesso ha poca fede
parte sì ch'altri allor non se n'avede.

CANTO DECIMO


1.
Ma 'l fero Amorche al fin discopre e vede
gli occulti fattiancorché d'occhi privo
a la regina chiari indizii diede
del partir de l'amante fuggitivo
lasciando lei d'acerbi affanni erede
e fuor per gli occhi in lagrimoso rivo
ogni gioia scacciando: ond'egro il core
rimase in preda al sùbito dolore.

2.
Di sì grave nimico afflitto geme
il corgià presso a l'ultima sua sorte;
ma tosto in suo favor s'arma la speme
e schermo gli è da la vicina morte:
raduna il duolo a l'altrui danno insieme
lo stuol de' sensi impetuoso e forte;
e la speranza in quell'assalto crudo
la ragion chiamae di lei fassi scudo.

3.
Mentre or la speme il duol preme ed atterra
or quasi vinta fugge e si ritira
Amor risguarda la dubbiosa guerra
né qua né là col suo favore aspira.
Ma Floriana intanto apre e disserra
a' lamenti la viapiange e sospira:
talor sì ne' pensier giace sepolta
che non vedenon parla e non ascolta.

4.
E se non ch'anco di vergogna il freno
benché sia rottonon è rotto in tutto
né quel animo altier venuto è meno
che la puote ritrar da simil lutto
onta farebbe al vago crine e al seno
né lasciaria di sangue il volto asciutto.
pur mentre splende in ciel raggio di giorno
per la real città s'aggira intorno.

5.
S'aggira intornoe non con grave passo
qual si conviene a donna ed a regina
ch'a ciò punto non guardae 'l corpo lasso
dal furor trasportato oltre camina:
onde non manco egli di lena è casso
che sia di gioia l'anima meschina;
e non trovando questa o tregua o pace
né quello anco in riposo unqua si giace.

6.
Così a punto suol far chi alberga e serra
in sé rio spirto ad infestarlo intento
dal qual soffre continua interna guerra
sì che non ha di posa un sol momento;
ementre scorre furioso ed erra
porta seco ad ognora il suo tormento.
O possanza d'Amorcome ne' sforzi
come in noi del giudizio il lume ammorzi!

7.
Pur si risvegliaed eseguisce intanto
ciò ch'a la vita sua giovevol sia.
ché per mare e per terra in ogni canto
molti guerrier dietro l'amante invia
i quai per ricondurlo oprin poi quanto
d'eloquenza e di forza in lor più fia;
e quel che non potran co' detti umani
facciano almeno con l'armate mani.

8.
Con dubbia mente e con tremante petto
de' suoi guerrieri aspetta ella il ritorno
qual prigioniero in cieca fossa astretto
a la sentenza il destinato giorno;
e ben si legge nel pensoso aspetto
quai cure entro nel cor faccian soggiorno;
gli atti dolenti e 'l parlar rotto danno
segno non men del grave interno affanno.

9.
In questa di fortuna atra procella
cui tempesta maggior seguì da poi
trasse più giorni la real donzella
aspettando qualcun de' guerrier suoi.
Ahi! che 'l lungo aspettar fora per ella
il meglio assaibench'or così l'annoi.
Vivivivi meschina in questo stato
e ti sia l'aspettar soave e grato!

10.
Ecco che 'l terzo dì sei di coloro
che dietro 'l paladin furon mandati
ritorno ferpoi che la speme loro
in tutto al fin gli aveva abbandonati:
ché da Rinaldo al primo assalto foro
vinti ed in molte parti ancor piagati
con lor volendomal suo gradotrarlo
perch'egli in cortesia negava farlo.

11.
Giunti a l'alta donzella i sei baroni
sciolse un d'essi la lingua in queste voci:
Regina, noi trovammo i due campioni
che giano al lor camin pronti e veloci,
e prima con benigni umil sermoni,
e dopoi con parole aspre e feroci,
ultimamente con l'armata mano
tentamo ricondurli, e sempre in vano.

12.
Al cortese parlar cortesemente
il figliolo d'Amon diede risposta,
e con modo efficace ed eloquente
purgò l'error de la partita ascosta;
soggiunse ch'a lasciarvi era dolente,
e ch'al ritorno avea l'alma disposta;
ma che 'l forzava un caso repentino
gir prima in Francia al figlio di Pipino.

13.
Né meno ancor si dimostrò cortese
al nostro minacciare il cavaliero,
perché placidi detti egli ne rese
in cambio del parlar acro e severo;
ma ben di sdegno e di furor s'accese
e conoscer si fe' tremendo e fiero
quando assalito fu, tal ch'indi in breve
parve ogni nostro sforzo al sol di neve.

14.
Ne disse, poi ch'in suo poter ridutti
n'ebbe, e tolto il fuggire e 'l far difesa,
ch'egli certo n'avria morti e distrutti
in pena sol di sì arrogante impresa;
ma perché troppo avea di servir tutti
i servi vostri la sua mente accesa,
volea, dando perdono al nostro ardire,
far pago in qualche parte il suo desire.

15.
Per l'orecchie que' detti a la donzella
girno il core a ferir nel petto allora
qual da giust'arco spinte aspre quadrella
nel segno il punto a colpir van talora.
Slargati i lacci suoi l'anima bella
in quel tempo volò dal corpo fuora;
purdopo lungo errorcon tarde penne
ne la vaga prigion mesta rivenne.

16.
Allor la dama aprì le lucie 'ntorno
quelle con guardo languido converse
e ch'al secreto suo caro soggiorno
l'avean portata sovra 'l letto scerse
e le sue damigelle a sé d'intorno
vide non men di caldo pianto asperse;
ondequasi posar dormendo voglia
fa ch'ognuna di lor quinci si toglia.

17.
Come sola rimasee 'l seno e 'l volto
scorse d'amare stille aver rigato
l'infermo spirto in un sospiro accolto
spinse da l'imo del suo cor turbato;
congiunto palma a palma indie rivolto
in se medesma il fosco guardo irato
disse: "Ahiche fo? chi questo pianto elice?
Deh! ch'a regina il lagrimar disdice.

18.
Lascia a l'ignobil almeai bassi petti
Florianasfogar piangendo i guai;
tu mostra con alteri e degni effetti
il regal sangue onde l'origin trai:
mentre arrise Fortuna ai tuoi diletti
né provasti inimico il ciel giamai;
mentre ti fu la castità gradita
già vivesti onorata e lieta vita.

19.
Or ch'è morto l'onore onde vivevi
e t'è contrario il cielo e la fortuna
morimoriinfelicee non t'aggrevi
uscir di vita dolorosa e bruna:
ché quanto averla pria cara dovevi
quand'era senza nota e macchia alcuna
tanto ora esser ti dee noiosa e schiva
de' suoi primi ornamenti orbata e priva.

20.
Tusommo Dioch'ascolti i miei lamenti
e sin dal cielo il mio dolor rimiri
s'a le tu' orecchie onesti preghi ardenti
penetrar mai sovra i superni giri
se ti mosser giamai devote menti
a dar effetto ai lor giusti desiri
fa' che 'l crudel cagion de la mia morte
pena condegna in premio ne riporte.

21.
Fa' giusto Rech'a fera donna il core
doniche prenda i suoi lamenti a gioco
e si veggia preposto altro amadore
men degno e ch'arda in men vivace foco:
questo picciol conforto al gran dolore
chieggioPadre pietoso; ahi! chieggio poco:
altra penaaltro scempioaltra vendetta
al suo peccareal mio morir s'aspetta.

22.
Tu che ben saiSignorquanto far déi
punisci lui secondo il suo fallire
perch'unqua imaginarmi io non saprei
strazio eguale al suo mertoal mio desire.
Ma perché meno in lungo i detti miei?
di parlar noben tempo è di morire!
Pongasi al direal far togliasi il morso
tronchisi omai de la mia vita il corso".

23.
Così detto un pugnale in furia prende
ch'al gran figlio d'Amon già tolto avea
e 'n lui lo sguardo fissamente intende
in lui che nudo ne la man tenea.
In questa di rossor le gote accende
ch'intrepido furor quivi spargea
e con fermezza non più vista altrove
di novo ancor queste parole move:

24.
O di crudo signor ferro pietoso,
il mal ch'ei femmi, a te sanar conviene;
ei mi trafisse col partir ascoso
il cor ch'aspro martir per ciò sostiene,
tu con aperta forza il doloroso
uccidi, com'uccisa è già sua spene;
ché quanto il primo colpo a lui fu grave,
tanto il secondo, e più, gli fia soave.

25.
Quegli già lo privò d'ogni dolzore,
ch'il ciel con larga man versava in lui;
ma questi gli torrà tutto il dolore,
che lo fanno invidiar le pene altrui;
tu, caro letto, che d'un dolce amore
testimon fusti mentre lieta io fui,
or ch'è cangiata in ria la destra sorte,
testimonio ancor sii de la mia morte.

26.
E come nel tuo sen prima accogliesti
le mie gioie, i diletti e i gaudii tutti,
ed or non meno accolti insieme hai questi
sospir dolenti e questi estremi lutti,
così accogli il mio sangue, e in te ne resti
eterno segno. E qui con gli occhi asciutti
alzò la man per far l'indegno effetto
e trapassarsioimè! l'audace petto.

27.
Ma 'l ferropiù di lei benigno e pio
lasciò di sé la man cadendo vòta;
il balcon in quel punto ancor s'aprio
quasi repente gran furor lo scuota:
sovra un gran carro allor tosto appario
tratto da quattro augei di forma ignota
un'antiqua matrona all'improviso
venerabile gli occhi e grave il viso.

28.
Era costei Medea l'incantatrice
sorella al genitor de la regina
che per darle veniafida adiutrice
in tanto mal remedio e medicina:
ché già del caso occorso all'infelice
e dell'empia sua voglia era indovina
e per giunger a tempo in suo soccorso
avea su questo carro il ciel trascorso.

29.
Come entra e vede la real nipote
che di nuovo il pugnal volea ritorre
adosso le si stringeonde non puote
ai suo crudel disegno effetto porre:
la spruzza alquanto poi gli occhi e le gote
con un liquor ch'al suo martir soccorre;
e mentre a lei di sonno i lumi aggrava
d'ogni soverchio affanno il cor le sgrava.

30.
La magache sapea le più secrete
cosené l'era alcun sentier conteso
l'incantato liquor dal fiume Lete
a questo effetto prima avea già preso
il qual potea con dolce alma quiete
le membra ristorar e 'l cor offeso.
Ma la regina sopra 'l carro pose
comedormendoi rai degli occhi ascose.

31.
La pon sul carro ed ella ancor v'ascende
e di sua propria man regge la briglia.
Quel rato vola e l'aria seca e fende
e dov'essa l'indrizza il camin piglia:
né sì veloce in giù si cala e scende
l'augel che tien nel sol fisse le ciglia
né sì veloce al ciel sospinto sale
razzo dal fuocoo pur da l'arco strale.

32.
Giace un'isola in mar oltra quei segni
che per fin pose a' naviganti Alcide
ove agli audaci ed arrischiati legni
Calpe in due parti l'ocean divide
in cui par che la gioia e 'l gaudio regni
così d'ogni vaghezza adorna ride;
in cui scherzando co' fratelli il Gioco
rende più bello e dilettoso il loco.

33.
Quivi alcun narra che de' chiari eroi
le stanze sian da Giove a lor concesse
poscia che l'alme degli incarchi suoi
sgravate sonoond'eran dianzi oppresse.
Quivi null'è che l'uom mai punto annoi
lieto divien ciascun che vi s'appresse;
e perché il luogo fa sì strano effetto
l'isola del Piacer egli vien detto.

34.
La maga a questa parte il carro inchina
e come giunta v'ètosto l'arresta
e posa sovra l'erbe la regina
che dal salubre sonno era omai desta.
Non più la punge l'amorosa spina
non più 'l perduto ben or la molesta:
ben fisso in mente tien l'avuto danno
ma non però ne può sentir affanno.

35.
In questo luocoa cui benigno il cielo
con man più larga le sue grazie infonde
a cui d'intorno il gran signor di Delo
rai più temprati e bei sparge e diffonde
ove fioriscon gemme in aureo stelo
d'argento i pescie di cristal son l'onde
Medea ritenne la nipote amata
secoch'ivi era d'albergar usata.

36.
In tanto al suo camin pronto e veloce
va con Florindo il gran figliuol d'Amone
avendo vinto già lo stuol feroce
ch'osò di venir seco al parangone;
e perché 'l vecchio amor lo scalda e coce
di tornar in Europa ei si dispone
lasciando Media e le contrade a tergo
ove genti infideli han loro albergo.

37.
Verso Armenia costor prendon la via
poi c'han tutta la Media attraversata:
verso Armenia maggiorche 'n cruda e ria
pugna avean dianzi del suo rege orbata;
passan quella ed Assiriaed in Soria
giungonche Siria fu già pria nomata;
quivi a Baruti in nave al fin intraro
essendo il mare e 'l ciel tranquillo e chiaro.

38.
Scorseropoi che si fidaro a l'acque
e le spiegate vele ai venti apriro
l'isola vaga che già tanto piacque
a l'alma dea che regge il terzo giro
e quella ov'il gran Giove in culla giacque
e la Morea non lunge indi scopriro
con la Siciliaove l'aeree fronti
stendon su l'onde i tre famosi monti.

39.
Mentre ne vanno al bel camin contenti
i cavaliergli occhi girando intorno
tien l'accorto nocchiero i lumi intenti
nel cheto ciel di mille fregi adorno:
mira egli i duo Trioniastri lucenti
ed Orione armato a l'altrui scorno
e con l'Iadi poggiose il pigro Arturo
sovente a' naviganti infesto e duro.

40.
Contempla il volto de la luna ancora
e rosso il vede e tutto acceso in vista:
tal parve forse per vergogna allora
ch'ignuda fu ne le fresch'onde vista:
onde il nocchier si turba e si scolora
e ne rende la mente afflitta e trista;
d'oscura nube intanto ella si vela
e le bellezze sue nasconde e cela.

41.
Ecco precipitose ir giù cadendo
più stellee 'l lor camin lasciar segnato
come razzi talorch'al ciel salendo
caggion da poi che l'impeto è mancato.
Allor grida il nocchier: "Lasso! comprendo
che ne sfida a battaglia Eolo turbato!"
In questa per l'ondoso umido mare
guizzante schiera di delfini appare.

42.
Egli l'orecchie ad ogni suono intente
porgee raccolto in sé sospira e tace
e fremer l'onda dal più basso sente
sì come fiamma suol chiusa in fornace
chementre esalar cerca e violente
scorreil luogo di lei non è capace:
strider strepito egual s'ode non meno
di Giunon per l'oscuro aereo seno.

43.
Ma già l'atra spelonca Eolo disserra
scioglie i ventigli instiga e fuor gli caccia;
vago ognun di costor d'orribil guerra
primo essere a l'uscir ratto procaccia;
trema al furor tremendoe par la terra
che d'immobile omai mobil si faccia;
equal tra gli elementi or nasca Amore
il tutto involve un tenebroso orrore.

44.
Sin dal suo fondo il mar sossopra è mosso
e vien spumosotorbido e sonante;
l'aer da varie parti allor percosso
si veste un novo orribile sembiante:
il nocchierche venir si vede adosso
tanti fieri nemici in un istante
s'arma e s'accinge a la dubbiosa impresa
ed invita i compagni a far diffesa.

45.
Tosto l'ignavo stuolch'a nulla è buono
e i marinar col suo timor offende:
ove non veda il marnon n'oda il suono
poi che gli è commandatoal basso scende.
Altri i lini maggior che sciolti sono
calae solo il trinchetto il vento prende;
altri col fischio altrui commandae legge
gli impon sì ch'a sua voglia ognun si regge.

46.
Ma che più giova omai l'industria e l'arte?
Sì sempre cresce il verno impetuoso
e l'onda il pin da l'una a l'altra parte
scorre qual capitan vittorioso
e fuor seco trarrebbe a parte a parte
gli uomini tutti nel suo fondo algoso
se per non esser preda a l'acque sorde
non s'afferrasser quelli a legnia corde.

47.
Il tempestoso mar sovente in alto
cotanto spinge i flutti suoi voraci
che par ch'al re del ciel movano assalto
Nettun superbo e gli altri dei seguaci.
La barca allor con periglioso salto
portata è in su presso l'eteree faci;
scorgeda l'onde poi spinta al profondo
tra duo gran monti d'acqua il terren fondo.

48.
Né men de' venti è formidabil l'ira
né men l'afflitta nave urta e conquassa
la qual di qua di là sovente gira
come sovente ancor s'alza ed abbassa.
Borrea a la fin con tal fierezza spira
che l'arbore maggior rompe e fracassa;
e qual gelido egli ètal manda al core
de' naviganti un gelido timore.

49.
Ahi! chi narrar potrebbe i varii effetti
che fanno i venti e fan l'onde sonanti?
Deh! chi mai dir potria gli interni affetti
de' mesti e sbigotiti naviganti?
Tutti rivolgon nei dubbiosi petti
quella morte crudel c'hanno davanti
e veggon lei ch'in spaventosa faccia
orribil gli sovrasta e gli minaccia.

50.
Sospira altri la mogliealtri il figliuolo
in cui solea già vagheggiar se stesso;
altri il suo genitorche vecchio e solo
lasciòné men da povertade oppresso;
altri de' cari amici il fido stuolo
ch'anzi il suo fin veder non gli è concesso;
altricui cura tal punto non preme
piange sé solo e di sé solo teme.

51.
Molti con menti poi devote e pure
giungon le palme e levan gli occhi al cielo;
ma lor l'han toltooimè! le nubi oscure
e 'l disteso d'intorno orrido velo:
sorgon tal volta in lor nove paure
e gli scorre per l'ossa un freddo gielo
s'avien che quel si mostri in vista acceso
quasi egli abbia i lor preghi a sdegno preso.

52.
Rinaldo fatto avea nel palischermo
de' marinari il più sagace intrare
ch'in quel voleacome a l'estremo schermo
col suo compagno andarsi egli a salvare
perch'indi a l'elemento asciutto e fermo
si credea breve spazio esser di mare;
e s'era trasportato in quel primiero
la spadail bel ritratto e 'l buon destriero.

53.
Ma il marinarche più che 'l paladino
e che 'l compagno assai se stesso amava
temendo pur che di soverchio il pino
carco non fusse s'altri ancor v'entrava
sì che cedesse a l'impeto marino
tagliò la fune ond'egli avinto stava
e col battel si fe' tosto lontano
pregar lasciando e minacciarsi in vano.

54.
La nave intanto il dritto lato e 'l manco
aperto mostra al gran colpir de l'onde;
entran quelle per l'uno e l'altro fianco
ed a le prime sieguon le seconde.
Viene ogni marinar pallido e bianco:
pura ciò che 'l naviglio non s'affonde
o tenta d'impedir la strada al mare
o 'l legno vòta pur de l'acque amare.

55.
Ecco che d'Aquilon l'orribil fiato
fa che di timon privo il legno resta
ed è dal mar rapito e fuor gettato
l'infelice nocchierpercosso in testa.
Lasso! non gli giovò l'esser legato
con tal forza lo trasse onda molesta;
seco lo trasse nel suo fondoe 'nsieme
trasse nel fondo la comune speme.

56.
Or che dee fare in mezo l'onde insane
privo del suo rettorlegno sdruscito?
Vani i rimedii e le speranze vane
forano omaiché 'l caso è già seguito:
Ciascun de' naviganti allor rimane
oppresso da la tema ed invilito
e par che fredda mano al cor gli stringa
ed aspro ghiaccio il corpo induri e cinga.


57.
Tu soloaltera coppiaisgomentarti
vista non fusti ne l'estrema sorte
ché tal ti piacque in volto allor mostrarti
qual anco eri nel core invitta e forte.
Ma già spinto ad un scoglio e in mille parti
spezzato il legnoespon gli uomini a morte:
s'ode in quel punto in suon flebile e tristo
invocar Macon altried altri Cristo.

58.
Rarie que' rari in vari modi allora
veggonsi i notator per l'ampio mare:
quegli alza un braccio sol de l'onda fuora
questi col sommo de la fronte appare;
altri mostra le gambe e in breve ancora
scorgonsi quelle poi sott'acqua intrare;
s'afferra altri a lo scoglioaltri ad un legno
altri fa del compagno a sé ritegno.

59.
Ma de' guerrier l'invitta copia avea
asse ben lungo e largo allor pigliato
e con la destra a quella s'attenea
con l'altra ributava il flutto irato;
ed a la forte man sempre aggiungea
sospinto a tempo fuorgagliardo fiato;
stender anco in quel punto in largo i piedi
poi giunti in uno a sé raccor gli vedi.

60.
Gran pezzo andaro i duo guerrieri uniti
rompendo a forza l'impeto marino;
da vasto monte d'acqua al fin colpiti
si separar Florindo e 'l paladino;
ma perde quegli il legnoond'ambo arditi
erano in tal furor di reo destino
né con mani o con piedi oprar può tanto
che di nuovo afferrar lo possa alquanto.

61.
Da l'altra parte il buon figliuol d'Amone
per aitarlo e forza ed arte adopra
e sovente se stesso in rischio pone
ma riesce al desir contraria l'opra
ché 'l mare al suo disegno ognor s'oppone
e par che quello ormai nasconda e copra:
onde in Rinaldo il duol cotanto cresce
che quasi la sua vita omai gli incresce.

62.
Quasi si diede in preda a l'acque salse
l'ira e lo sdegno in se stesso rivolto;
ma l'amica ragione in lui prevalse
e 'l sottrasse al desir crudele e stolto.
Come il consiglio oppresso in lui risalse
tutto il suo gran vigor in un raccolto
franse col forte petto i flutti insani
oprò le gambe e 'l fiatooprò le mani.

63.
Già da lunge apparisce umil la terra
che par che sotto l'onde ascosa giaccia;
allora ad ogni tema il petto serra
e con più forza i piè move e le braccia.
Ecco ch'il molle estremo lito afferra
echinati i ginocchialta la faccia
leva con guardo riverente al cielo
e Dio ringrazia con devoto zelo.

64.
Ma quando gli sovvien che restò morto
in mezzo l'onde il suo compagno caro
e c'han voraci invidi flutti absorto
sì sovrana beltàvalor sì raro
men de la vita sua prende conforto
che prenda duol de l'altrui fine amaro;
e partiria col morto i giorni suoi
qual già ferLedai duo gemelli tuoi.

65.
Mentre tra sé si duolvede un castello
ch'indi vicin la fronte a l'aria alzava;
gliel mostra il Sol che dal celeste ostello
serenando le nubi omai spuntava.
I passi il paladin drizza ver' quello
i cui piedi il Tireno irriga e lava;
e fuvi accolto dal signor cortese
e d'esser giunto presso Roma intese.

66.
Fu d'armedi cavallo e di scudiero
non men provisto il buon figliuol d'Amone
e tutto ciò ch'a lui facea mistiero
ebbe anco in dono dal gentil barone.
Tolto commiato poiprese il sentiero
verso la Franciaove d'andar dispone;
e trovò presso un fonte il terzo giorno
un cavalier di lucid'arme adorno.

67.
Questi ad annoso pin tenea legato
per l'aurea briglia il suo destrier gagliardo
e nel medesmo tronco era attaccato
vago ritratto ov'ei fissava il guardo:
fu da l'invitto eroe rafigurato
tosto l'amata imago e 'l suo Baiardo;
poirisguardando il cavalier non manco
vide Fusberta a lui pender dal fianco.

68.
Quel marinar che su 'l battel fuggito
de l'irato Nettuno avea lo sdegno
abbandonando il paladin schernito
in periglio maggiornel maggior legno
come salvo fu giunto al molle lito
di vender il suo furto ei fé disegno;
e poi del prezzo con costui convenne
col quale a caso a riscontrar si venne.

69.
Rinaldo a lo straniero allor richiese
gli arnesi suoi con parlar dolce umile:
quellich'era superbo e discortese
disse: "Il far doni è fuor d'ogni mio stile.
S'elle son tuecon l'arme il fa' palese
ché l'adoprar parole è cosa vile". L'altro
intendendo ciòpunto non bada
scendendo in terra ad impugnar la spada.

70.
Scese egli del corsierché non vorrebbe
avere in pugna alcuna alcun vantaggio
sapendo che colui non mai potrebbe
spingere il suo Baiardo a fargli oltraggio.
Allor ne lo stranier lo sdegno crebbe
e l'aversario suo stimò mal saggio
poi ch'ardisce affrontarsi a paro a paro
con lui sì forte e sì ne l'arme chiaro.

71.
Rinaldo prima 'l brando in opra mise
ma schivò 'l colpo il cavaliero estrano
poscia alzando la spada aspro sorrise
e disse: "Or guarda chi ha più dotta mano".
La percossa crudel ruppe e divise
lo scudoe mezzo ne mandò sul piano;
poi dichinando ne la manca coscia
gli fé quivi sentir gravosa angoscia.

72.
Non a tanta ira unqu'è Nettun commosso
se lui Maestro od Aquilon percote
in quanta salse il paladin percosso
sì ch'accese di sdegno ambe le gote:
divien lo sguardo ardente e l'occhio rosso
ch'altrui sol di timore atterrar puote.
Or che farà quel formidabil brando
che con impeto tal vien giù calando?

73.
A forza apre la strada al colpo orrendo
l'elmo e 'n due pezzi o 'n tre riman partito;
si riversa l'estrano al pian cadendo
piagato noma ben de' sensi uscito.
Disse Rinaldo allor: "Chiaro comprendo
ch'abbiam questa battaglia ormai fornito".
Indi Fusberta e 'l bel ritratto prese
e sul caro destrier d'un salto ascese.

74.
Quelli lieto il ricevee del su' amore
mostra con l'annitrir segno evidente
e con mille altri aperti indizii fuore
scopre il piacer che dentro 'l petto sente:
così fa can fidele al suo signore
il qual di lusingarlo usi sovente
che d'intorno gli saltae con la bocca
e con la coda dolce il bacia e tocca.

75.
Già si partia Rinaldoallor che scorse
lo scudo suo per mezzo esser diviso
onde il destrier di novo in dietro torse
là 've giaceva il cavalier conquiso
e fé che 'l suo scudier quello gli porse
del superbo baronché gli er'aviso
che fino fosse e là temprato dove
Bronte sopra l'incude il braccio move.

76.
Era quivi intagliata una donzella
da così dotta e maestrevol mano
che giamai non fu vista opra sì bella:
divin pareva e non sembiante umano:
viva rassembrae 'l moto e la favella
mancava solo a l'artificio strano;
ma se non parla ancorse non s'è mossa
par che non vogliae non che far no 'l possa.

77.
Sì vivo in quello il finto al ver somiglia
benché di spirto sian le membra casse
ch'altri mirando in lei si meraviglia
ch'ella non parlipiù che se parlasse.
Allor il vago scudo il guerrier piglia
e meglio era per lui che no 'l pigliasse
ch'ove solo lo tolse a sua difesa
gli fe' poilasso! al cor mortal offesa.

78.
Tolto lo scudoil cavalier s'accinge
prontissimo di novo a la sua via
e così caldo Amor lo sferza e spinge
che non si ferma mai né si disvia
mentre ch'Apollo il mondo orna e dipinge
o per tornare o per partir s'invia:
sol quando è d'aurei fregi il ciel contesto
posané dorme benné bene è desto.

79.
In pochi giorni scorse il bel paese
che quinci il mare e quindi l'alpe serra:
indi varcando i monti al pian discese
e vide lieto la natia sua terra;
poigiunto omai presso Parigiintese
ch'il magno re co' suoi mastri di guerra
e con le dame sue l'alta regina
avean la stanza lor molto vicina:

80.
da la città duo miglia o tre lontano
luogo u' la cacciagion sempre abbondava
sovra un fiorito e dilettevol piano
cui lucido ruscel dolce irrigava;
e ch'ivi contra ogni guerriero estrano
ch'o suo conseglio o sorte là guidava
alcun franco baron veniva a giostra
di sé facendo a dame altera mostra.

81.
Come fu pressoil pian ripieno scerse
d'illustri cavalieri e di donzelle
i quai d'orod'acciaro e di diverse
sete ornavan le membra altere e belle:
altre vermigliealtre turchine o perse
candide queste e verdeggianti quelle;
e 'l solche riflettendo indi splendea
di nova iride vaga il ciel pingea.

82.
Ma sendo visto il paladin Rinaldo
sul gran Baiardo in sì feroce aspetto
che ne venia sì ne la fronte baldo
che mostrava l'ardir chiuso nel petto
e sì sovra 'l destrier fondato e saldo
che parea muro in terra soda eretto
vario parlar tra quei di Carlo nacque
e ciascuno il lodòch'a ciascun piacque.

84.
Grifon già per amor avea servito
gran tempo inanzi d'Olivier la suora;
ma 'l foco suo negletto ed ischernito
fu da l'altera giovinetta ogn'ora;
onde per longa prova al fin chiarito
ch'accor tentava in rete il vento e l'ora
stolto! a servir Clarice egli avea preso
né potea ciò Rinaldo avere inteso.

85.
Onde rispose: "Vil timor non deve
giamai la lingua altrui torcer dal vero
né periglio o faticaancor che greve
si convien d'ischivare a cavaliero:
dico dunque ch'oltraggio il ver riceve
da te non pocoe ciò mostrarti spero:
bella è la dama tuama molto cede
a chi fe' del mio cor soavi prede".

86.
A l'armeai fatti orrendi al fin si venne
da le minaccie e da l'altere voci:
di quadi là le due massicie antenne
vengon portate da le man feroci;
par ch'abbiano i cavalli al fianco penne
così a l'incontro van ratti e veloci:
l'aria si rompee trema ancor la terra
al primo cominciar de l'aspra guerra.

83.
Ma 'l superbo Grifonche difendea
per amor di Clarice a tutti il varco
sentendo ciò ch'altri in su' onor dicea
contra gli andò quanto trarebbe un arco;
e perché nel pensier prefisso avea
di far tosto di lui Baiardo scarco
gridò: "Giuraguerrierch'a la mia dama
cede in beltà qual ha più pregio e fama!"
87.
Pose il suo colpo a vòto il Maganzese
incauto troppoe corse l'asta in fallo;
ma lui Rinaldo a mezzo scudo prese
e lo sospinse fuor del suo cavallo.
Sendo percosso e 'l suol premendorese
alto rimbombo il lucido metallo
come suol squilla che sonando invita
a sanguinosa guerra ogn'alma ardita.

88.
Rinaldo allor dal degno stuol è cinto
e supplicato a tôrsi via l'elmetto:
tal che da' prieghi lor forzato e vinto
di compiacerli è mal suo grado astretto;
si scioglie al fin que' lacci ond'era avinto
l'elmoe scopre la chioma e 'l vago aspetto;
né men bello e leggiadro or si dimostra
ch'apparso sia possente e forte in giostra.

89.
Tosto fu conosciuto il cavaliero
al discoprir del volto e del crin d'oro;
e chiare voci di letizia diero
con replicato suon l'amico coro
ché già del suo valore il grido altero
era giunto a l'orecchie a tutti loro.
La gloria sovra lui si spazia intanto
battendo l'ali d'or con dolce canto.

90.
Ad onorar Rinaldo ognun s'accinge
e di farsegli grato ognun procaccia:
altri la man gli toccaaltri gli cinge
il collo e il petto con amiche braccia;
altricui caldo amor più innanzi spinge
pien d'un dolce disio lo baccia in faccia;
ma il padre Amone al petto alquanto il tiene
e sente alto diletto ir fra le vene.

91.
Lasciato il padreil cavaliero invitto
de' suoi regi a bacciar se 'n va la mano;
queimostrando l'amor nel volto scritto
l'accoglion lieti e con sembiante umano.
Fan le donne tra lor dolce conflitto
in onorare il vincitor soprano;
e in quanto è lor da l'onestà concesso
gli mostra ognuna il suo voler espresso.






CANTO UNDECIMO

1.
Ma trattasi in disparte alto sospira
Claricee gelosia sol n'è cagione;
tra sé fremendo l'accoglienze mira
che fan quell'altre al gran figliol d'Amone
e s'arma incontro lui di sdegno e d'ira
per l'onta in suo disnor fatta a Grifone
e per veder che ne lo scudo il volto
d'ignota dama porta impresso e scolto.

2.
Non ti basta, crudel,dice in se stessa
romper la fede e far torto al mi' amore,
se non mi scopri la cagione espressa
del tuo grave fallir, del mio dolore?
Poi che viva non puoi, mi mostri impressa
la donna, oimè! che ti possiede il core;
ed onde io più mi doglia, ahi! perché questo?
a la mia gloria sei con l'arme infesto.

3.
Lassa! qual sotto i fior l'angue è celato,
tal sotto cortesia, sotto bellezza,
s'asconde in te perfido cor spietato,
che l'altrui fede e 'l puro amor disprezza.
Fuggite, donne, oimè! fuggite il grato
sembiante e 'l guardo umil pien di dolcezza,
che promettendo vita altrui dan morte,
e son d'un fido cor mal fide scorte.

4.
Ma, stolta, a che sospiro? a che mi doglio,
se 'l più dolermi e 'l sospirar non vale?
S'egli è perfido e lieve, io, come soglio,
ancor dunque serò ferma e leale?
Ahi! non fia ver, ch'a lui scoprir mi voglio
ne la costanza e ne la fede eguale.
Così detto tra séprese consiglio
di mostrare a Rinaldo irato il ciglio.

5.
O di tema e d'amor figlia crudele
figlia che 'l genitor sovente uccidi
a l'alte sue dolcezze amaro fele
peste ch'infetti l'alme in cui t'annidi:
torna a l'inferno omai tra le querele
tra l'aspre pene e tra gli eterni stridi
né più turbar sì puro e casto foco
ch'ivi non merta aver tuo giaccio loco.

6.
Il paladin che sempre gli occhi porse
sin da principio a la sua dolce amata
sì come lampo in ciel turbato scorse
folgorar l'ira ne la faccia irata
non già de la cagione allor s'accorse
che la rendesse incontro lui sdegnata.
Pur cheto disse: "Lasso! or chi m'oscura
il seren de l'angelica figura?

7.
Dunque sarò per così lunga via
morte venuto a tôr così noiosa?
Ché mi dà morte l'inimica mia
quando m'appar superba e disdegnosa.
Qual foraoimè! se fusse umile e pia
s'è talsendo crudel ed orgogliosa?
Deh! come soffriAmorch'ingiusto sdegno
turb'i begli occhiov'è 'l tuo albergo e 'l regno?"

8.
Fra tanto Carlo ver' le regie mura
vol che la nobil schiera il camin prenda:
spogliar si vede allor la gran pianura
prima di quella e poi di questa tenda
ed ogni cavalier cui dolce cura
per dama de la corte il petto accenda
pigliare il freno del destrier di quella
ma con bel modo pria riporla in sella.

9.
Si reca ancor Rinaldo infra le braccia
Claricee la ripon sul palafreno;
ma quella da' bei lumi e da la faccia
piover rassembra allor sdegno e veleno;
e benché con la lingua immobil taccia
è 'l suo tacer d'aspre querele pieno;
e ciò ch'a lui non vietan le parole
negar con gli atti e con gli sguardi vole.

10.
Il cavalierch'audace in tali imprese
costume innato e cald'amor rendea
mentre per gli occhi al cor fiammelle accese
dal caro amato oggetto egli traea
qual uomo in amar cautoil tempo prese
ch'ascosamente a lui già si togliea
e mostrando di fuor gli interni affetti
sciolse l'accorta lingua in questi detti:

11.
Ahi! quant'empio è colui ch'ad uom mendico
de le lunghe fatiche il frutto invola!
quanto crudele e di pietà nemico,
chi negli affanni il miser non consola!
Quest'or, signora, a voi piangendo dico,
perché del mio penar la dolce e sola
mercè mi si contende, e mi si toglie
ogni conforto in sì gravose doglie.

12.
L'affanno dunque in lungo error sofferto,
e quanto sol per voi ne l'arme oprai,
avrà per degno e per estremo merto
sdegno, ch'al cor mi mandi acerbi guai?
sdegno, ch'in questo amaro stato incerto
de' bei vostri occhi oscuri i dolci rai,
da' quai prende vigor l'anima stanca
ed al duol si sottragge e si rinfranca.

13.
Misero, e qual cagione...E quivi il corso
volea di sue parole oltre seguire
ma gli pose a la lingua allora il morso
l'amata sua così prendendo a dire:
Diavi nel vostro mal, diavi soccorso
chi vi diè contra me forza ed ardire,
il cui volto non sol nel cor portate,
ma fuor ne l'arme impresso ancor mostrate.

14.
Tufero Amortu che gli strai di queste
voci drizzasti al cor del giovinetto
narra non men l'acerbe piaghe infeste
ch'impresser quelle a lui ne l'egro petto:
ché farle in qualche parte or manifeste
a la mia musa è disegual soggetto
né potrebbe cantando alzarsi al vero
ov'alzar tu sol puoi l'altrui pensiero.

15.
Nel fosco senso de le voci irate
ben tosto penetrò l'accorto amante
benché fossero fuor quelle mandate
oscuramente e in suon basso e tremante;
ed a far conta a lei sua lealtate
già si moveva con umil sembiante
ch'era verace testimon del core
e certo segno de l'incerto amore.

16.
Ma Clariceal suo dir la via troncando
lo schernìlasso! con astuzia ed arte
ch'a sé chiamò cortesemente Orlando
lo qual da tutti gli altri iva in disparte;
ed a lui di parlar materia dando
al suo mesto cugin la tolse in parte;
da poigiunti a Parigiancor gli tolse
la dolce vistaond'ei non men si dolse.

17.
Misero cavalieroingiustamente
di fortuna e d'amor prova l'offese
e per l'aura del duol nel petto sente
gir più crescendo ognor le fiamme accese;
equal da poco umore acciar rovente
più fervido che pria talor si rese
tale in lui da piacer fugace e breve
l'ardore e 'l duol maggior forza riceve.

18.
Quel sì breve piacer che talor prende
dal caro oggetto e da l'amata vista
col suo dolce licor via più raccende
il foco e 'l rio dolor ne l'alma trista:
ché l'un contrario maggior l'altro rende
e 'l mal dal ben vigore e forza acquista
ch'ove lieve sarebbeessendo ignoto
s'aggrava al paragon col farsi noto.

19.
Sei volte il sol de la fosca ombra scosse
de la gran madre antiqua il duro volto
ma dal mesto amador già non rimosse
le tenebre del duolo ond'era involto.
Pur ei sì con Clarice intanto oprosse
ch'ella amante il tenea fervido molto
se non lealee nel suo casto petto
già rallentava l'ostinato affetto.

20.
Non però di color conforme il molle
animo veste e 'l placido pensiero:
anzi lo sdegnoche dal petto tolle
ripon negli occhi e nel bel viso altero
onde 'l foco e 'l martir molto s'estolle
ne l'innocente afflitto cavaliero
ch'oltra la scorza non penetra dove
face in su' aita Amor pietose prove.

21.
Ma fra tanto pomposa e nobil festa
nel suo stesso palagio il re prepara:
la gente tutta a tai diletti desta
la notte aspettae gli è la luce amara;
chiama quella Rinaldo atra e molesta
chiama la sera poi lucida e cara.
Oh stolta de' mortai fallace mente
che cieca il suo peggior brama sovente!

22.
Già la nottestendendo umida l'ali
gli almi ed eterni fochi in cielo accende
là donde il bene e 'l mal tra noi mortali
con varia sorte ognor deriva e scende;
già soave armonia per le reali
stanze altamente risonar s'intende
e concorde a' soavi e dolci accenti
va misto al cielo il suon degli istromenti.

23.
D'alti guerrierdi donne adorne e belle
il palagio real tosto è ripieno;
e come suol tra le men chiare stelle
splender Vener e Giove in ciel sereno
così tra' cavaliertra le donzelle
Clarice e 'l suo amator splende non meno;
e da' bei lumi lor fiammelle aurate
escond'empia dolcezza avvelenate.

24.
Non già Rinaldo ne l'amato viso
pietà vede però del suo martoro
né ver' lui lampeggiar quel dolce riso
che gli scopre d'Amor tutto 'l tesoro;
al fin disponeahi duro infausto avviso!
ch'Alda componga le discordie loro
Alda la bella invitar vole a danza
poi c'ha locato in lei la sua speranza.

25.
Egli costei con puro zelo amava
ed era amato con eguale affetto
perché quando altre volte in corte stava
con lei nudrito fu da fanciulletto;
sapeva poi ch'apriva ella e serrava
l'empio cuor di Clarice a suo diletto
e con bei modi e con parlar soave
dolcemente di quel volgea la chiave.

26.
Ver lei dunque si mosse e le richiese
di ballar secoed ella era a ciò presta;
ma fu dal forte Anselmo il maganzese
nel punto istesso a danza ancor richiesta.
Aldache 'l doppio invito a un tempo intese
chinò a terra lo sguardo e l'aurea testa
né quel né questo col parlar ricusa
ma tacendo si sta dubbia e confusa.

27.
Il maganzese allorl'altera fronte
ed insiem il parlar ver' l'altro torse:
Cedi, garzon; se non, da' gridi a l'onte,
e da l'onte s'andrà più inanzi forse.
Non men altero quel di Chiaramonte
con fier sembiante a lui tai detti porse:
Cedi pur tu: se non, verrassi tosto
più oltre ancor, ch'io già ne son disposto.

28.
Anselmofolgorando il torvo sguardo
ad aspro riso allor la bocca mosse
e disse: "Se tanto osa un vil bastardo
che poi farebbese mio pari ei fosse?"
Or ben tal detto fu pungente dardo
ch'al nobil giovanetto il cor percosse;
come leon ferito in ira salse
e 'l suo sdegno frenar punto non valse.

29.
Con la sinistra mano Anselmo stringe
ne la golail trar fiato a lui contende
e con l'altra il pugnal di punta spinge
e trapassando il petto il cuor gli offende:
di rosseggiante smalto il suol dipinge
tiepido rio che da la piaga scende
e col sangue esce ancor lo spirto insieme
sì che 'l corpo cadendo il terren preme.

30.
Come sanguigno in giù cader tremando
il maganzese cavalier fu visto
intorno per la sala ir risonando
strepito udissi di più voci misto
qual fremer s'ode ancor negli alveiquando
le pecchie infesta morbo orrido e tristo;
e qual ne' boschiallor ch'in lor serrati
spiran d'Austro e di Coro i primi fiati.

31.
Si vider lampeggiar mille lucenti
ferri in quel punto ancor qual fuochi accesi
e quinci correr d'alta rabbia ardenti
contra RinaldoGano e gli altri offesi;
e quindi poscia al suo soccorso intenti
i suoi fratelli opporsi a' Maganzesi
e col fior de' guerrier di Chiaramonte
l'invitto cavalier ch'uccise Almonte.

32.
Le pavide donzelle i bei colori
smarrirooppresse da la fredda tema
come soglion talor vermigli fiori
s'avien che troppo giel gli asconda e prema.
Pallide i volti e palpitanti i cori
quelle col piedeche mal fermo trema
si ristrinsero intorno a la regina
quale in porto dal mar fragil carina.

33.
Carlotutto di sdegno acceso in volto
altri tiene e riprendealtri minaccia
e di spegner in lor l'orgoglio stolto
con gli atti e col parlar tenta e procaccia.
Ma Rinaldocol manto al braccio avolto
con tardi passi e con sicura faccia
verso la porta il piè va ritirando
e tiene nella destra ignudo il brando.

34.
I Maganzesiche sì audaci in prima
gli erano adosso corsi a fargli offesa
come vider risorti oltre ogni stima
tanti feri campioni in sua diffesa
l'ira frenaro e quella furia prima
pentiti omai di sì dubbiosa impresa;
pur col mover de l'armi e con le voci
si mostravan da lunge assai feroci.

35.
Così di can timido stuol sovente
ch'incontra 'l toroarda di sdegno e d'ira;
corre per assalirlo e poi si pente
e latrando lo sguarda e si ritira
mentre in feroce aspetto alteramente
quel move i passi e gli occhi intorno gira;
e dov'ei volge il tardo e grave piede
la vile schiera paventando cede.

36.
Poté salvo ed illeso a la sua stanza
dai nemici ritrarsi il giovinetto
ma 'l suo soverchio ardire e la baldanza
lascia di sdegno a Carlo acceso il petto:
troppotroppo gli pare alta arroganza
ch'abbia tanto oltre usato al suo cospetto
sì ch'a la findi Gan al rio consiglio
de la Francia gli diè perpetuo essiglio.

37.
Or che far deve l'infelice amante
non al suo renon a sua donna grato?
Partirà dunquee 'l dolce almo sembiante
ond'egli vivea lui sarà celato?
Ahi! Fortuna crudelper quante e quante
fatiche a sì rio fin l'hai tu guidato:
quand'ei trovar credea breve conforto
l'hai con un colpo sol trafitto e morto.

38.
La carta ei prende e ciò ch'Amor gli ditta
scrive a l'amata in umil note espresso;
poi che la lettra ebbe composta e scritta
la manda a lei per un secreto messo;
ma colei l'un minaccia e l'altra gitta
crudel forzando il suo volere istesso.
Gelosia n'è cagionche 'l cor ripieno
un'altra volta l'ha del suo veleno.

39.
L'aver dianzi veduto Alda la bella
dal cavaliero a se stessa preporre
quando ei voleva in sua presenza quella
prima di tutte l'altre a danza torre
e che per non lassar poi la donzella
volse più tosto Anselmo a morte porre
l'era a l'acceso innamorato core
lassa! nova cagion d'alto timore.

40.
Tra sé dicea: "Deh! come ascondi il vero
con umil vocee dimandar mercede!
Ahi crudoahi dislealeahi lusinghiero
dunque ciò merta la mia pura fede?
Dunque così s'inganna un cor sincero?
Ben stolta ed infelice è chi ti crede;
ma chi non crederebbe a que' sospiri
ed a quel volger gli occhi in dolci giri?

41.
Amotu dici a me con l'occhio "ed ardo"
con l'occhio ch'è in amar mal fido duce;
misera! io 'l credoma 'l soave sguardo
d'Alda la bella ad arder ti conduce:
deh! benché spesso al discoprir sia tardo
fuor l'affetto de l'alma al fin traluce;
e s'a' guardial parlar non ben risponde
più chiaro appar quant'al fin più s'asconde".

42.
Sospeso il paladin fra tanto attende
il messo ch'a Clarice avea mandato;
ma quel tornando a lui di nova offende
e profonda ferita il cor piagato.
Com'il meschin l'empia risposta intende
riman tra vivo e morto in dubbio stato:
non parla o piangee non sospirae tolto
have ogni varco al duol ch'è dentro accolto.

43.
Qual suole spesso chiuso umor fervente
in cavo ramea cui sott'arda il foco
con rauco suoncon gorgogliar frequente
girsi sempre avanzando a poco a poco;
poi con impeto ratto e violente
versarsiuscendo da l'angusto loco
tal versossi in lamenti il rio dolore
di cui non era più capace il core.

44.
Accolto ne' lamenti e ne' sospiri
fuor esce il duoloe 'l cor si sfoga intanto;
ma quando sotto il fascio de' martiri
poté al fin l'alma respirare alquanto
facendo dura forza ai suoi desiri
Rinaldoogni indugiar posto da canto
solo ed armato sul cavallo ascese;
indi a ventura errando il camin prese.

45.
Mentre d'ogni piacere ignudo e casso
camina il cavalier muto e pensoso
giunge ove Sena il fondo ha via men basso
e con piè corre al mar più furioso:
quivi ei raffrena il suo veloce passo
e 'l collo sgrava de lo scudo odioso;
dal collo il cavalier lo scudo tolse
e 'n lui lo sguardo e le parole volse:

46.
O nemico crudel d'ogni mio bene,
o turbator del mio stato giocondo,
scudo infausto, infelice, onde mi viene
l'aspro martir ch'a nullo oggi è secondo:
tu, ch'al cor mi recasti acerbe pene,
tu quelle porta or teco insieme al fondo;
ma, lasso, tu n'andrai nel fiume or solo,
ché da me separar non puossi il duolo.

47.
Vattene, e quivi omai t'ascondi altrui,
quivi ti copri infame odiosa peste,
onde, com'io da te, crudel, già fui,
così altro amante offeso ancor non reste.
Qui tacendo diè fine a' detti sui
e quei seguir le man veloci e preste;
frangesi l'ondae giù se 'n cala ratto
lo scudo al fondodal suo peso tratto.

48.
Quinci Rinaldo poi si parte e piglia
altro caminné sa dov'ei si vada;
e mentre ch'otto volte in ciel vermiglia
l'Aurora apparsecandida rugiada
versando dai crin d'oro e da le ciglia
errò per varia e per incerta strada.
Al fin vide il dì nono ombrosa valle
a cui si gia per dritto e piano calle.

49.
Quivi era un uom d'assai strana figura
che sostegno del braccio al mento fea
e con sembianza tenebrosa e scura
gli occhi pregni di pianto al ciel volgea:
in ogni atto di lui gravosa cura
e duol profondo impresso si vedea;
la bocca apriva e queruli lamenti
quindi spargeva in dolorosi accenti.

50.
Quanto a la valle ria più s'avvicina
il cavalierpiù cresce in lui la pena
tal ch'oppressa dal duol l'alma meschina
reggersi e respirar puote a gran pena;
ma pur senza arrestarsi egli camina
per l'ampia strada che là dritto il mena
sin che giunto a quell'uomoin lui mirando
sente il martir nel petto irsi avanzando.

51.
Giace la valle tra duo monti ascosa
da' quali orribil ombra in lei deriva;
l'aria ivi 'l giorno appar sì tenebrosa
sì colma di squallordi gaudio priva
com'altrov'è quando alma e luminosa
fiamma i color non scopre e non ravviva;
la terra ancor di spoglie atre e funeste
la fronte e 'l tergo suo ricopre e veste.

52.
Sorgon con fosche e velenose fronde
quivi piante d'ignota orrida forma
ed in quelle s'annida e si nasconde
di neri infausti augelli odiosa torma
e l'un stridendo a l'altro ognor risponde
con suon ch'a luogo tal ben si conforma:
quel noioso a ferir va l'altrui core
sì che ben par la valle del dolore.

53.
Rinaldo com'ivi entro ha posto il piede
sente che quasi il cor per duol gli scoppia
sì che discende dal cavallo e siede
traendo fuor sospiri a coppia a coppia:
dovunque volge i torbidi occhiei vede
cosa ch'il grav'affanno in lui raddoppia:
mai non può rimirar lunge o d'appresso
ch'il duol non veggia in vera forma espresso.

54.
Lasso!diceva "io luogo ho pur trovato
ove dorrommi ognor meco a bastanza:
ahi quantoahi quanto al mio penoso stato
conviensi quest'oscura orrida stanza!
Io qui vivròché così vole il fato
lo spazio che di vita ancor m'avanza:
qui de' corbi morrò preda infelice
sol per amarti troppoempia Clarice."

55.
Tutto quel giorno e tutta notte ancora
spese il mesto guerriero in tai lamenti
apparendogli innanzi ad ora ad ora
varie forme d'orrori e di spaventi;
ma quando ai rai de la vermiglia Aurora
si dileguaro l'umid'ombre algenti
un cavalier da presso armato scorse
ch'a Baiardo la man nel freno porse

56.
dicendo: "Or meco vienché 'l tuo signore
pur troppo indegno è di sì bon destriero
poiché soggiace al senso ed al dolore
qual donna vil non già qual cavaliero".
Così parlandoda la valle fuore
ratto il menò l'incognito straniero
onde ver' lui Rinaldo irato mosse
bench'in grave dolor immerso fosse.

57.
Non avrebbe però potuto mai
tenerli dietro per la valle oscura
non potendo anco con la vista omai
penetrar molto di quell'aria impura;
ma quel così fulgenti e chiari rai
spargea fuor de la lucid'armatura
che n'eran l'ombre in parte scosse e rotte
ed illustrata la profonda notte.

58.
Rinaldo per sentier ch'alluma e pinge
lo splendor che da l'armi ardendo uscia
velocissimo il passo affretta e spinge
non mai torcendo da la dritta via:
sì che dal luogo uscio ch'intorno cinge
e sovr'ammanta nube oscura e ria
ed in questa sentì de l'aspra salma
discarca alquanto sollevarsi l'alma.

59.
Fermossi allor quell'uom di luce adorno
che così presto a lui volgea le spalle
e disse: "Il destrier togli e più ritorno
non far ne la dogliosa infausta valle;
vanne a man destrach'a miglior soggiorno
tosto ti condurrà quest'erto calle".
Indi per quello stesso a gir si pose
sì che ratto a sua vista ei si nascose.

60.
Per lo sentier Rinaldo i passi move
ch'avea tenuto il cavalier estrano
e 'l vede ognor più di bellezze nove
vago e adornoe più facile e piano;
speme ed ardir fra tanto infonde e piove
ne lo suo cor benigna ignota mano.
Giunse alla fine a piè d'un picciol colle
ch'il verdeggiante capo a l'aura estolle.

61.
Da quel scendea con piè distorto e lento
lucido e cheto rio tra l'erbe e i fiori
ed ogni occhio rendea lieto e contento
con le bellezze sueco' suoi tesori;
d'oro l'arenei pesci avea d'argento
le sponde adorne de' più bei colori;
e col soave suon de' suoi cristalli
parea ch'altri invitasse a dolci balli.

62.
Rinaldo a l'altoov'il piacer l'alletta
il passo indrizzadal desir sospinto
e vede il suol di viva e fresca erbetta
colmo e di fiori poi sparso e distinto;
oltra ciò da vaghissima selvetta
intorno intorno coronato e cinto.
Sì verde è l'erba e sì la selva è verde
ch'ogni color vi si smarisce e perde.

63.
L'aria d'almo candor quivi si veste
raccesa già da' lieti rai novelli
ed or su quelle frondi ed or su queste
forman dolce armonia dipinti augelli:
sì che rapito dal cantar celeste
oblia Rinaldo i pensieri egri e felli
e la speme e l'ardire ognor ravviva
grazia che largamente in lui deriva.

64.
Mentre di sì gioconda e sì gradita
vista cibava gli occhi il cavaliero
e quindi egli porgeva a l'alma aita
e rischiarava il torbido pensiero
donna vi scorse che se 'n gia vestita
di verdee sovra 'l colle aveva impero:
tien quella i lumi e 'l volto al ciel supino
quasi attenda di là favor divino.

65.
È serenaridente e lieta in vista
e nel tacere espresse ha le parole:
mostrano alta baldanza a speme mista
gli occhi ch'apron lucenti un novo sole;
ed indi fugge ogni cura egra e trista
come da Febo ancor la nebbia suole.
Rinaldoin lei mirandoal cor profondo
manda per larga via piacer giocondo.

66.
Ei fa vari pensierie già gli sembra
d'aver Clarice in suo poter ridutto
e già ne le leggiadre amate membra
raccor di sua fatica il caro frutto;
e se pur tra sé volge e si rimembra
il colei sdegnoa lui cagion di lutto
contempra in parte la presente noia
con la futura imaginata gioia.


67.
Poi ch'appagati ha gli occhiegli non meno
la fame appagae 'l corpo ciba e pasce
di quel che dal fecondo almo terreno
sovra i vaghi arboscei produtto nasce;
e del dolce ruscel gustando a pieno
fa che l'arida sete in tutto il lasce.
L'orecchie a lui percosse intanto sono
da strepitoso d'arme orribil suono.

68.
Affamato leonche l'unghie e i denti
insanguinato già più dì non s'abbia
s'ode il muggito de' cornuti armenti
desta nel fero cuor desire e rabbia;
fiamma riversa da' torvi occhi ardenti
fumo dal naso e spuma da le labbia;
batte la coda e 'l folto crin rabbuffa
e lieto corre a sanguinosa zuffa:

69.
così al fero rimbombo appar focoso
Rinaldo in voltoe 'l cor move e raccende
ch'avido di pugnarl'ozio e 'l riposo
già lungo troppo a noia e sdegno prende;
senza punto tardarsul poderoso
destrier saltando leggiermente ascende
e là donde quel suono a lui ne viene
volge il cavallo e dritto il corso tiene.

70.
Videdisceso al bassoad aspra guerra
star un sol cavalier con molti armati
ch'otto di lor n'avea già posti a terra
altri del tutto mortialtri piagati;
ahi! come destro ei si rinchiude e serra
sotto lo scudo ai color colpi irati!
Come possente poicome feroce
fulmina orribilmente il ferro atroce!

71.
Or tutt'alzato sovra un gran fendente
disnoda il braccio con destrezza e possa
di punta or vibra il brando suo tagliente
e col corpo accompagna la percossa.
Rinaldo in lui stupiscee l'alma sente
da novo amor verso 'l guerrier commossa:
ché la virtù non sol ne' fidi amici
ma s'ama negli ignoti e ne' nemici.

72.
Disponsi al finee con gran cor s'accinge
a dare al franco cavalier soccorso:
cogli sproni Baiardo al fianco stringe
ed a l'impeto suo rallenta il morso:
quelcome stral cui curvo acciar sospinge
move il piè ratto a furioso corso
e tra' nemici va con quel furore
che tra' minori augei rapace astore.

73.
Rinaldo il ferro sin al mento pose
tra lo spazio che parte ambe le ciglia;
al primo; ed al secondo entroascose
nel ventrelà dov'il nutrir s'appiglia:
caggiono ambo color qual piante annose
e fan la terra nel cader vermiglia.
Non qui Rinaldo la sua furia affrena
ma passa inanzi e costor guarda a pena.

74.
Era quivi fra gli altri un giovanetto
che di peli disgombra avea la guancia.
Questi vedendo che dannoso effetto
fea ne' compagni il cavalier di Francia
di generoso sdegno armato il petto
sopra gli va con l'arrestata lancia;
e con immenso ardir lo preme e 'ncalza
e 'l fiere a punto ov'il cimier s'inalza.

75.
Rompe la lanciae non trapassa il duro
ferro ch'asconde l'onorata testa;
pur sotto l'elmo il paladin securo
sente il furor de la percossa infesta;
onde con fero corcon volto oscuro
con mano a la vendetta ardita e presta
spinge una punta e poi segue la spada
col corpoonde più forte a ferir vada.

76.
Giunge a lo scudo e 'l rompee pur coperto
è sette volte da villoso tergo;
rompe non menbench'egli sia conserto
di spesse ferree lameil forte usbergo.
È dal ferro crudele il petto aperto
e quel si mostra sanguinoso a tergo:
cade il garzon su la feritae afferra
co' denti e morde l'inimica terra.

77.
Forma fra tanto pur queste parole
confusein suon di rabbia e di dolore:
Soccorri, o padre, a l'unica tua prole,
ch'io moro, oimè! degli anni miei nel fiore.
Così detto finìqual lume suole
cui manchi in tutto il notritivo umore;
ma si rivolse al suon di quella voce
un cavaliero in vista aspro e feroce.

78.
Questivedendo il figlio al pian sospinto
morirrabbioso a vendicarlo mosse
ch'ancorché gli anni abbian domato e vinto
sua robbustezza e le corporee posse
l'ardir però del cor feroce estinto
non era in luich'altier più che mai fosse
adopra l'armie fera ardente voglia
di sanguinoso Marte ognor l'invoglia.

79.
Ma qual gran foco e senza forze acceso
in secca paglia in van s'infuria al vento
perché nel colmo al suo furor conteso
è 'l gir più inanzie manca il nutrimento
tale ei s'infuria in vandi rabbia acceso
non send'egual la forza a l'ardimento;
e nel collo aspramente al fin trafitto
al termin giunse a lui dal ciel prescritto.

80.
Il paladin fra gli altri il destrier caccia
e rota in giro il suo fulmineo brando:
a chi parte la spallaa chi la faccia
altri manda disteso a terra urtando:
mantestebusti e sanguinose braccia
veggionsi andar per l'aria intorno errando;
né men si mostra il suo compagno forte
ch'altrui piagastordisce e pone a morte.

81.
Già l'inimico stuol tutto si dona
in predae n'ha cagioneal vil timore;
e con l'ardir la speme anco abbandona
e cede a forza al fero ostil furore.
Ciascun di quei guerrier veloce sprona
con timorosa fuga il corridore;
ma i franchi vincitorfermati insieme
non degnan di seguir chi fugge e teme.

82.
Allor nel paladin le luci intende
l'estrancolmo di nobil meraviglia
e fissamente a ricercar lo prende
dal capo al piè con inarcate ciglia
tal ch'al fine il conoscee lieto stende
l'amiche bracciae lui nel collo piglia
dicendo: "Or chi potea salvarmi in vita
se non chi sempre il giusto e 'l dritto aita?

83.
O fratelloo signoreo fidoo caro
amicoo prim'onor del secol nostro
vedete qui chi di se stesso a paro
v'amavedete qui Florindo vostro;
or nulla più mi fia grave ed amaro
poi che benigno cielo a me v'ha mostro:
ché per voi giusta curaalto sospetto
continuamente mi premeva il petto".

84.
Rimane a quel parlar l'altro guerriero
qual chi per tema e per stupor s'adombra
né certo è ben se quel sia vivo e vero
corpoo pur de le membra ignuda l'ombra;
ma pur a mille segni il van pensiero
e 'l folle dubbio al fin dal petto sgombra
e 'n lui manca il sospetto e 'l gaudio poggia
e cresce ognor qual rio per larga pioggia.

85.
Rinaldo con quel volto e con que' detti
con cui s'accoglion le più care cose
lieto l'accolsee de' suo' interni affetti
e nel volto e nel dir nulla gli ascose.
Poi che con mille esteriori effetti
ciascun di loro il suo piacer espose
chiede a l'altro Rinaldo in qual maniera
dal tempestoso mar salvato s'era.

86.
Cominciò quelli: "Io mi credei sovente
d'esser da l'onde rapide inghiottito
poi ch'al furor del flutto violente
e dal legno e da voi fui dipartito;
purcome volse il fatoultimamente
a gran pena arrivai notando al lito
ma tanto avea bevutoe così lasso
mi ritrovaiche non potei far passo.

87.
Io giacea fuor de' sensie la mia vita
già correva al suo fin senza ritegno
s'in sorte così ria benigna aita
porta non m'era dal celeste regno;
ma quel chemosso da pietà infinita
discese in terra a trionfar su'l Legno
fece ch'un cavalier quindi passasse
ch'a la morte vicina mi sottrasse.

88.
Era costui del chiaro sangue altero
degli antichi Corneli in Roma nato
famoso in arme errante cavaliero
che Scipion l'ardito era nomato;
e di sette città libero impero
nel Lazio avea con titol di ducato.
Questi m'accolse e mi condusse via
in una sua città chiamata Ostia.

89.
A medici d'illustre esperienza
de la salute mia diede il governo
né lasciò offizio alcun di diligenza
come il moveva ascoso affetto interno;
ma mentre meche giaceva egro e senza
vigorconforta con amor paterno
da quella parte ov'ha 'l suo albergo il core
mi vide un segno che rassembra un fiore.

90.
Da la pelle il segnal rosso traspare
come da vetro un fior d'orto vermiglio:
il che forse al signor fe' rimembrare
d'unch'avea già perdutounico figlio:
onde dal sommo a l'imo a risguardare
mi cominciò con fisso immobil ciglio
pensando ch'esser forse io quel potea
cui già bambino egli perduto avea.

91.
Ed era tal credenza in lui più forte
per quel che già gli disse un indovino
che trovarebbe il figlio in dura sorte
ed a l'estremo d'ogni mal vicino
e che tolto da lui fora a la morte
e sottratto al furor di reo destino.
Tra sé volgendo ciòrivolte e fisse
in me le lucial fin così mi disse:

92.
Signor, vorrei saper, se pur scortese
mia richiesta od ingrata a voi non fia,
il nome e 'l sangue vostro, e qual paese
è la vera di voi patria natia.
Io tosto a quel parlar gli fei palese
che Numanzia tenea per patria mia
e cheforse dal fior ch'avea nel petto
venni nel mio natal Florindo detto.

93.
Gli dissi ancor ch'a pien non era instrutto
qual genitor m'avesse al mondo dato;
e seguendo oltra poigli narrai tutto
ciò ch'a me l'idol prima avea narrato.
Allor quel non ritenne il volto asciutto
né ritenne il color del volto usato
e non frenò le voci; e con le braccia
mi cinse e strinsee giunse faccia a faccia.

94.
Mi disse poi com'era io suo figliuolo
ch'essendo già bambin gli fui rapito
da un grosso di corsari armato stuolo
ch'a l'improviso dismontar su 'l lito:
onde mia madre se 'n morì di duolo
ed egli ne rimase egro e smarrito.
Nel tempo istesso ancora io seppi come
Florindo noma Lelio era 'l mio nome.

95.
Io dal conforto allor paterno e saggio
anzi pur dal voler di Dio sospinto
ed illustrato dal divin suo raggio
ch'aprì le nubi ond'era involto e cinto
disposi adorar lui che chiaro saggio
del su' amor dienneonde Pluton fu vinto;
così asperso di sacra e lucid'onda
fuiche lava le membra e l'alma monda".

96.
Qui si tacque il romano; indi seguio
ch'egli congiedo avea dal padre tolto
spronatolasso! dal crudel desio
di riveder il vago amato volto;
e per tentar se mai potesse il rio
sdegno ch'avea contr'esso Olinda accolto
sgombrar dal duro ed aggiacciato core
con servitùcon fede e con amore.

97.
Gli disse ancor ch'a l'apparir del giorno
senza cagioneil che gli parve strano
tutti gli fur que' cavalieri intorno
e l'assaltar con impeto villano
per farli a lor potere oltraggio e scorno;
onde Rinaldo ad unche steso al piano
giaceane chiese la cagionee poi
chi si fosse eglichi quell'altri suoi.

CANTO DODICESIMO


1.
Quegliil parlar del paladino inteso
non dimostrossi a l'ubbedir ritroso
ma da terra levando il capo offeso
ch'era di sangue caldo e rugiadoso
su la destra appoggiò l'infermo peso
e con l'altra il sanguigno e polveroso
volto fé mondo; indi la voce e 'l guardo
debil rivolse al cavalier gagliardo:

2.
Signor, convien che d'alto al mio sermone
principio dia per sodisfarvi in tutto.
Il gran Mambrin ch'a l'Asia legge impone,
or sospinto d'Amor s'è qui condutto,
e seco ha mille legni e di persone
stuol grosso e forte ad ogni pugna instrutto,
per far poi di Clarice intero acquisto,
ch'acceso n'è, né 'l volto ancor n'ha visto.

3.
Oltra di ciò, di vendicarsi brama
contra un guerriero, il qual Rinaldo è detto,
perché gli tolse in mare una sua dama,
lo stuol forzando a la sua guarda eletto;
e poi tre suoi fratei d'illustre fama
gli uccise ancor con inimico affetto:
già son più dì che 'l re da' legni scese
e 'l più vicino porto a forza prese.

4.
E con molti de' suoi scorse nascoso
sin a Parigi, e tal fu sua ventura,
che Clarice trovò ch'in dilettoso
prato godeasi l'ombra e la verdura.
Quivi ardì di rapirla, a chi foss'oso
di contradir dando morte aspra e dura;
ed or al maggior passo egli camina
ver' l'armata ch'è quinci assai vicina.

5.
Ma, passando di qua, questo guerriero
vide, che fea di sé superba mostra,
e impose a noi che tosto ei prigioniero
fosse condutto infra la gente nostra:
ma troppo forte fu, troppo fu fiero,
e troppo a tempo l'alta aita vostra.
Così disse il ferito e poi si tacque
e qual prima disteso in terra giacque.

6.
Si sente il petto a quel parlar trafitto
Rinaldoe per dolor fremendo geme;
s'accoglie il sangue intorno il core afflitto
e fredde lascia l'altre parti estreme;
par quasi omai ch'ei non si regga dritto
e così avien ch'ogni suo membro treme
come suol tremolar l'onda talora
cui lieve increspi molle e placid'ora.

7.
Poirosso il volto e torbido il sembiante
con feroirato e minaccievol guardo
e spesso nel girar sì fiammeggiante
che di Giove parea l'acceso dardo
chiede aita a Florindoe ne l'istante
medesmo verso 'l mar sprona Baiardo
e l'indirizza al più vicino porto
per lo sentier ch'è più spedito e corto.

8.
Non così in terrain mar o 'n ciel giamai
cervodelfino o partica saetta
corsenotòvolò rattoch'assai
non sia maggior de' cavalier la fretta:
già per gran spazio è dilungata omai
dal luogo onde partì la coppia eletta
ma pare al lor desir pur troppo lento
ogni destrierbenché rassembri un vento.

9.
Tu sospesi per l'aria ir gli diresti
or chini e bassior alti e 'n sù drizzati
né dimora né requie in lor vedresti
né pur i calli dai lor piè segnati;
fuman le membra sotto i colpi infesti
che dagli sproni ognor son raddoppiati
i petti di sudordi spuma i freni
d'arena i piedi son aspersi e pieni.

10.
Non sasso o sterpo o discosceso dorso
d'orrido monte o larga e cupa fossa
trovanche porre a tanta furia il morso
ed arrestarli in lor viaggio possa:
lor tronca al fin l'impetuoso corso
un gran torrenteche con grave scossa
l'antico ponte avea pur dianzi rotto
togliendo ogni sostegno a lui di sotto.

11.
Non sa che farsi allor l'amante ardito:
ch'esporsi a rischio tal non fora ardire
ma privo di ragion folle appetito
e di morte certissima desire;
pur quando al fin gli manchi ogni partito
volche lasciar l'impresaanzi morire:
tutto si scuotee gli occhi intorno volve
né men del dubbio caso ei si risolve.

12.
Venire in questaonde deriva l'onda
un guerrier vede sovr'un gran battello
che sì veloce gia per la seconda
acquacome per l'aria alato augello.
Rinaldo che 'l tragitti a l'altra sponda
con dolce modo umil supplica quello
ché 'l cavalier gli sembra a l'armatura
che già lo trasse da la valle oscura.

13.
Colui non udir fingee tuttavia
de l'ondoso sentier gran spazio avanza
tal ch'al baron di quel che più desia
quasi manca del tutto ogni speranza;
pur i preghi rinforza or più che pria
e cerca di piegarlo a sua possanza
con offerte e promesse: ond'in lui fisse
gli occhi al fin lo stranieroe così disse:

14.
Signor, se pur è ver che sì bramiate
varcar sovra 'l mio legno esto torrente,
convien ch'un dono or voi mi promettiate,
con fé di poi servarlo interamente.
Ogni cosa farò, se mi varcate
di làrispose l'altro impaziente.
Quelli a la riva appressa allor la barca
e di peso novel la rende carca.

1.
Come furon di làl'estran guerriero
volto a Rinaldoa lui così ragiona:
Signor, con voi di venir chieggio al fiero
certame ov'ora il gran desio vi sprona;
e perché il dono io ne riporti intiero,
convien ch'altra armatura e via più buona,
ch'io vi serbo, ha più dì, su quell'abete,
vestiate; e questa qui lasciar potrete.

16.
Stupito il paladin drizza la vista
u' la verde armatura era sospesa
e vede lei con doppia aurata lista
lucida lampeggiar qual fiamma accesa;
né men forte gli par che bella in vista
e qual conviensi a così dubbia impresa:
onde lieto se n'arma e la dispende
e grazie a lo straniero alte ne rende.

17.
Quelli a Florindo un destrier dona intanto
c'ha vergate le gambea carbon spento;
simil la coda e i crini estremie 'l manto
mischio con poco nero a molto argento;
che sbuffaed or a questo ora a quel canto
si volge e par ch'al corso inviti il vento.
Gli sprona il fianco allorgli batte il dorso
il buon Florindoe gli rallenta il morso.

18.
L'istesso ancora i suoi compagni fero
e così insieme al maggior corso andaro.
Poi che 'l mondo vestì l'orrido e nero
mantoe l'altro spogliò candido e chiaro
posa a l'alma od al corpo essi non diero
anzi il viaggio lor pur seguitaro
al raggio algente de la bianca luna
ch'intorno si scotea la notte bruna.

19.
A lo scoprir del sol scopriro anch'essi
l'avversa schiera a lor non molto lunge.
Rinaldo allor con radoppiati e spessi
colpi così ne' fianchi il destrier punge
che passa gli altrie pria ch'alcun s'appressi
ei tra' nemici impetuoso giunge;
e scorge in mezo a lor Clarice bella
ch'egra e smarrita non si regge in sella.

20.
Fu da pietate ed ira insieme ei vinto;
pur la pietate a l'ira allor diè loco
onde il sembiantedi furor dipinto
vibrò dagli occhi strai di tosco e foco;
etra' nemici il corridor sospinto
diè principio di Marte al crudo gioco.
Bene infelice è chi primier s'oppone
al gran furor del gran figliol d'Amone.

21.
Musaor narrami i duci onde Mambrino
cinto n'andava largamente intorno
de' quai fur molti allor dal paladino
mandati con Plutone a far soggiorno;
dimmi l'imprese ancorch'al saracino
scelto drappel rendean l'abito adorno;
perché la lunga età n'involve e copre
non pur l'insegne omaima i nomi e l'opre.

22.
In vermiglio color portava tinta
l'incantata armatura il re famoso
e la superba testa intorno cinta
tenea di fregio imperial pomposo;
ne lo scudo l'impresa avea dipinta:
un gran leon ferito e sanguinoso
che la piaga mirava; e v'era scritto
Io non perdono, e so chi m'ha trafitto.

23.
Qual sanguigna cometa ai crini ardenti
o Sirio appar di sdegno acceso in vista
che con orrida luce e con nocenti
raggi nascendoil mondo ange e contrista
e sin dal ciel minaccia a l'egre genti
morbi ed a grave ardor ria sete mista;
tal d'aspri mali annunzio egli risplende
con squalido splendor ne l'armi orrende.

24.
Gli va da la man destra il destro Olante
che di Francardo fu german secondo;
ed avea forma o forza di gigante
ma vago aspetto e crin aurato e biondo:
colui che porse aita al magno Atlante
quando cangiò la spalla al grave pondo
e resse il ciel che lui regger dovea
per impresa ne l'arme impresso avea.

25.
Da l'altro lato va 'l superbo Alcastro
nato ov'il Nilo impingua il verde Egitto
nel cui natale in ciel regnava ogn'astro
che torce l'uom dal camin buono e dritto.
Porta un villan che con la zappa e 'l rastro
frange le glebbe e si procaccia il vitto.
L'impresa è poi del suo compagno Olpestro
congiunto ad una ninfa un dio silvestro.

26.
V'è 'l signor degli Assiriil cauto Altorre
accerbo d'anni e di pensier maturo;
una destrutta e fulminata torre
ha ne lo scudo in campo verde oscuro.
Porta un fanciulche fra le mani accorre
gli attomi tentail re dei Siri Arturo;
quel di Ciliciada fier disco estinto
sovr'un letto di fiori il bel Giacinto.

27.
Atteone il formosoond'un più bello
non forse allor la terra in sen nudria
se non che ferrodi pietà rubello
tagliolli un piè del qual or zoppo ei gia
pinto avea di Giunon l'adorno augello
che nel guardarsi i piè mesto apparia;
e v'era un motto che 'l suo grave duolo
accennavadicendoIn questo solo.

28.
Siegue il saggio Orimenoa cui son noti
de la madre natura i gran secreti:
antivedea costui gli effetti e i moti
de le sfere celesti e de' pianeti
le pioggiei tuoni e lo spirar de' Noti
e quando il mar si turbi o pur s'acquieti;
antivide sua mortee de l'istessa
la vera forma avea ne l'arme impressa.

29.
Va seco il re di Lidiae porta un lauro
ch'al suol sparge di fronde un ricco nembo:
lo scudo orna al fratel la pioggia d'auro
ch'accolse Danae simplicetta in grembo.
Rosso ha lo scudo il fier gigante Oldauro
senza pitturae sol d'argento ha il lembo;
e le tre dive ignude il forte Almeno
che regge altier de' Cappadoci il freno.

30.
Se 'n va presso costor l'empio Odrimarte
cui sol legge era il suo volere istesso
che 'l vero e i falsi divi a parte a parte
in odio aveva ed in dispregio espresso;
porta egli sé dipintoe 'l fiero Marte
incatenato e da' suoi piedi oppresso.
L'accompagnan CorinPirro ed Aiace
ai quali orna lo scudo un'aurea face.

31.
Né tu da questi vai molto lontano
o Floridorcui la novella sposa
col pianto indarno e col pregar umano
tentò ritener seco in dolce posa:
ché lei lassatach'aspettando in vano
mena fredda le notti e i dì pensosa
armato spieghi in verde campo il fiore
che col pianto formò la dea d'amore.

32.
Vengon teco anco Almeto ed Odrismonte
che portan Cinzia ed Atteon scolpiti:
ambo germaniambo di forze conte
ambo d'aurato acciar cinti e guerniti.
Vi viene il re de' Partiil fier Corsonte
e scopre tre spinosi arbor fioriti;
e riman lo sdegnoso Altin lo scempio
mostra di Vesta impresso il sacro tempio.

33.
Sovra un destrier via più che neve bianco
di candid'arme altier ne va Filarco.
Non impugn'asta e non ha spada al fianco
questima porta ben la mazza e l'arco:
è la su' impresa un uom dagli anni stanco
di crespe rughe il volto ingombro e carco.
NisoAlcastoOrionBreusso e Taumante
cinque germanihan per impresa Atlante.

34.
Al gigante Lurcon lo scudo indora
in campo azuro uno stellato cielo;
al re di CariaAridamanl'infiora
una rosa che s'apre in verde stelo;
ne lo scudo d'Aldriso appar l'Aurora
che sparge i fiori e 'n perle accolto il gelo;
di Damasco il signor mostra dipinto
il vago Adonda l'empia fera estinto.

35.
Olindo e Floridan nati ad un parto
d'un valord'un parlard'un volto stesso
hanno un prato di fior varii consparto
in cui giace dal vin Sileno oppresso.
Il signor d'Antiochiail mesto Alarto
porta tronco nel mezzo un gran cipresso
cui con più nodi un motto tal s'attiene:
Seccò per mai non rinverdir mia spene.

36.
Tra questi e tra molt'altrionde corona
larga fatta era intorno al re gagliardo
arrestando il troncon Rinaldo sprona
con furioso assalto il suo Baiardo.
FuggiOdrimarteché 'l tuo giorno a nona
si chiuderàsì nel fuggir sei tardo:
ecco che tecui d'ogni dio più forte
credeviora un solo uom conduce a morte.

37.
Sanguigna trae da la sanguigna fronte
il forte vincitor l'intera lancia;
e Lurcon percotendoun largo fonte
uscir gli fa da la piagata guancia:
là dove corron Stige ed Acheronte
e 'l severo Minòs l'alme bilancia
fuggì l'altero spirtoe fé fuggire
a molti allora il lor soverchio ardire.

38.
Passa sdegnoso il cavalieroe senza
vita abbandona questi e senza onore;
poi trova i duo fratei ch'in apparenza
indifferentiahi con che dolce errore!
spesso i padri ingannar: ma differenza
dura troppo or vi fa l'ostil furore
che scema Floridan d'ambe le braccia
e per mezzo ad Olindo apre la faccia.

39.
Contra Rinaldo allor si move Aldriso
non men ch'irato il corsdegnoso il ciglio;
morta la madreuscìo dal ventre inciso
questie picciol schivar l'aspro periglio
poteo del ferroonde già grande ucciso
poi funé gli giovò forza o consiglio;
né tu men gli giovastio biondo Apollo
cui da bambino il genitor sacrollo.

40.
Rinaldo poi con cinque aspre ferite
que' cinque frati un dopo l'altro uccise
le cui speranze al fin lasciò schernite
Fortunache lor destra un tempo arrise.
L'alme nel corpo già tra lor sì unite
né disciolte da quel restar divise:
perché Pluton tutte albergolle insieme
nel cerchio ov'i superbi aggrava e preme.


41.
Mentrecome villan che 'n verde prato
stenda l'adunca falce in largo giro
ruota Rinaldo intorno il brando irato
dando sempre ai pagani aspro martiro
i due compagni suoi da l'altro lato
il nemico drappel feri assaliro
come due tigri cui digiuno e rabbia
spingan fra' tori a insanguinar le labbia.

42.
E ben lo san color che d'aurea face
portano il campo de lo scudo adorno;
de' quali un già vil busto in terra giace
privo del lume del sereno giorno.
L'altrotrafitto il corsi more e tace
pensando al suo natio dolce soggiorno
ed a l'amata moglieomai vicina
a le prime fatiche di Lucina.

43.
Restava il terzo ancorquand'il romano
eroe ne' danni suoi la spada strinse.
Miser! la forza e lo schermirsi è vano
contra colui ch'in ogni impresa vinse.
Già la rapace Morte alza la mano
e 'l manto squarcia onde Natura il cinse;
l'almaqual lieve fumo o poca polve
nel puro aer si mischia e si dissolve.

44.
Atteonche quel colpo orribil scorse
aggiacciò di stupord'ira s'accese
e verso 'l buon Florindo il destrier torse
con fere voglie a darli morte intese.
Ma pria parole a lui che colpi porse
e 'n questa guisa ad oltraggiar lo prese:
Credi forse irne impune? Ahi che s'aspetta
a te gran pena, al morto aspra vendetta!

45.
Tu qui morrai su questi incolti piani,
né rendrai gli occhi anzi il morir contenti,
né chiuderanti con pietose mani
quei già cassi di luce, i tuoi parenti:
ma preda rimarrai di lupi e cani,
esposto a l'onde, a le tempeste, ai venti.
Così dettoil destrier spronando punse
e d'un gran colpo a mezzo scudo il giunse.

46.
L'empio ferro crudel rompe il ferrigno
scudoe col duro usbergo il molle petto;
Lelioche quindi uscir vede il sanguigno
umor macchiando il ferro terso e netto
d'ira infiammato e di furor maligno
percosse e franse l'inimico elmetto
e 'n sino al naso penetrò la spada
onde convien che quel morendo cada.

47.
Il leggiadro garzone in terra langue
pallido il volto e nubiloso il ciglio
e da la fronte un ruscellin di sangue
versa qual ostro lucido e vermiglio;
ma bench'egli sia già freddo ed esangue
e provi omai di morte il crudo artiglio
è però tal che puote a un solo sguardo
ferire ogn'alma d'amoroso dardo.

48.
Molti piagati e molti estinti avea
in questo mezzo il paladin feroce
ed egli illeso ancor se 'n rimanea
ch'a l'arme sue non taglio o punta noce
ma pisto il corpo omai pur si dolea.
Non perciò appar men destro e men feroce
anzi gagliardo i suoi nemici offende
e da lor si schermisce e si difende.

49.
Mambrino allorchequasi a sdegno avendo
di trar la spada per sì vil impresa
l'empie brame di sangue entro premendo
fermo stava a mirar l'aspra contesa
si trasse avanti in fier sembiante orrendo
che minacciava altrui mortale offesa
e 'l folgorante sguardo ai suoi rivolse.
Indi in grave parlar la lingua sciolse:

50.
Traggasi ognuno indietro: a me s'aspetta
l'impresa, a me voi vendicar conviene,
a me domar costui ch'in sì gran fretta
ad incontrar la morte audace viene;
voi, gente infame, vil turba negletta,
la qual io... ma tempo è che l'ira affrene,
anzi pur che la volga e sfoghi altrove:
state in disparte a rimirar mie prove.

51.
Al superbo parlar del fier Mambrino
alcun non è ch'ad ubbedir ritardi:
fassi gran piazza intornoe 'l Saracino
volge a Rinaldo i detti alteri e i guardi:
Deh! perché teco non son or, meschino,
Carlo e di Carlo i paladin gagliardi
e quanta gente nutre Italia e Francia,
a provare il furor de la mia lancia?

52 I tuoi compagni almen de la tua sorte
fian testimonii, e non potranno aitarti;
tu giacendo vedrai vicino a morte
da la vittrice man l'arme spogliarti.
Rinaldo a quello: "Io qui morrò qual forte
s'è fisso in cielné tu pria déi vantarti;
o purucciso teche Giove il voglia
altier n'andrò de l'acquistata spoglia".

53.
Mentre egli ancor così gli parlaarresta
il re superbo la massiccia antenna
espronando il corsiersovra la testa
di voler corre il paladino accenna
ma si sottragge a la percossa infesta
Baiardo lieve più ch'al vento penna.
Rinaldo nel passar presso la mano
tronca l'asta d'un colpo al fier pagano.

54.
Indiogni suo vigore in un raccolto
dechina il braccio e maggior colpo tira
e lo percuote a punto a mezzo il volto
là 've per stretta via si vede e spira.
L'elmoche dov'Encelado è sepolto
temprò Vulcanresse del brando a l'ira;
ma china a forza il capo il re feroce
per ira e duol stridendo in aspra voce.

55.
Né sì di rabbia il tauro ardendo mugge
né sì percosso il mar da' venti geme
né sì ferito a morte il leon rugge
né sì sdegnato il ciel tonando freme:
a l'orribil gridar s'asconde e fugge
ogni animalnon pur ne dubbia e teme;
si rinselvan le fere a stuolo a stuolo
e rivolgon gli augelli indietro il volo.

56.
L'irato rech'a vendicarsi intende
raggira il ferro in fiammeggiante ruota;
l'aria si rompe ed alto suon ne rende
quasi di Giove il folgor la percuota;
quando dal braccio il colpo orribil scende
par ch'intorno il terren tutto si scuota
com'avien se i vaporsecchi e rivolti
in ventistanno a forza entro sepolti.

57.
Ma 'l cauto paladinche scorge aperto
lo sdegno ostile e 'l fier rabbioso affetto
qual cavaliero in tai battaglie esperto
indi per sé n'attende utile effetto;
e ne l'armi si tien chiuso e coperto
ed in se stesso sta raccolto e stretto
facendo or con lo scudo or con la spada
che la percossa avversa indarno vada.

58.
Talvolta ancor con lieve e destro salto
il veloce destrier tragge in disparte
e così van l'impetuoso assalto
rende non men de l'inimico Marte;
poivibrando la spada or basso or alto
sì lo schermirsi col ferir comparte
che n'è 'l gigante in molte parti offeso
ed egli ancor se 'n va salvo ed illeso.

59.
Chi visto ha mai ne l'africane arene
quando il leon l'alto elefante assale
com'egli destro ad affrontar lo viene
come de l'arte e del saltar si vale
che mai fermo in un luogo il passo tiene
ma gira sempre e par ch'al fianco aggia ale
Mambrino a questo e 'l gran Rinaldo a quello
potria rassomigliar nel fier duello.

60.
Tra mille colpi al fin colse il gigante
pur una volta il paladino in fronte
mentre spingendo il corridore avante
quel ne venia per farli oltraggio ed onte;
quasi allor giacque da l'acciar pesante
oppressoqual Tifeo dal vasto monte;
ecom'il mondo oscura notte adombre
agli occhi gli apparir tenebre ed ombre.

61.
Ma le membra il vigorgli occhi la vista
racquistar tostoe 'l cor l'usato ardire.
Di sì rio caso il cavalier s'attrista
ed apre il petto a novi sdegniad ire;
e tanto più che n'ha Clarice vista
gli occhi oscurarle guancie impallidire.
Onde fiere il pagan con tanta possa
che se no 'l ferroil duol ben giunge a l'ossa.

62.
Temendo a sé rio scornoa lui ria morte
mira Clarice il suo gradito amore;
e come varia del pugnar la sorte
varia ella il viso e varia stato al core:
or con le guancie appar pallide e smorte
or di roseo le sparge e bel colore.
Talquando il giel dà loco a primavera
l'aria fassi nel marzo or chiara or nera.

63.
Intanto di lor forze orrendo saggio
fanno i due cavalier ch'a fronte sono:
le spade nel girar sembrano un raggio
che scorra il ciel con strepitoso tuono.
Non è sempre l'istesso il lor viaggio
né sempre fanno ancor l'istesso suono:
perché sì come or punta or taglio n'esce
diverso il suono e 'l lor camin riesce.

64.
Caggion su l'ampie fronti e su le cave
tempie l'aspre percosse a mille a mille;
non quando l'aria più di pioggia è grave
versa Giunon sì spesse aquose stille:
l'armis'avien che lor gran colpo aggrave
spargon di fuoco al ciel vive faville
ed a' brandi la via darebbon sempre
s'elle non fosser d'incantate tempre.

65.
Ecco il fiero Mambrinche folgorando
tutto negli occhidi furore ardente
alto si leva e in alto leva il brando
ed in giù poi n'avalla un gran fendente;
ma non l'aspetta il paladin chequando
calar lo scorge e sibilar lo sente
tira tosto da canto il buon destriero
e van rende del reo l'empio pensiero.

66.
Il grave colpoch'è commesso al vento
tira il guerrier col suo gran peso a basso;
sovra 'l ferrato arcion Mambrino il mento
battee la spada sovr'un duro sasso.
Non è Rinaldo ad oltraggiarlo lento
ma con tal forza il fiede e tal fracasso
e sì raddoppia ognor l'aspre percosse
ch'al fin de' sensi e di vigor lo scosse.

67.
Rassembra il paladin chepreso il ferro
ad ambe manraddoppia i colpi in fretta
forte villan che 'l noderoso cerro
brami tagliar con la pesante accetta.
Pur tra sé disse alfin: "Vaneggio ed erro
s'io credo penetrar la tempra eletta:
tronchinsi i lacci a l'elmoil capo al busto
mentre è stordito il Saracin robusto".

68.
E ben avrebbeil suo desir a riva
guidandoil fier gigante a morte posto
ma vide il grosso stuol che ne veniva
a vendicar il suo signor disposto:
onde l'ira temprò ch'in lui bolliva
ed a miglior pensier s'apprese tosto:
ché ne l'immenso ardir che 'n lui regnava
luogo ognor la prudenza ancor trovava.

69.
Vanne a Clariceche nel dolce guardo
gli dimostrava quel che 'l cor chiudea
perch'a la voce ed al destrier gagliardo
già prima lui riconosciuto avea;
e la si recca in groppa al suo Baiardo
dicendo: "Non vi spiacciaalma mia dea
accettar di colui la pronta aita
ch'ama più il vostro onor che la sua vita".

70.
Così disse eiché fisso ha nel pensiero
di ritrarsi al sicur con la donzella;
ma 'l sovragiunse con assalto fiero
come suol nave rapida procella
l'aversa turba: allor l'estran guerriero
spargendo gio certo liquor tra quella
e con sommesso mormorar fra' denti
formava intanto non intesi accenti.

71.
Deggio 'l dire o tacer? Di quei che prima
moveano al paladin spietata guerra
tenta or ciascun com'il compagno opprima
e contra lui l'arme sdegnoso afferra:
così tra lor conversi oltr'ogni stima
rendon del sangue lor rossa la terra.
Ne stupisce Rinaldoe ciò che vede
agli occhi suoi medesmi a pien non crede.

72.
E pensa ben tra sé che tale incanto
solo opra sia del mago a lui germano.
Fissamente colui rimira intanto
né l'imaginar suo gli sembra vano;
pur non parla di ciòma 'l prega alquanto
che disfar voglia quell'incanto strano
ché fora biasmo lor se sì vilmente
uccidesser sì forte e nobil gente.

73.
Il farò benrispose quelli allora
e dal più oltre caminar si tolse.
Tre volte ai regni de la bianca Aurora
tre volte gli occhi a l'occidente volse
ed altre tante in sacri detti ancora
la sacra lingua mormorando sciolse;
alcune erbe non men sparse tre volte
che nel sen de la terra avea raccolte.

74.
Lascia ogni saracin l'aspra battaglia
allorch'al fin l'avrebbe ucciso e morto
e contra 'l paladin allor si scaglia
stupido tutto e del su' errore accorto;
mastrano a dirla via gli vieta e taglia
fuoco d'incanto a l'improviso sorto
simile a quel che già Scamandro scerse
ch'in cener poi l'alto Ilion converse.

75.
Né stella che risplenda a mezzo giorno
o ch'aggia a notte i crin di sangue aspersi
né ciel ch'appaia di tre soli adorno
né ruggiada che rossa indi si versi
né l'eclissar di quel che suolsi intorno
scuoter l'ombre e mostrar color diversi
recaro altrui giamai tal maraviglia
qualor ciascun del novo incanto piglia.

76.
Di là stanno i pagani alto fremendo
e minacciando il nobil paladino
ch'entrar a piè volea nel foco orrendo
per l'orgoglio domar del Saracino.
Ma lo strano guerrierla man tendendo
il prese e 'l distornò da quel camino
ché gli disse che 'l fuoco in un sol punto
lui con l'armi e le veste avria consunto.

77.
E che ben tosto in sanguinoso Marte
potrebbe essercitar gli sdegni e l'ire
quando non fia chi con astuzia ed arte
la battaglia tra lor cerchi impedire;
e 'l prega poi che seco in altra parte
con la sua compagnia degni venire
ad onorare il suo più caro albergo
che d'un bel colle preme il verde tergo.

78.
Rinaldoch'oltramodo a lui desia
di compiacerea pien ciò gli concede.
Così partirsi; e l'altra compagnia
di ragionar modo agli amanti diede:
ond'il barone a la sua donna gia
dimostrando il su' amore e la sua fede
e purgandosi in quel ch'era sospetto
con destro modo e con acceso affetto.

79.
Il sentierch'è ben lungo e discosceso
pian sembra e curto ai duo fidi amadori:
veggion splendere al finqual raggio acceso
che sorgendo dal Gange il mondo indori
il bel palagioe così bene inteso
ch'opra par di celesti architettori:
quadra la formae la materia è d'aspro
per molti intagli oriental diaspro.

80.
Con benigne accoglienze e con reale
pompa accolti ambo fur nel tetto altero
e sùbito curatoe del suo male
quasi guarito fu 'l roman guerriero.
Fu la cena abbondantee forse quale
Cleopatra e Locullo un tempo fero;
e qui lor poi l'albergator cortese
fé d'esser Malagigi al fin palese.

81.
Oh con che lieto affettooh con qual caro
modo Rinaldo il suo cugino abbraccia!
Quasi il dolce piacer in pianto amaro
accolto sparge su l'allegra faccia
perciò che lor d'amor perfetto e raro
indissolubil nodo i cuori allaccia.
Fa quell'altro il medesmo; indi da canto
Clarice e 'l su' amador ritira alquanto.

82.
Quivipoi che disgombro ebbe da quella
con mille rai di ragion vive e vere
del rio sospetto l'ombra iniqua e fella
che rendea le lor menti oscure e nere
così aperse le labra a la favella
principio ad ambeduo d'alto piacere:
Dire a ragion colui si dee prudente
che scorge più di quel ch'egli ha presente.

83.
Colui che col presente e col passato
così bene il futur misura e scorge,
che, se gli è da Fortuna appresentato,
al suo crine la man veloce porge;
né da nessuno error folle adombrato,
lasciando il peggio, del miglior s'accorge:
ciò vi dico io, perché possiate voi
prudenti e saggi dimostrarvi poi.

84.
Ed or che vi si porge e tempo e loco
commodo a terminar vostri martiri,
ché so ben ch'ambo in amoroso foco
per l'altro ardete e 'n casti e bei desiri,
a quel ch'avvenir può pensate un poco,
ai varii di Fortuna instabil giri,
a le guerre, agli incendi onde la Francia
n'andrà più giorni in lacrimosa guancia.

85.
Fia ben vittrice al fin; ma non d'amore
fiano i nostri pensier per molti mesi,
ma sol d'odio, di rabbia e di furore,
e di desio d'aspre vendette accesi;
a sangue, a morti, a stragi, a tutte l'ore
gli animi incrudeliti avremo intesi.
Dunque or che 'l tempo par ch'a ciò v'invite,
con laccio maritale in un v'unite.

86.
Né rimagniate già, perché lontani
ed ignari ne sian vostri parenti,
ché questi abusi sono, e folli e vani
respetti sol de le vulgari genti;
e quel sommo Signor, de le cui mani
opra son gli alti cieli e gli elementi,
n'impose sol che di concordi voglie
concorrà col marito in un la moglie.

87.
Spinti i fidi amador da questi detti
e dal desir ch'in lor ne gia di paro
venner concordi a' maritali effetti
ch'in presenza d'ognun si celebraro;
fur i lor cuor da gentil laccio stretti
ch'Amore e Castità dolce annodaro;
sorrise Giovee con secondo tuono
veder gran luceudir fe' lieto suono.

88.
Già ne venia con chiari almi splendori
Cinzia versando in perle accolto il gelo
e senza ombre noiose e senza orrori
candido distendea la Notte il velo;
già spargeva Imeneo co i vaghi Amori
fiori e frondi nel suolcanti nel cielo
quando di propria man Venere bella
congiunse in un Rinaldo e la donzella.

89.
Or che sì destro il cielo a voi si gira
godeteo coppia di felici amanti
godete il ben che casto Amor v'inspira
e l'oneste dolcezze e i gaudi santi:
ecco che tace omai la roca lira
che cantò i vostri affanni e i vostri pianti;
e che voi insieme il desir vostroed io
ho qui condutto a fin il canto mio.

90.
Così scherzandoio risonar già fea
di Rinaldo gli ardori e i dolci affanni
allor ch'ad altri studi il dì togliea
nel quarto lustro ancor de' miei verdi anni:
ad altri studionde poi speme avea
di ristorar d'avversa sorte i danni;
ingrati studidal cui pondo oppresso
giaccio ignoto ad altruigrave a me stesso.

91.
Ma se mai fia ch'a me longo ozio un giorno
concedaed a me stesso il ciel mi renda
sì ch'a l'ombra cantando in bel soggiorno
con Febo l'ore e i dì felici spenda
portarò forseo gran Luigiintorno
i vostri onoriovunque il sol risplenda
con quella grazia che m'avrete infusa
destando a dir di voi più degna Musa.

92.
Tu de l'ingegno miode le fatiche
parto primiero e caro frutto amato
picciol volumene le piagge apriche
che Brenta inondain sì brev'ozio nato
così ti dian benigne stelle amiche
viverquando io sarò di vita orbato;
così t'accoglia chiara fama in seno
tra quei de le cui lodi il mondo è pieno.

93.
Pria che di quel signor giunghi al cospetto
c'ho nel core iotu ne la fronte impresso
al cui nome gentil vile e negletto
albergo seinon qual conviensi ad esso
vanne a colui che fu dal cielo eletto
a darmi vita col suo sangue istesso:
io per lui parlo e spiro e per lui sono
e se nulla ho di beltutto è suo dono.

94.
Ei con l'acuto sguardoonde le cose
mirando oltra la scorza al centro giunge
vedrà i difetti tuoich'a me nascose
occhio mal san che scorge poco lunge;
e con la manch'ora veraci prose
a finte poesie di novo aggiunge
ti purgaràquanto patir tu puoi
aggiungendo vaghezza a i versi tuoi.



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